Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35319 del 20/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35319 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LAZRI ERION N. IL 10/09/1984
avverso la sentenza n. 1375/2013 GIP TRIBUNALE di BOLOGNA, del
16/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 20/06/2014

Con sentenza emessa il 16/4/2013 ex art.444 cod. proc. pen. il Giudice delle indagini
preliminari del Tribunale di Bologna ha applicato al Sig. LAZRI ERION in relazione al reato ex
artt.81 e 110 cod. pen., 3 e 4 della legge 20 gennaio 1958, n.75, commesso dal 20 ottobre
2010 al febbraio 2011, la pena di un anno e sei mesi di reclusione e 4.000,00 euro di multa.
Avverso tale decisione è stato presentato ricorso lamentando: a) difetto di motivazione in
ordine alla congruità della pena; b) errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc.
pen. con riferimento all’art.168, comma 1, n.1, cod. proc. pen. per avere il Tribunale
erroneamente disposto la revoca dei benefici della sospensione condizionale della pena
concessi con precedenti sentenze.

Quanto al primo motivo, la giurisprudenza ha chiarito che le parti che hanno sottoscritto e
proposto l’accordo sull’applicazione della pena accolto dal giudice non sono legittimate a
mettere in discussione con successiva impugnazione i presupposti dell’accordo medesimo
(principio costantemente affermato fin dalla sentenza della Sez.1, n.1549 del 1995, Sinfisi, rv
201160), con la conseguenza che il controllo di legittimità in ordine alla sentenza di
applicazione della pena può avere ad oggetto la motivazione soltanto nel caso che dal
provvedimento emerga l’evidenza dell’esistenza di una delle condizioni indicate dall’art.129
c.p.p. (per tutte, sentenza della Sez.3, Sezione n.2309 del 1999, Bonacchi, rv 215071) o che si
sia in presenza di vizio radicale della decisione anche in punto di determinazione della pena.
Posto che nel caso di specie la motivazione non appare meritevole di censure, avendo il
giudicante illustrato le circostanze cui ha ancorato la propria decisione, il motivo di ricorso deve
essere dichiarato inammissibile.
Quanto al secondo motivo, si è in presenza di censura manifestamente infondata: ai fini
dell’applicazione dell’art.168 cod. pen., infatti, la sentenza di applicazione della pena deve
considerarsi equiparata alla decisione di condanna (Sez.1, n.42411 del 19/10/2007, Coltri).
All’inammissibilità del ricorso consegue l’onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di
sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte
costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere
che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di
Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento della somma di Euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20/6/2014

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati e devono essere dichiarati inammissibili.

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