Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35286 del 18/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35286 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Bossi Oreste n. il 15.3.1964
avverso la sentenza n. 2634/2013 pronunciata dalla Corte d’appello
di Milano il 7.11.2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 18.7.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. E. Scardaccione,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv.to D. Damiano del foro di Milano che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 18/07/2014

Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo la corte d’appello omesso di
rilevare la nullità della notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione dell’appello, nella specie eseguita presso il difensore di fiducia dell’imputato, ai sensi dell’art. 157, co. 8-bis, c.p.p.,
e non già presso il domicilio dallo stesso eletto.
Con il secondo motivo, l’imputato si duole del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata nell’omettere di
rilevare la mancata redazione, ad opera della polizia giudiziaria, del
verbale delle operazioni compiute in occasione dell’accertamento del
tasso alcolemico dell’imputato, essendosi, la corte territoriale, limitata, nel ricostruire la scansione dei fatti decisivi ai fini della decisione,
al richiamo delle sole dichiarazioni testimoniali rese dagli operanti,
senza l’ausilio di alcuna rigorosa attestazione circa l’uso degli strumenti e il rispetto delle procedure imposti dal codice della strada.
Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo la corte territoriale omesso di rilevare la violazione dell’art. 114 disp. att. c.d.s., consistito nella mancata
comunicazione all’indagato, da parte della polizia giudiziaria, della
facoltà di farsi assistere da un proprio difensore nel corso dell’accertamento del relativo tasso alcolemico.
Da ultimo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo la corte d’appello trascurato di rilevare la mancata concretizzazione della fattispecie criminosa contestata all’imputato, avendo quest’ultimo in più occasioni
dimostrato, nel corso delle operazioni compiute ai fini dell’accertamento del relativo tasso alcolemico, la propria completa disponibilità
2. –

Ritenuto in fatto
1. – Con sentenza resa in data 7.11.2013, la corte d’appello di
Milano ha integralmente confermato la sentenza in data 13.11.2012
con la quale il tribunale di Milano ha condannato Oreste Bossi alla
pena di quattro mesi e quindici giorni di arresto ed euro 2.000,00 di
ammenda (pena convertita con quella pecuniaria d’importo corrispondente), in relazione al reato consistito nel rifiuto di sottoporsi
all’accertamento per la determinazione del tasso alcolemico punito ai
sensi dell’art. 186, co. 7, c.d.s., commesso in Milano, il 19.11.2009.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, sulla base di quattro
motivi di impugnazione.

Considerato in diritto
3. — Il ricorso è infondato.
Devono essere preliminarmente disattese le doglianze d’indole
rituale illustrate nel primo e nel terzo motivo del ricorso proposto
dall’imputato.
Con riguardo alla pretesa nullità della notificazione dell’avviso
di fissazione dell’udienza di discussione dell’appello — siccome nella
specie eseguita presso il difensore di fiducia dell’imputato, ai sensi
dell’art. 157, co. 8-bis, c.p.p., e non già presso il domicilio dallo stesso eletto -, osserva il collegio, in conformità al condiviso insegnamento di questa corte di legittimità, come la nullità conseguente alla notificazione all’imputato del decreto di citazione a giudizio presso lo
studio del difensore, invece che presso il domicilio eletto, è d’ordine
generale a regime intermedio – in quanto la notificazione, pur eseguita in forme diverse da quelle prescritte, è da ritenere in concreto idonea a determinare una conoscenza effettiva dell’atto – e non può,
quindi, essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità (cfr., ex
plurimis, Cass., Sez. 6, n. 1742/2013, Rv. 258131).
Parimenti infondata deve ritenersi la doglianza del ricorrente
riferita alla pretesa violazione dell’art. 114 disp. att. c.d.s., consistito
nella mancata comunicazione all’indagato, da parte della polizia giudiziaria, della facoltà di farsi assistere da un proprio difensore nel
corso dell’accertamento del relativo tasso alcolemico, avendo la corte
territoriale ritenuto tardiva l’eccezione d’inutilizzabilità sollevata
dall’imputato, correttamente richiamandosi al consolidato insegnamento di questa corte di legittimità, ai sensi del quale la nullità che
deriva dall’omesso avviso all’indagato, da parte della polizia giudiziaria che proceda ad un atto urgente ed indifferibile (quale certamente
è la sottoposizione dell’indagato al test alcolimetrico), della facoltà di
farsi assistere dal difensore, è di natura intermedia e deve ritenersi
sanata se non dedotta prima (ovvero immediatamente dopo) il compimento dell’atto, ex art. 182, comma 2, c.p.p.. Detto termine non è
posto dalla norma in relazione alla necessaria effettuazione di un successivo atto in cui intervenga la stessa parte o il difensore, ben potendo la formulazione dell’eccezione aver luogo anche al di fuori dell’espletamento di specifici atti, mediante lo strumento delle ‘memorie o
richieste’ che, ai sensi dell’art. 121 c.p.p., possono essere inoltrate in

a procedere a detto accertamento, nei limiti imposti dal ragionevole
arco di tempo a tal fine utile.

ogni stato e grado del procedimento (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 4, n.
31358/2013, Rv. 256213).
Nel caso di specie, non avendo l’imputato formulato l’eccezione in questione nei termini sopra specificati (ma solamente nel corso
del giudizio), l’eccepita nullità (ove mai esistente) deve ritenersi sanata.
Devono essere infine disattesi i motivi di ricorso illustrati
dall’imputato con riguardo alla mancata verbalizzazione delle operazioni relative all’accertamento del tasso alcolemico e della concreta
integrazione, da parte del Bossi, del reato allo stesso contestato,
avendo la corte territoriale – con motivazione completa ed esauriente,
immune da vizi d’indole logica o giuridica – espressamente rilevato
come la verbalizzazione di dette operazioni fosse stata regolarmente
redatta, essendovi agli atti il verbale di contestazione compilato dalla
polizia locale, ove si accerta la data e l’ora relative alle circostanze del
rifiuto opposto dall’imputato.
Sotto altro profilo, osserva il collegio come tutto correttamente
la corte territoriale abbia in ogni caso tratto inequivoci elementi di
prova, in ordine al rifiuto dell’imputato di sottoporsi ai regolamentari
test alcolimetrici, dalle dichiarazioni rese dalla testimone Roberta
Alarico (agente coinvolta negli accertamenti de quibus): circostanza
peraltro neppure negata dall’odierno ricorrente che, ancora in questa
sede, ha espressamente dedotto di aver fornito la propria disponibilità al compimento di detti accertamenti fino a quando non ha ritenuto
irragionevole protrarne l’attesa.
4. – L’accertamento dell’infondatezza dei motivi di doglianza
avanzati dall’imputato impone il rigetto del ricorso e la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio de118.7.2014.

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