Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35285 del 16/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35285 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ROMIS VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHUCYA GALICIA EFRAIN N. IL 08/07/1967
avverso la sentenza n. 1246/2013 CORTE APPELLO di ANCONA, del
05/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per 29

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 16/07/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 25 ottobre 2011 il Tribunale di Ancona – Sez. Dist. di Osimo condannava Chucya Galicia Efrain alla pena ritenuta di giustizia, per violazione dell’art. 186
del codice della strada, per essersi rifiutato di sottoporsi al controllo con l’etilornetro; il
Tribunale stesso pronunciava declaratoria di proscioglimento in ordine al reato di cui all’art.

legge come reato e non ravvisandosi elementi probatori certi per ritenere lo stato di
ebbrezza dell’imputato – desunto dai verbalizzanti in base a dati sintomatici – riconducibile
ad una delle ipotesi di cui alle lettere b) o c) dello stesso articolo.

2.

A seguito di gravame ritualmente proposto dall’imputato, la Corte d’Appello di

Ancona confermava l’impugnata decisione, ritenendo sussistente ed ingiustificato il rifiuto
del Chucya Galicia Efrain a sottoporsi all’accertamento strumentale per il rilevamento del
tasso alcolemico presente nell’organismo, sulla base di quanto descritto nel verbale di
Polizia Giudiziaria e di quanto riferito da uno dei verbalizzanti il quale aveva precisato, in
particolare, che l’imputato – trovato al posto di guida di un’auto salita su un marciapiede e
finita contro un cancello – aveva mostrato di essere perfettamente in grado di comprendere
la lingua italiana e, nel rifiutarsi di sottoporsi all’accertamento strumentale, aveva affermato
di aver bevuto solo due birre e di non essere ubriaco; a ciò doveva aggiungersi che dal
certificato ospedaliero si rilevava che l’interessato si trovava in evidente stato di abuso
etilico reso manifesto da “alito alcolico, instabilità nella deambulazione e loquela impastata”.
Sotto il profilo del trattamento sanzionatorio, la Corte di merito osservava che l’imputato
non appariva meritevole delle attenuanti generiche risultando a suo carico taluni
precedenti – di cui due specifici ed uno per delitto con sospensione condizionale della pena e non ravvisandosi elementi di segno positivo: circostanze ostative anche alla formulazione
di una prognosi positiva ai fini della reiterazione del beneficio della sospensione condizionale
della pena.

3. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato il quale ha dedotto:
a) violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione del compendio
probatorio da ritenersi tale da non consentire, ad avviso del ricorrente, un’affermazione di
colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio; b) vizio di motivazione relativamente al
diniego delle attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito indicate.

186, comma secondo, lett. a), del codice della strada trattandosi di fatto non previsto dalla

2. Per quel che riguarda le doglianze in punto di ritenuta colpevolezza, le stesse – come si
rileva agevolmente dal tenore della loro formulazione – presentano evidenti profili di
inammissibilità in quanto manifestamente infondate nonchè sostanzialmente ripetitive delle
tesi già proposte in appello, e riguardano apprezzamenti di merito non deducibili in questa
sede avendo la Corte distrettuale dato adeguatamente conto del proprio convincimento con
le argomentazioni sopra ricordate nella parte narrativa (da intendersi qui integralmente

