Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35359 del 20/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35359 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SALERNO PAOLO N. IL 09/11/1931
SALERNO GIUSEPPE N. IL 06/11/1965
avverso la sentenza n. 169/2013 CORTE APPELLO di MESSINA, del
21/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 20/06/2014

1) Con sentenza del 21.6.2013 la Corte di Appello di Messina, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Patti, sez. dist. di Sant’Agata Militello, in composizione
monocratica, resa in data 28.5.2012, con la quale Salerno Paolo e Salerno Giuseppe
erano stati condannati per il reato di cui all’art.44 lett.b) DPR 380/2001, riconosceva
ad entrambi le circostanze attenuanti generiche e rideterminava la pena in mesi 2 di
arresto ed euro 10.000,00 di ammenda ciascuno, confermando nel resto l’impugnata
sentenza.
Ricorrono per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore, denunciando la erronea
applicazione dell’art.44 DPR 380/2001, non richiedendo le opere realizzate il rilascio
di concessione edilizia, nonché la illegittimità della subordinazione della sospensione
della pena alla demolizione delle opere; denunciano altresì la mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla
determinazione della pena.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Per giurisprudenza consolidata di questa Corte sono realizzabili con denuncia di
inizio attività (ora SCIA) gli interventi di ristrutturazione edilizia di portata minore,
ovvero che comportino una semplice modifica dell’ordine in cui sono disposte le diverse
parti dell’immobile, e con conservazione della consistenza urbanistica iniziale,
classificabili diversamente dagli interventi di ristrutturazione edilizia descritti
dall’art.10 comma 1 lett.c) DPR n.380/01, che portano ad un organismo in tutto o in
parte diverso dal precedente (cfr.ex multis Cass.pen.sez. 3, 23.1.2007 n.1893).
2.1.1) Con accertamento in fatto, adeguatamente argomentato, i Giudici di merito
hanno ritenuto che le opere realizzate avessero comportato la realizzazione di un
nuovo e diverso organismo edilizio rispetto al preesistente fabbricato rurale, per cui
necessitavano di permesso di costruire (pag. 2 sent. Trib., richiamata dalla Corte di
Appello).
2.2) In ordine al trattamento sanzionatorio, la Corte territoriale, nel concedere le
circostanze attenuanti generiche, ha ritenuto, come emerge dalla complessiva
motivazione, di rideterminare la pena in misura adeguata e proporzionata all’entità del
fatto.
E, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la specifica e dettagliata motivazione in
ordine alla quantità di pena irrogata, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga
superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficiente a
dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art.133 c.p. le espressioni del tipo: “pena
congrua”, “pena equa” (cfr. Cass.pen. Sez. 2 n.36245 del 26.6.2009).
2.3) Legittimamente, infine, è stata subordinata la sospensione della pena alla
demolizione dell’opera abusiva.
L’art.165 consente, infatti, di subordinare la sospensione della pena alla eliminazione
delle conseguenze dannose del reato (tale certamente deve ritenersi per l’assetto del
territorio l’opera abusivamente realizzata).

OSSERVA

Sicché, “in tema di reati edilizi, il giudice, nella sentenza di condanna, può subordinare
il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell’opera
abusiva, in quanto il relativo ordine ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose
del reato” (cfr.ex multis Cass-sez.3 n.38071 del 19.9.2007; Cass.sez.3 n.18304 del
17.1.2003).
3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma
che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ciascuno, ai sensi dell’art.616 c.p.p.
3.1) E’ appena il caso di aggiungere che l’inammissibilità del ricorso preclude la
possibilità di dichiarare la prescrizione, maturata dopo l’emissione della sentenza
impugnata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di curo
1.000,00 ciascuno.
Così deciso in Roma il 20.6.2014

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