Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35370 del 20/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35370 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cordì Salvatore Giuseppe, nata a Locri il 12/12/1977

avverso l’ordinanza del 05/10/2012 del Giudice di sorveglianza dell’Aquila

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Antonio Mura, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con il provvedimento impugnato veniva dichiarata inammissibile l’istanza di
remissione di un debito per spese di giustizia dell’importo di €. 137.458,99,
presentata da Salvatore Giuseppe Cordì.
Il provvedimento veniva pronunciato a seguito dell’annullamento con rinvio
della precedente ordinanza reiettiva del 25/03/2011, disposto con la sentenza di

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Data Udienza: 20/06/2013

questa Corte del 16/11/2001, con la quale si rilevava carenza motivazionale sulla
ritenuta mancanza del requisito della regolare condotta carceraria.
Il condannato ricorrente deduce violazione di legge nella declaratoria di
inammissibilità dell’istanza in quanto avente oggetto spese non remissibili,
osservando come tale valutazione fosse preclusa dal precedente rigetto
dell’istanza per un profilo di merito, e contraddittorietà del giudizio di
irremissibilità delle spese, fondato sulla ritenuta riconducibilità delle stesse a
volture catastali, rispetto all’allegata cartella esattoriale dalla quale risulta

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato, con riguardo in primo luogo alla dedotta preclusione
del tema della remissibilità del debito oggetto dell’istanza, in tesi derivante dal
rigetto di quest’ultima, con il provvedimento cassato, per una ragione che
presupponeva il positivo superamento di questa valutazione, in quanto
riguardante l’ulteriore requisito della regolare condotta carceraria.
Va a questo proposito richiamato il principio, correttamente evocato del
Procuratore generale, per il quale il giudice del rinvio, ai sensi dell’art. 627,
comma secondo, cod. proc. pen., mantiene gli stessi poteri che gli competevano
originariamente quale giudice del merito, nei limiti posti dalla legge, dalla
censura degli argomenti ritenuti illegittimi, illogici o carenti con la sentenza di
annullamento e dal giudicato parziale eventualmente formatosi a seguito di detta
pronuncia (Sez. 4, n. 30422 del 21/06/2005, Poggi, Rv. 232019; Sez. 1, n. 7963
del 15/01/2007, Pinto, Rv. 236242; Sez. 2, n. 25900 del 24/06/2008, Amante,
Rv. 240630; Sez. 6, n. 41376 del 25/10/2011, Mantella, Rv. 251064). Tanto
permetteva nella specie al Giudice di sorveglianza di rivalutare la questione in
tutti i suoi aspetti.
E’ ben vero che l’art. 627, comma quarto, cod. proc. pen. non consente di
rilevare nel giudizio di rinvio cause di nullità e, per ciò che qui interessa, di
inammissibilità, verificatesi nelle indagini preliminari o nei precedenti giudizi. Ma,
rispetto al principio generale pocanzi rammentato, tale disposizione non può che
essere intesa restrittivamente, nel suo riferimento testuale alle inammissibilità
sopravvenute nel corso del procedimento. Vengono di conseguenza ad essere
escluse dall’ambito di operatività del citato divieto normativo le cause produttive
di quella inammissibilità che può essere definita come «originaria», e che questa
Corte ha più volte individuato, con riguardo agli atti di impugnazione,
distinguendola da quella dell’inammissibilità «sopravvenuta» (Sez. 1, n. 29788
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trattarsi di spese di giustizia anticipate per volture catastali.

del 24/06/2009, Facchineri, Rv. 244302) ed evidenziandone il carattere di
radicalità, tale da impedire la formazione di un valido rapporto processuale (Sez.
5, n. 4867 del 29/11/2000 (05/02/2001), Maglieri, Rv. 219060; Sez. 3, n. 13969
del 12/02/2004, Fabiani, Rv. 228617; Sez. 4, n. 38452 del 05/10/2006, Bonetti,
Rv. 235061; Sez. 6, n. 37648 del 16/10/2006, Rizzo, Rv. 234610) e da
precludere conseguentemente la declaratoria di cause di improcedibilità o di
estinzione del reato e l’applicazione di normative più favorevoli, ovvero la
rilevabilità di questioni di competenza (Sez. 4, n. 25644 del 21/05/2008, Gironi,

del 20/01/2004, Mancuso, Rv. 227404), di interventi di depenalizzazione del
reato (Sez. 3, n. 1693 del 19/04/2000, Petruzzelli, Rv. 216584) e perfino della
rinuncia al gravame (Sez. 2, n. 3614 del 20/12/2005 (30/01/2006), Sanasi, Rv.
233336). Ebbene, il carattere dell’originarietà deve necessariamente essere
riconosciuto, per un’istanza di remissione del debito di giustizia, alla
inammissibilità che attiene al presupposto della riconducibilità del debito a quelli
per i quali la remissione è consentita; seguendone l’estraneità di tale causa di
inammissibilità alla disposizione preclusiva di cui all’art. 627, comma quarto,
cod. proc. pen..
Peraltro, anche laddove si voglia intendere la norma appena indicata come
espressione del più generale principio di inoppugnabilità delle decisioni della
Corte di Cassazione, riconducendola al fenomeno della formazione di un
giudicato parziale sulle questioni non dedotte con il ricorso (Sez. 5, n. 36769 del
03/10/2006, Caruso, Rv. 235015; Sez. 1, n. 22023 del 18/04/2006, Marine, Rv.
235274), questa Corte ha avuto modo di affermare, a proposito di una causa di
inammissibilità tipicamente originaria quale quella della carenza di interesse,
che la norma non trova comunque applicazione per tale causa in quanto
concernente la mancanza di un presupposto primario dell’atto introduttivo del
procedimento, la quale fa venir meno la possibilità stessa di una pronuncia che
assuma significato ed effetto giuridico (Sez. 2, n. 5320 del 05/12/1994
(10/03/1995), Marzo, Rv. 200981). Viene dunque ad essere confermata anche in
questa prospettiva la conclusione per cui una causa di inammissibilità originaria
dell’istanza di remissione del debito di giustizia, come la non remissibilità delle
spese specificamente oggetto dell’istanza, si sottrae alla preclusione normativa di
rilevabilità nel giudizio di rinvio; e ciò perché, a prescindere dall’essere stata o
meno rilevata nel provvedimento annullato o dedotta con il ricorso che ha dato
luogo all’annullamento, la circostanza attiene alla possibilità di instaurare
validamente il procedimento, condizione che deve essere oggetto di verifica in
qualsiasi fase e grado dello stesso.

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Rv. 240848), di cause di sospensione di procedimenti in corso (Sez. 3, n. 9536

2. E’ altresì infondata la censura sulla legittimità del giudizio di non
remissibilità delle spese oggetto dell’istanza.
L’art. 6 d. P. R. 30 maggio 2002, n. 115, indica espressamente quale
oggetto di possibile remissione le sole spese processuali o di mantenimento in
carcere; e le previsioni del citato decreto in materia devono essere ritenute
tassative (Sez. 1, n. 19102 del 09/05/2006, Truglio, Rv. 234180). Irrilevante è
pertanto il rilievo del ricorrente sulla qualificazione delle spese oggetto
dell’istanza, in base alla cartella esattoriale, quale spese di giustizia anticipate

osservato nel provvedimento impugnato, dette spese non risultano comunque
riconducibili a quelle processuali o di mantenimento in carcere; correttamente ne
veniva pertanto ritenuta l’irremissibilità.
Il ricorso deve quindi essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 20/06/2013

t, p

tata in Cancelleria

per volture catastali. Pur essendone così precisata la definizione, come del resto

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