illogicità.
Giova sottolineare che, come ripetutamente affermato da questa Suprema Corte, il vizio
logico della motivazione deducibile in sede di legittimità, nelle sue varie e concrete
espressioni – contraddittorietà, illogicità, etc. – deve risultare dal testo della decisione
impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione; il
sindacato di legittimità “deve essere limitato soltanto a riscontrare l’esistenza di un logico
apparato argomentativo” (in tal senso, “ex plurimis”, Sez. 3, N. 4115/96, RV. 203272). Tale
principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle
stesse Sezioni Unite le quali hanno avuto modo di precisare che “esula dai poteri della Corte
di Cassazione quello di una <>, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi
disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano
logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico e
adeguato le ragioni del convincimento” (Sez. Un., ric. Spina, 24/11/1999, RV. 214793).
Nella concreta fattispecie, i contenuti motivazionali della decisione impugnata,
rigorosamente ancorati all’acquisito compendio probatorio e supportati ulteriormente da
ineccepibili deduzioni logiche, forniscono esauriente e persuasiva risposta ai rilievi che erano
stati mossi alla sentenza di primo grado in ordine alle valutazioni probatorie. E va altresì
evidenziato che già il primo giudice aveva affrontato e risolto le questioni qui sollevate dal
ricorrente, seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da completezza
argomentativa e dalla puntualità dei riferimenti agli elementi probatori acquisiti e rilevanti ai
fini dell’esame della posizione dell’imputato; di tal che, trattandosi di conferma della
sentenza di primo grado, la sentenza dei giudici di seconda istanza legittimamente integra
quella del Tribunale e rende quindi ancor più incisiva e pregnante la valutazione delle
risultanze probatorie acquisite, avendo la Corte territoriale fornito ulteriori ed autonome
considerazioni a fronte delle deduzioni dell’appellante: è principio pacifico in giurisprudenza
quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo

richiamate onde evitare superflue ripetizioni) che si presentano prive di connotazione di

grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed
inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della
motivazione (“ex plurimis”,

Sez. 3, n. 4700 del 14/02/1994 Ud. – dep. 23/04/1994 – Rv.

197497). A fronte delle integrative pronunce di primo e secondo grado – per quel che
riguarda le valutazioni di merito – il ricorrente ha formulato argomentazioni ripetitive di
quanto già prospettato ai giudici di primo e secondo grado.

generiche e della sospensione condizionale della pena.
3.1. La Corte d’Appello ha ritenuto l’imputato non meritevole delle attenuanti generiche
sottolineando la negativa personalità dello stesso desunta dai suoi precedenti, di cui due
specifici. Orbene, giova ricordare che, secondo principio condivisibile, in tema di circostanze
attenuanti generiche, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è
quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della
sanzione prevista dalla legge – in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni
tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile – ne deriva che la
meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta,
sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga di escluderla, di giustificarne
sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al contrario, è la suindicata
meritevolezza che necessita, essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita
motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a
giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione
risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di
specifica richiesta dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi
delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti
tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali
la richiesta stessa sì fonda. In questa prospettiva, anche uno solo degli elementi indicati
nell’articolo 133 c.p., attinente alla personalità del colpevole o alla entità del reato ed alle
modalità di esecuzione di esso, può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti
generiche, derivandone così che, esemplificando, queste ben possono essere negate anche
soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, allorquando questi precedenti [a maggior
ragione se, come nel caso di specie, anche specifici] sono stati valorizzati negativamente
(cfr. Sezione II, 22 febbraio 2007, Bianchi ed altri).
3.2. Quanto al diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, i giudici del
merito hanno ritenuto anche in proposito ostativi al beneficio in parola i precedenti a carico
dell’imputato, sottolineando altresì la mancanza di qualsiasi elemento favorevole per un
giudizio prognostico positivo, così ponendosi in piena sintonia con il consolidato indirizzo
interpretativo delineatosi in materia nella giurisprudenza di questa Corte: “Il giudice di
merito, nel valutare la concedibilità della sospensione condizionale della pena, non ha

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3. Priva di qualsiasi fondamento è poi la censura concernente il diniego delle attenuanti

l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen., ma può
limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti” (in termini, “ex plurimis”, Sez. 3, n.
6641 de/ 17/11/2009 Ud. – dep. 18/02/2010 – Rv. 246184).

4. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità
riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N.

che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.000,00 (mille).

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Roma, 16 luglio 2014

Il Presidente

186 del 7-13 giugno 2000) al versamento a favore della cassa delle ammende di una somma

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