Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35383 del 20/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35383 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PONISSA CARMEN N. IL 18/05/1989
avverso la sentenza n. 1140/2012 TRIBUNALE di PAVIA, del
23/05/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 20/06/2014

1) Con sentenza del 23.5.2013 il Tribunale di Pavia, in composizione monocratica,
condannava Ponissa Carmen, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti
generiche, alla pena complessiva di euro 4.000,00 di ammenda per tre contravvenzioni
alla normativa antinfortunistica di cui al b.L.vo n.81/2008.
Avverso la predetta sentenza proponeva appello (poi qualificato ex art.568 co.5 c.p.p.
come ricorso) l’imputata, lamentando la carenza di motivazione in ordine
all’affermazione di responsabilità e chiedendo, in subordine, la riduzione della pena
con il beneficio della sospensione.
2) Il ricorso è manifestamente infondato e “risente” palesemente del fatto che si
intendeva proporre appello.
2.1) Il Tribunale, sulla base delle risultanze processuali (ed in particolare della
testimonianza di Manconi Silvana che aveva confermato il contenuto del verbale di
accertamento), ha ritenuto provata la responsabilità dell’imputata in ordine alle
contravvenzioni ascritte.
La ricorrente, nel denunciare la carenza di motivazione, richiede sostanzialmente una
rivalutazione del materiale probatorio (tanto che aveva proposto appello), non
consentita però in sede di legittimità.
2.2) Quanto al trattamento sanzionatorio il Tribunale ha ritenuto che potessero
essere concesse le circostanze attenuanti generiche ed applicata la pena pecuniaria
nella misura adeguata all’entità dei fatti.
Ed è pacifico che la specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena
irrogata, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media
di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficiente a dare conto dell’impiego dei
criteri di cui all’art.133 c.p.le espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” (cfr.
Cass.pen. Sez. 2 n.36245 del 26.6.2009).
Trattandosi di condanna a pena pecuniaria, ,a Tribunale ha, infine, ritenuto di non
concedere il beneficio della sospensione della pena.
3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento
della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro
1.000,00.
Così deciso in Roma il 29.6.2e14

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