Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35312 del 20/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35312 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: AMORESANO SILVIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ROMITA IVAN N. IL 08/01/1981
avverso la sentenza n. 5593/2013 GIP TRIBUNALE di BARI, del
11/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVIO AMORESANO;

Data Udienza: 20/06/2014

OSSERVA
1) Con sentenza in data 11.3.2013 il GUP del Tribunale di Bari, previo riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche e con la diminuente per il rito, riconosciuta la
continuazione con il reato oggetto della sentenza n.2307/2011 del Tribunale di Bari,
irrevocabile il 4.7.2012, applicava a Romito Ivan la pena (complessiva) concordata tra
le parti ex art.444 c.p.p. di anni 3, mesi 4 di reclusione ed euro 15.000,00 di multa
per il reato di cui agli artt.81 c.p., 73 co.5 DPR 309/90, così riqualificato il capo T).
Ricorre per cassazione il difensore dell’ imputato, denunciando il vizio di motivazione
in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p.
2) Il ricorso è manifestamente infondato.
2.1) Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze,
sulla comparazione delle stesse, sull’entità della pena, su eventuali benefici. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla dopo aver accertato che non
emerga in modo evidente una della cause di non punibilità previste dall’art.129 c.p.p.
2.2) Quanto alla motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art.129 c.p.p.
questa Corte ha costantemente affermato che occorre una specifica indicazione
*soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti
elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece
ritenersi sufficiente in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione
anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non
ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art.129 c.p.p.” (ex multis
sez.un.27.3.1992- Di Benedetto; sez.un.27.9.1995 n.18-Serafino).
Anche di recente è stato, poi, ribadito che la sentenza del giudice di merito che
applichi la pena su richiesta delle parti può essere oggetto di controllo di legittimità,
sotto il profilo della motivazione, soltanto se dal testo della sentenza impugnata
appaia evidente la sussistenza di cause di non punibilità di cui all’art.129 c.p.p. (Cass.
pen. Sez. 5 n.31250 del 25.6.2013; Cass. sez. 4 n.30867 del 17.6.2011).
2.3) Il GUP ha effettuato la necessaria verifica, evidenziando che non ricorrevano i
presupposti per applicare l’art.129 c.p.p., tenuto conto di quanto emergeva dagli atti
ed in particolare dalle indagini di p.g. e dalle intercettazioni telefoniche.
2.4) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento
della somma che pare congruo determinare in euro 1.500,00 ai sensi dell’art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento alla cassa delle ammende d ila somma di euro 1.500,00.
DEPOSITATO
Così deciso in Roma il 20.6.2014
IN CANCELLERIA

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