Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3534 del 22/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3534 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da

PENNACCHIOLI Eleonora, nata a Fondi il 06/05/1972;

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma del 10/5/2012;

visto il ricorso, gli atti e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Aurelio
Galasso, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Eleonora Pennacchioli, assieme a Michelino Mattei, era chiamata a
rispondere, innanzi al Tribunale di Latina-sezione distaccata di Terracina, del reato
di cui agli artt. 110, 61 n. 5, 624 bis comma 2, 625 n. 4 cod. pen., perché al fine di
trarne un ingiusto profitto, in concorso tra loro, approfittando di circostanze tali da
ostacolare la privata difesa, mentre percorrevano via Lazio a bordo di uno scooter

Data Udienza: 22/11/2013

I

condotto da Mattei Michelino con Pennacchíoli Eleonora trasportata sul sedile
posteriore, si impossessavano del borsello di Fortunato Iolanda, strappandolo di
dosso alla p.o. e della relativa somma di C 10,00 e delle chiavi dell’abitazione della
Fortunato custodite nel borsello, dandosi successivamente alla fuga a bordo dello
scooter; con recidiva generica per entrambi.
Con sentenza del 07/10/2011, il Tribunale dichiarava l’imputata colpevole del
reato ascrittole e, esclusa la recidiva e concesse le attenuanti generiche equivalenti
alle contestate aggravanti, lo condannava alla pena di anni uno e mesi sei di

Pronunciando sul gravame proposto dal difensore, la Corte d’appello di Roma,
con la sentenza indicata in epigrafe, riformava in parte la pronuncia impugnata
escludendo l’aggravante di cui all’art. 625 n. 4 cod. pen. e, conseguentemente,
rideterminando la pena nella misura di anni uno e mesi cinque di reclusione e C
350,00 di multa.

2. Avverso la pronuncia anzidetta i difensori della Pennacchioli, avv. Maurizio
Bianchi e Massimo Basile, hanno proposto ricorso per cassazione, affidato alle
ragioni di censura indicate in parte motiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia inosservanza od
erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui avrebbe
dovuto tenersi conto nell’applicazione della legge penale, in particolare dell’art. 624
bis cod. pen., dell’art. 192 cod. proc. pen. nonché mancanza o manifesta illogicità
della motivazione. Si duole, in particolare, che la penale responsabilità sia stata
affermata nonostante che mancassero in atti elementi certi della penale
responsabilità, considerato che la perquisizione domiciliare effettuata dalla polizia
giudiziaria, poco dopo la commissione del presunto furto, aveva dato esito negativo.
La mancanza di prova certa si evinceva anche dal mancato riconoscimento
dell’imputata da parte della persona offesa, la quale, nella denuncia sporta
oralmente ai Carabinieri di Fondi, aveva dichiarato di non essere in grado di
descrivere gli autori del furto subito e, conseguentemente, di non avere sospetti su
alcuno. In violazione della norma processuale di cui all’art. 192 del codice di rito, il
giudice di merito si era basato esclusivamente sulla testimonianza del teste Tiziana
Macaro, che, a suo dire, si sarebbe trovata nel luogo al momento del furto,
perpetrato ai danni della persona offesa da parte di due persone a bordo di uno
scooter salito sul marciapiede, e in quel momento avrebbe riconosciuto il Mattei,
che guidava il ciclomotore, dando per scontato che la donna seduta sul sedile
posteriore fosse sua moglie, Eleonora Pennacchioli. Lo stesso giudice non aveva
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reclusione, oltre consequenziali statuizioni.

