Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3537 del 18/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3537 Anno 2016
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bologna
nei confronti di
Jibel Mohammed, nato in Tunisia il 14-04-1986
avverso la ordinanza del 27-08-2015 del tribunale della libertà di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Pasquale Fimiani che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Udito per il ricorrente

Data Udienza: 18/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore Generale presso la corte di appello di Bologna ricorre per
cassazione impugnando l’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il tribunale
del riesame di Bologna, in sede di appello cautelare, ha annullato il
provvedimento con il quale la locale Corte di appello aveva aggravato nei
confronti di Mohammed Jibel la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia
giudiziaria disponendo nei suoi confronti la custodia cautelare in carcere, così

2. Per la cassazione dell’impugnata ordinanza, il ricorrente articola un unico
complesso motivo di gravame con il quale lamenta la carenza ovvero la
manifesta illogicità della motivazione nonché la disapplicazione degli articoli 274
e 299 codice di procedura penale (articolo 606, comma 1, lettere c) ed e), codice
di procedura penale).
Sostiene il ricorrente che il tribunale cautelare ha erroneamente riformato
l’ordinanza emessa dalla corte di appello sull’erroneo rilievo che la minaccia con
un coltello ad un cittadino non costituisce violazione dell’obbligo di presentazione
ed esulando perciò i presupposti per un aggravamento della misura in corso di
esecuzione (obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) ai sensi dell’articolo
299 codice di procedura penale in quanto la condotta di minaccia è stata ritenuta
“disomogenea rispetto al titolo cautelare e al pericolo di reiterazione specifica di
reati in materia di stupefacenti (…) di talché non si è verificato alcun
aggravamento delle esigenze cautelari”.
Sotto tale specifico profilo, il ragionamento del tribunale sarebbe, ad avviso
del ricorrente, assolutamente carente o manifestamente illogico, laddove manca
di confrontarsi con le esigenze cautelari che giustificano l’aggravamento della
misura ai sensi dell’articolo 299, comma 4, codice di procedura penale o, meglio,
laddove la motivazione prende in considerazione solo in minima parte queste
esigenze, non considerando quelle che consentono e impongono, nella specie,
l’aggravamento disposto dalla Corte d’appello.

3. È stata presentata memoria difensiva nell’interesse di Mohammed Jibel
con la quale è stata eccepita l’inammissibilità dell’impugnazione proposta, ai
sensi dell’articolo 311 codice di procedura penale, dal Procuratore generale
presso la Corte d’appello per difetto di legittimazione.

ripristinando la precedente misura dell’obbligo di presentazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. È preliminare, all’esame del merito, la questione della legittimazione a
ricorrere da parte del procuratore Generale dell’ordinanza resa dal tribunale del
riesame nei confronti di provvedimento de libertate emesso dalla Corte d’appello,
questione che forma oggetto dell’eccezione proposta dall’interessato.
L’ eccezione è fondata.

non è legittimato, salvo che sia stato egli stesso a chiedere l’applicazione della
misura cautelare, a proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse
dal Tribunale della libertà sui provvedimenti adottati in materia cautelare dalla
Corte di appello (Sez. U, n. 31011 del 28/05/2009, Colangelo, Rv. 244029).
Il difetto di legittimazione discende dal fatto che l’art. 311 cod. proc. pen.
individua in maniera espressa i soggetti legittimati al ricorso nell’incidente
cautelare, con la conseguenza che, in applicazione del principio per cui il diritto
di impugnare spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo
conferisce, è preclusa al procuratore Generale l’impugnazione dell’ordinanza
emessa dal tribunale cautelare, con l’unica eccezione – derivante dal tenore
letterale della disposizione processuale ex art. 311 cod. proc. pen. – in cui lo
stesso procuratore Generale, in quanto “pubblico ministero che ha richiesto
l’applicazione della misura”,

abbia originariamente proposto la domanda

cautelare sulla quale fonda il titolo restrittivo della libertà personale.
Il principio di tassatività, che regola il diritto delle impugnazioni penali,
impedisce pertanto qualsiasi interpretazione analogica, con la conseguenza che
quando, in qualsiasi momento della procedura cautelare, viene modificato lo
status libertatis con riferimento ad un provvedimento applicativo di una misura
che non sia stata geneticamente richiesta dal procuratore Generale, questi non è
legittimato a proporre, ex art. 311 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione
anche quando, come nella specie, l’aggravamento della misura (non anche la sua
applicazione) sia stato richiesto dallo stesso procuratore Generale in relazione ad
un procedimento principale pendente in fase d’appello.
In quest’ultimo caso, mancando una domanda cautelare con la quale sia
stata chiesta l’applicazione di una misura limitativa della libertà personale che,
in via genetica, sia stata pertanto introdotta, il diritto ad impugnare spetta
sempre e comunque al “pubblico ministero che ha richiesto l’applicazione della
misura”, con il quale il procuratore Generale, nelle ipotesi di modificazione per
qualsiasi causa del titolo cautelare nel corso del processo e quindi anche in grado
d’appello, dovrà coordinarsi affinché il soggetto legittimato eserciti, se del caso,
il diritto di impugnazione ex art. 311 cod. proc. pen.

3

2. E’ stato affermato che il Procuratore Generale presso la Corte di appello

3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del Procuratore Generale.

Così deciso il 18/11/2015

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