Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35279 del 16/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35279 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: ROMIS VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LAI SERGIO N. IL 18/01/1954
GIUDICE FRANCESCO N. IL 01/06/1956
MACHIS ANTONIO N. IL 22/12/1961
avverso la sentenza n. 992/2011 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
18/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.1531-4~ 3
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Data Udienza: 16/07/2014

Udito, per la parte civile, l’Avv
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RITENUTO IN FATTO

1. Lai Sergio, Giudice Francesco e Machis Antonio – il primo nella qualità di coamministratore e
direttore della Edilristrutturazioni s.n.c., il secondo nella qualità di datore di lavoro di tale ditta,
il terzo nella qualità di amministratore delegato della ditta P.M. 2000 – venivano condannati dal
GUP del Tribunale di Cagliari, all’esito di giudizio celebrato con il rito abbreviato, perché ritenuti
responsabili, per colpa generica e specifica, dei delitti di omicidio colposo e lesioni personali

Giovanni, la cui dinamica, in base agli atti di indagine ed in particolare sulla scorta delle osservazioni e conclusioni del consulente del P.M., era stata così ricostruita dal GUP stesso: il 12
marzo 2007 alle 11.45 circa Benedetto Ibba e Giovanni Trudu operai dipendenti della EDILRISTRUTTURAZIONI s.n.c. – mentre erano intenti a tinteggiare la facciata di un edificio ad una
quota di 23 metri su di una piattaforma aerea sviluppabile montata su un automezzo (di
proprietà della ditta datrice di lavoro) collocato all’interno del cortile pertinente all’edificio erano precipitati al suolo; ciò era avvenuto per improvviso cedimento di uno degli elementi
telescopici di sostegno della piattaforma aerea che era precipitata a terra unitamente
agli operai, causando la morte dell’Ibba e gravi lesioni per il Trudu.
Quanto alle condotte colpose addebitate agli imputati ed al nesso di causalità tra le stesse e
l’evento, il GUP osservava che: 1) la condotta del Machis – con specifico riferimento all’intervento di riparazione effettuato dalla ditta “P.M. 2000” sulla piattaforma nel 2003 – si era posta
quale primo elemento della serie causale che aveva portato al tragico evento: gli angolari di
rinforzo utilizzati dal Machis – avuto riguardo alla tecnica costruttiva seguita ed alla qualità
dell’acciaio impiegato, più tenero rispetto all’acciaio utilizzato per la costruzione della parte
principale del braccio sfilabile – erano stati sottoposti a sollecitazioni superiori ai limiti di elasticità, con la conseguenza che, pur non rompendosi, erano andati incontro a modificazioni plastiche permanenti che si erano verificate, determinando contatto della struttura del braccio sfilante con le boccole (fisse) di sostegno del rullo sul quale scorrevano gli angolari, così producendo uno strofinio tale da causare il consumo precoce sia delle boccole sia degli angolari, e
l’usura precoce aveva annullato l’efficacia degli angolari realizzati dal Machis determinando il
ripresentarsi del problema costruttivo originario ossia la frattura dello scatolato d’acciaio al
momento della sua piegatura; in base alle conclusioni del consulente del P.M., una volta determinatasi la frattura dell’acciaio di maggior resistenza, a nulla era valso aver inserito degli angolari di rinforzo giacchè realizzati con acciaio di minore resistenza di elasticità e, dunque, privi
delle caratteristiche di resistenza meccanica necessaria a fronteggiare gli sforzi del normale
esercizio della piattaforma; secondo un comportamento alternativo corretto, la ditta “P.M.
2000” avrebbe dovuto ricostruire il braccio utilizzando un tipo di acciaio analogo, per caratteristiche tecniche, a quello denominato IMEX 701 usato dalla ditta che aveva prodotto la piattaforma, materiale che avrebbe consentito la piegatura della lamiera per ottenere lo scatolato del
braccio di sfilo da sostituire, senza la frattura dello stesso; 2) tanto il Lai quanto il

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colpose, in relazione ad un infortunio sul lavoro occorso ai dipendenti Ibba Benedetto e Trudu

Giudice – nelle rispettive qualità – avevano omesso di denunciare agli uffici competenti l’avvenuta installazione della piattaforma la quale, dopo aver subito modifiche costruttive non rientranti nell’ordinaria e straordinaria manutenzione era stata messa in sevizio senza che ne venisse certificata la conformità ai requisiti essenziali di sicurezza; neppure erano state verificate
dai due imputati l’installazione corretta ed il buon funzionamento della piattaforma successivamente alla sostituzione dell’elemento di sfilo (che aveva comportato lo smontaggio dell’intero
braccio, la costruzione dell’elemento ed il rimontaggio); era stata omessa la verifica periodica

