Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35313 del 20/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35313 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
JEBALI RIDHA N. IL 29/10/1969
avverso la sentenza n. 5090/2013 TRIBUNALE di BRESCIA, del
20/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 20/06/2014

1) Con sentenza in data 20.11.2013 il Tribunale di Brescia, in composizione
monocratica, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche dichiarate
prevalenti sulla recidiva, e con la diminuente per il rito, riconosciuta la continuazione
con il reato oggetto della sentenza del 17.7.2013 del Tribunale di Brescia,
irrevocabile, applicava a Jebali Ridha la pena (complessiva) concordata ex art.444
c.p.p. di anni 3, mesi 4 di reclusione ed euro 22.000,00 di multa per i I reati di cui agli
artt.81 c.p., 73 DPR 309/90 ascritti ai capi a) e b).
Ricorre per cassazione l’ imputato, denunciando il vizio di motivazione in ordine alla
mancata applicazione dell’art.129 c.p.p.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze,
sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non
emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p.
2.2) Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p.
questa Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione
“soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece
ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione
anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p.” (ex multis
sez.un.27.3.1992- Di Benedetto; sez.un.27.9.1995 n.18-Serafino).
2.3) Il Tribunale ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che non
ricorrevano i presupposti per applicare l’art.129 c.p.p., tenuto conto di quanto
emergeva dagli atti ed in particolare dal verbale di arresto e dalle dichiarazioni
ammissive dell’imputato.
2.4) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento
della somma che pare congruo determinare in euro 1.500,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.500,00.
Così deciso in Roma il 20.6.2014
DEPOSITATO

OSSERVA

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