Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35382 del 11/07/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35382 Anno 2013
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Navarra Carola Maria n. il 26.1.1964
avverso la sentenza n. 7488/2009 pronunciata dalla Corte d’appello
di Bologna il 30.3.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 11.7.2013 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. G. D’Angelo, che
ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

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Data Udienza: 11/07/2013

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 30.3.2012, la Corte d’appello di
Bologna, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Piacenza
del 8.4.2009, ha condannato Carola Maria Navarra alla pena di un
mese e dieci giorni di arresto ed euro 800,00 di ammenda (pena detentiva convertita nella corrispondente pena pecuniaria ai sensi della
legge n. 689/81), in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza
alcolica (tasso pari a 3,11 g/1) commesso in Gragnano Trebbiense il
18.11.2007.
Con la sentenza d’appello, la corte territoriale, confermato
l’accertamento della responsabilità dell’imputata, ha disposto la riduzione dell’entità della pena a suo carico, rispetto alla più grave misura
individuata dal giudice di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, censurando la decisione della corte territoriale per i) violazione di legge in relazione agli
artt. 191 c.p.p. e 13 Cost., per avere i giudici del merito posto a fondamento della condanna pronunciata gli esiti di un accertamento del
tasso alcolemico sull’organismo dell’imputata attraverso un prelievo
ematico non previamente consentito dalla stessa; 2) violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla mancata concessione, in
favore dell’imputata, del beneficio della sospensione condizionale
della pena, negato alla Navana sulla base di motivazioni illogiche ed
errate; 3) vizio di motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio inflitto all’imputata in assenza di adeguata motivazione.
Considerato in diritto
Il
ricorso
è
manifestamente infondato.
2. Secondo il consolidato insegnamento di questa corte di legittimità, i risultati del prelievo ematico effettuato per le terapie di
pronto soccorso successive ad incidente stradale e non preordinato a
fini di prova della responsabilità penale (come specificamente accaduto nel caso di specie, secondo l’attestazione espressamente fornitane dalla corte territoriale: cfr. fl. 3 della sentenza impugnata) sono
utilizzabili per l’accertamento del reato di guida in stato di ebbrezza,
senza che rilevi la mancanza di consenso dell’interessato (Cass., Sez.
4, n. 6755/2012, Rv. 25493 1 ; Cass., Sez. 4, n. 26108/2012, Rv.
253596), trattandosi, nella specie, di elementi di prova acquisiti attraverso l’uso di documentazione medica già formata ad altri fini (cfr.

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,

Cass., Sez. 4, n. 1827/2009, Rv. 245997) e, pertanto, utilizzata senza
proiltidiazione di alcuna illegittima ferita delle prerogative di libertà
della persona d’indole costituzionale.
Con riguardo alla mancata concessione, in favore
dell’imputata, del beneficio della sospensione condizionale della pena, osserva la corte come il giudice d’appello abbia espressamente radicato il diniego di tale beneficio sul richiamo dei plurimi e specifici
precedenti penali dell’imputata, ritenuti tali da impedire la formulazione in concreto di una prognosi favorevole circa la futura astensione della stessa dalla commissione di altri reati, tenuto conto anche
della ricaduta riscontrata in occasione del fatto oggetto dell’odierno
giudizio.
La motivazione così compendiata dalla corte territoriale appare tale da soddisfare il quadro dei principi sul punto statuiti da questa
corte di legittimità, secondo cui il giudice di merito, nel valutare la
concedibilità della sospensione condizionale della pena, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 c.p.,
potendo limitarsi all’indicazione di quelli da lui ritenuti prevalenti,
con la conseguente valutazione in termini di adeguata esaustività della motivazione dell’esclusione del beneficio fondata anche solo sul
riferimento ai precedenti penali dell’imputato (cfr. Cass., Sez. 3, n.
6641/2009, Rv. 246184; Cass., Sez. 5, n. 34682/2005, Rv. 232312).
Da ultimo, in ordine alle censure sollevate dalla ricorrente con
riguardo alla motivazione relativa all’entità della pena, è appena il
caso di rilevare come, secondo l’insegnamento di questa corte di legittimità, il dovere di dettare una motivazione dotata di specificità e
articolata in dettaglio deve ritenersi necessaria, in ordine alla quantità di pena irrogata, soltanto se la pena concretamente inflitta sia di
gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo
altrimenti essere sufficienti, a dar conto dell’impiego dei criteri di cui
all’art. 133 c.p., le espressioni del tipo ‘pena congrua’ o ‘pena equa’
(come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere o, in modo onnicomprensivo, ai criteri di cui all’art. 133 c.p.)
(cfr. Cass., Sez. 2, 11. 36245/2009, Rv. 245596), atteso che la scelta di
tali termini può ritenersi sufficiente a far ritenere che il giudice abbia
tenuto conto, intuitivamente e globalmente, di tutti gli elementi previsti dall’art. 133 c.p. (Cass., Sez. 6, n. 7250990, Rv. 1 84395).
Nella specie, il giudice del merito, nell’infliggere all’odierna
imputata la pena-base (successivamente ridotta per effetto

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dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche e della diminuente per il rito prescelto) di tre mesi di arresto ed euro 1.800,0o di
ammenda — complessivamente inferiore al medio edittale previsto
dall’art. 186 c.d.s. nella formulazione più favorevole al reo, vigente al
tempo di commissione del fatto -, indicando espressamente di aver
tenuto conto dei criteri di cui all’art. 133 c.p., deve ritenersi aver soddisfatto i criteri più sopra indicati, dettando una motivazione certamente sufficiente in relazione alla concreta entità della sanzione irrogata.
3. – Il riscontro della manifesta infondatezza del ricorso proposto dalla Navarra, nell’attestarne la radicale inammissibilità ai sensi
dell’art. 606, comma 3, c.p.p., impedisce il rilievo dell’eventuale sopravvenienza, a seguito della pronuncia d’appello, di cause di estinzione del reato, ai sensi dell’art. 129 c.p.p..
Sul punto, vale richiamare quanto dedotto dalle Sezioni Unite
di questa Corte sin dalla pronuncia n. 32 del 22 novembre 2000 (Rv.
217266), secondo cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi
di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma
dell’art. 129 c.p.p..
4. – Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11.7.2013.

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