preso in alcuna considerazione le dichiarazioni dibattimentali rese dall’imputata e
dai testimoni Pennacchioli Maria Rosaria e Marocco Rossana, le quali avevano
affermato di essere state in compagnia di Eleonora Pennacchioli, presso la sua
abitazione, a partire dalle ore 19 sino alle 19,55 circa, dunque proprio nell’arco di
tempo di commissione del furto, avvenuto alle ore 19,45 circa.
Con il secondo motivo si deduce inosservanza od erronea applicazione della
legge penale e di altre norme giuridiche di cui avrebbe dovuto tenersi conto

sostiene, al riguardo, l’insussistenza dei presupposti dell’aggravante anzidetta
peraltro non specificamente contestata nel capo d’imputazione. Nel caso di specie,
andava escluso che l’imputata avesse potuto profittare di circostanze di tempo e di
luogo al fine di interpretare il presunto furto, in quanto alle ore 19,45, nel luogo in
cui sarebbe stato commesso vi era una moltitudine di persone che stava per
accedere all’antistante Chiesa per assistere alla Messa serale, di talché sarebbe
stato assurdo perpetrare un furto in quella situazione.
Con il terzo motivo si deduce inosservanza od erronea applicazione della legge
penale con riferimento all’art. 62 n. 4 cod. pen. nonché difetto di motivazione al
riguardo. Si lamenta, in proposito, la mancata concessione dell’attenuante di cui
alla menzionata norma sostanziale, a fronte dell’effettiva modicità del presunto
danno arrecato, trattandosi della somma di C 10,00 e di un paio di chiavi.
L’attenuante avrebbe potuto essere riconosciuta anche a fronte della concessione
delle attenuanti generiche che il giudice aveva ritenuto solo equivalenti alle
contestate aggravanti.
Con il quarto motivo si deduce identico vizio di legittimità con riferimento alla
mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e della
non menzione. Non si era tenuto conto delle condizioni personali dell’imputata e del
fatto che il precedente indicato dal giudice di secondo grado era risalente nel tempo
e, tra l’altro, erano decorsi cinque anni dalla relativa pronuncia senza che l’imputata
avesse commesso ulteriori delitti, di talché il precedente reato avrebbe dovuto
ritenersi estinto e, di conseguenza, anche ogni suo effetto penale. La Corte
territoriale, infine, non aveva adeguatamente valutato tutti gli elementi previsti
all’art. 133 cod. pen., sicché, anche alla luce dell’esclusione dell’aggravante dell’art.
625 n. 4, la pena determinata doveva ritenersi eccessiva.

2. Il ricorso si colloca, decisamente, ai limiti dell’inammissibilità, afferendo in
gran parte a profili, prettamente, di merito, relativi alla ricostruzione del fatto ed
all’apprezzamento delle risultanze processuali in funzione della ribadita
colpevolezza dell’imputata. Su entrambi i versanti la motivazione resa dal Giudice di
appello appare adeguata ed immune da vizi od incongruenze di sorta.
Argomentatamente, infatti, si è ritenuto che il compendio probatorio fosse idoneo e

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nell’applicazione della legge penale, in particolare dell’art. 61 n. 5 cod. pen. Si

sufficiente, fondandosi sulle dichiarazioni di teste oculare, prudentemente
apprezzate. Nell’economia del giudizio, era affatto ininfluente l’esito negativo della
perquisizione domiciliare, mentre le dichiarazioni delle testi addotte dalla difesa
sono state, motivatamente, ritenute inattendibili, al punto che é stata disposta la
trasmissione dei verbali al PM per le pertinenti valutazioni in ordine all’ipotesi
delittuosa della falsa testimonianza.
Il secondo e terzo motivo, afferenti rispettivamente alla contestata aggravante

alla luce di insieme giustificativo idoneo a sostenere, per un verso, la sussistenza e,
per l’altro, l’impossibilità di riconoscimento, delle circostanze anzidette.
La quarta censura, relativa al diniego della sospensione condizionale della pena
ed all’entità della stessa, è invece decisamente inammissibile, afferendo a questione
squisitamente di merito, riguardante l’assetto sanzionatorio, sottratta, notoriamente
al giudizio id legittimità ogni qual volta, come nel caso di specie, sia assistita da
motivazione congrua e formalmente corretta.

3. Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – deve essere
rigettato, con le conseguenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 22/11/2013

ed al diniego dell’attenuante della lieve entità del danno, sono privi di fondamento,

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