Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3530 del 13/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 3530 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
REGGIO ROBERTO N. IL 29/11/1970
PARROTTA RUGGERO VULGO DANIELE N. IL 05/02/1975
avverso la sentenza n. 1035/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
24/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO

Udito, per la part civile, l’Avv

Data Udienza: 13/11/2013

il

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, La CdA di Milano, in parziale riforma della
pronunzia di primo grado, ha derubricato il reato ascritto a Reggio Roberto e Parrotta
Ruggiero (condannati dal tribunale di Milano in quanto riconosciuti colpevoli di concorso in
sequestro di persona in danno di Ros Manuel), ritenendo sussistente il delitto di violenza
privata e ha lasciato immutato il trattamento sanzionatorio.
1.1. Reggio e Parrotta, creditori del Ros, al quale avevano noleggiato un’auto e dal
quale non avevano ricevuto il relativo canone, sono accusati: 1) di aver costretto il debitore
insolvente a montare su di un’autovettura nella notte del 22.11.2009, 2) di aver colpito con
pugni e schiaffi il Ros, una volta che costui era salito a bordo dell’auto predetta, 3) di averlo
condotto in vari locali della città di Milano alla ricerca di un POS, utilizzando il quale, il Ros
potesse prelevare il danaro necessario per estinguere il debito.
1.2. Imputati originariamente di estorsione, sequestro di persona e lesioni aggravate, i
due imputati sono stati condannati in primo grado solo per il delitto ex art. 605 cp, essendo
stato il delitto ex art 629 cp derubricato in quello ex art. 393 cp, con conseguente declaratoria
di improcedibilità per mancanza di querela. Analoga declaratoria è intervenuta per il delitto di
lesioni (per altro derubricato dal primo giudice nel reato di percosse)
1.3. In secondo grado, come anticipato, fermo il trattamento sanzionatorio, la residua
imputazione è stata riqualificata ai sensi dell’art. 610 cp.
2. Ricorrono per cassazione gli imputati, articolando censure in gran parte comuni.
3. Prima censura (comune): violazione di legge, atteso che il delitto di violenza privata
è assorbito in quello di ragion fattasi con violenza sulle persone. Poiché è indubbio che Reggio
e Parrotta avrebbero usato violenza sul Ros al solo scopo di ottenere il pagamento di quanto
loro dovuto (circostanza che neanche la PO ha mai messo in dubbio), per il principio di
specialità, essi non possono essere puniti due volte per aver tenuto la medesima condotta. In
caso contrario verrebbero violati i principi di divieto del ne bis in idem e della intangibilità del
giudicato (intervenuto per la declaratoria di ndp in ordine al delitto ex art. 393 cp, con
riferimento al quale non è stato interposto appello).
4. Seconda censura (relativa al solo Parrotta): contraddittorietà della motivazione.
Emerge dagli atti e dalla stessa motivazione della sentenza di primo grado che, quando il Ros
sarebbe stato costretto a salire in auto, il Parrotta non era presente. Egli sopraggiunse,
insieme con la fidanzata, solo in un secondo momento. In tal senso si è anche espresso il
verbalizzante ten. CC Valentini. Sul punto, la motivazione della sentenza di appello è del tutto colpevolmente- silente.
3. Terza censura (comune): carenze dell’apparato motivazionale in ordine alla
quantificazione della pena, atteso che alla riqualificazione della condotta (da sequestro di
persona a violenza privata) non ha fatto seguito, del tutto immotivatamente, una attenuazione
del trattamento sanzionatorio, pur essendo il reato ex art 610 cp, fattispecie molto meno grave
di quella ex art., 605 cp. Vi è stata inoltre pretermissione delle singole posizioni soggettive dei
due imputati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Bisogna prendere atto della intervenuta derubricazione (da art. 605 cp ad art 610
cp), in relazione alla quale non risulta essere stata proposta impugnazione da parte del PM,
nonostante il fatto che, senza dubbio, costringere con violenza (sollevandola di peso) una
persona a salire in auto è condotta che integra gli elementi del sequestro di persona. Invero, in
tal caso, la vittima viene privata della libertà di movimento, sia nel momento iniziale
dall’azione contra jus, che in tutto il tempo in cui essa è trattenuta nella vettura.

udito il PG in persona del sost.proc.gen. dott. G. D’Angelo che ha concluso chiedendo
annullamento senza rinvio per improcedibilità a causa di mancanza di querela, previo
assorbimento del delitto ex art, 610in quello di cui all’art. 393 cp,
udito il difensore di Reggio, avv. D. Alvaro, che ha illustrato il suo ricorso e ne ha chiesto
l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO

2. Conclusivamente deve dunque ritenersi assorbito il delitto di violenza privata in
quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone e, in accoglimento
della richiesta del procuratore generale, annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata per
precedente giudicato, essendosi il giudice di merito pronunziato definitivamente sulla
improcedibilità dell’azione penale in relazione al delitto ex art. 393 cp.
PQM
ritenuto assorbito il reato di violenza privata in quello di esercizio arbitrario delle proprie
ragioni con violenza sulle persone, annulla la sentenza impugnata senza rinvio per precedente
giudicato.
Così deciso in Roma in data 13.XI.2013-

1.1. Sul punto, tuttavia (la derubricazione), si è formato il giudicato e, dunque, non
resta che stabilire se il delitto di cui all’art. 610 cp rimanga assorbito in quello di cui all’art. 393
del medesimo codice, per il quale, ancora una volta, è intervenuta pronunzia definitiva (di ndp
per mancanza di querela).
1.2. La risposta non può che essere positiva. Infatti, la condotta di cui all’art. 610 in
genere rappresenta una mera modalità della condotta del delitto di “ragion fattasi”.
Invero, la differenza tra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e quello di
violenza privata sta nel fatto che per il primo è richiesto il dolo specifico, consistente nel fine
particolare ed esclusivo di esercitare un diritto, rimanendo in tal modo assorbite altre
fattispecie quali le minacce, la violenza privata, la violazione di domicilio (ASN 198606641RV 173272).
E’ pur vero che ricorre il delitto di violenza privata e non quello di esercizio arbitrario delle
proprie ragioni con violenza alle persone allorché si eccedono macroscopicamente i limiti insiti
nel fine di esercitare, sia pure arbitrariamente, un preteso diritto, ponendo in essere un
comportamento costrittivo dell’altrui libertà di determinazione di eccezionale gravità (ASN
199913162-RV 214974), ma tale certamente non è il caso in esame, in cui l’esercizio della
violenza sul Ros fu strettamente funzionale al “convincimento” dello stesso in ordine ai suoi
doveri di debitore.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA