Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35310 del 20/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35310 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LAMPUGNANI VITO N. IL 24/10/1985
avverso la sentenza n. 655/2013 CORTE APPELLO di BARI, del
13/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 20/06/2014

Con sentenza in data 13/6/2013 la Corte di Appello di Bari ha parzialmente riformato la
sentenza ex art.442 cod. proc. pen. del 10/10/2012 del Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Bari e, applicate le circostanze attenuanti generiche ed esclusa la recidiva, ha
determinato in due anni e dieci mesi di reclusione e 12.400,00 euro di multa la pena inflitta al
Sig. Vito LAMPUGNANI in relazione al reato previsto dagli artt.81 cod. pen., 73, comma 1bis, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, commesso fino al 20/6/2012 in relazione alle sostanze
stupefacenti cocaina e marijuana, nonché ex art.648 cod. pen.

Osserva la Corte che il ricorrente propone censure che introducono contestazioni in punto di
fatto e che sollecitano la Corte a rivisitare le valutazioni operate nel merito dal giudicante; si
tratta di richieste estranee al giudizio di legittimità alla luce di quanto affermato dalla costante
giurisprudenza, secondo cui è “preclusa al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di
fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione Sesta Penale, sentenza n.22256 del 26
aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148). La Corte di appello ha motivato il diniego alla
applicazione dell’invocata circostanza richiamando plurime circostanza che, con giudizio non
manifestamente illogico e non censurabile, ritiene ostative alla richiesta della difesa. Palese,
dunque, l’infondatezza e la irritualità della impugnazione sul punto.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20/6/2014

re

Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta errata applicazione di legge
ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. con riguardo all’art.73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990,
n.309.

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