non solo non risultavano documentate ma emergevano in modo macroscopico dall’evidente stato di usura dell’acciaio del primo braccio di sfilo: la semplice effettuazione di un controllo periodico, anche solamente visivo, avrebbe rivelato la pericolosa condizione delle boccole ed indotto
un utilizzatore diligente ad estendere la verifica alla struttura stessa del braccio di sfilo; di tal
che, il crollo del cestello non appariva addebitabile unicamente ad un difetto di costruzione del
mezzo ma, di contro, risultava conseguenza di un’azione usurante protrattasi nel tempo per oltre tre anni: in modo gravemente negligente il Lai ed il Giudice avevano omesso delle semplici
precauzioni senza sincerarsi, in tale lasso di tempo, dello stato d’uso della macchina regolarmente adoperata nell’esercizio dell’impresa; ancora, i cavi collegati alle celle di controllo del sovraccarico del cestello erano stati tranciati e mai ripristinati; non poteva condividersi la tesi difensiva secondo cui il tranciamento poteva essere avvenuto ad opera del Vigili del Fuoco in occasione del loro intervento, posto che tale operazione non risultava descritta nel relativo verbale, ed il taglio netto che risultava evidente dalle foto appariva incompatibile con una manovra di
emergenza quale quella che avrebbero dovuto effettuare i soccorritori per estrarre le vittime
dalle lamiere: la disattivazione delle celle di controllo aveva permesso l’utilizzo della piattaforma anche in condizioni di sovraccarico, e non poteva quindi escludersi che l’uso più o meno
frequente della macchina in tali condizioni poteva aver accelerato il collasso della struttura del
braccio sfilabile, collasso che peraltro, tenuto conto della descritta ricostruzione causale, si sarebbe verificato anche in condizioni normali di carico; conclusivamente: i difetti dell’intervento
di manutenzione, imputabili al Machis, erano stati causa della deformazione della struttura,
consentendo l’abnorme usura del braccio estensibile fino al collasso, e su tali difetti strutturali si
erano poi inserite le condotte negligenti del Lai e del Giudice costituite in particolare dagli
omessi controlli.

2. La sentenza di secondo grado – pronunciata dalla Corte d’Appello di Cagliari in data 18 aprile
2013 – confermava in toto l’impostazione della sentenza di primo grado, e, in risposta alle deduzioni dei tre imputati appellanti, formulate in rito e nel merito, dava conto del proprio convincimento con argomentazioni che possono così riassumersi: in rito – a) doveva disattendersi
l’eccezione di nullità dell’impugnata sentenza sollevata sul rilievo che il primo giudice, pur nel
contesto di un giudizio abbreviato condizionato all’esame dei consulenti degli imputati – ed
ammesso con l’accoglimento della richiesta del P.M. dell’esame anche del proprio consulente –

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della piattaforma; erano state omesse le regolari operazioni di manutenzione del mezzo, che

aveva poi dato ingresso all’esame del consulente di parte civile e disposto l’acquisizione della
relazione del consulente stesso: osservava la Corte che il primo giudice aveva esercitato i poteri
officiosi riconosciutigli dalla legge ed aveva comunque omesso, nelle valutazioni probatorie,
qualsiasi riferimento alla consulenza di parte civile eccezion fatta per alcune fotografie; b) non
vi era stata violazione del principio di correlazione tra contestazione e sentenza in relazione al
profilo di colpa ravvisato dal GUP, nei confronti degli imputati Lai e Giudice, nella omessa denuncia – al dipartimento periferico, competente per territorio, dell’ISPESI – dell’avvenuta instal-

detti imputati di aver immesso sul mercato – dopo l’intervento riparatore ad opera della ditta
“P.M. 2000” effettuato sul macchinario nell’anno 2003 – la piattaforma in oggetto nonostante
non possedesse i Requisiti Essenziali di Sicurezza di cui all’allegato 1 del d.P.R. n. 459/96 e
senza la preventiva attestazione di conformità ai detti Requisiti Essenziali di Sicurezza;
nel merito – risultava del tutto condivisibile il percorso argomentativo seguito dal primo giudice,
rigorosamente ancorato alle acquisite risultanze, ed in particolare alle conclusioni rassegnate
dal consulente del P.M. basate sulla incontroversa dinamica dell’infortunio e su elementi oggettivi incontestabili; destituita di fondamento appariva la tesi difensiva del Machis circa l’esonero
da qualsiasi responsabilità per non aver egli rivestito la carica nè di direttore tecnico né di amministratore delegato della ditta “P.M. 2000” all’epoca dell’intervento di riparazione effettuato
sul macchinario da tale ditta, posto che: a) il Machis era stato nominato (unitamente a Radrizzi
Elio) amministratore delegato nel settembre 2001 come risultava dalla visura camerale, mentre
alla data del 2 dicembre 2005 vi era stata solo la conferma di tale nomina; b) a ciò doveva aggiungersi che le risultanze processuali davano conto del ruolo attivo, e di referente per gli aspetti tecnici, rivestito dal Machis il quale risultava citato nell’offerta di preventivo del luglio
2003 quale referente della “P.M. 2000” in ordine alle precisazioni sul tipo di intervento, sui
tempi e sui costi dello stesso, e risultava aver sottoscritto tutte le successive comunicazioni con
la ditta committente nonché, per quietanza, anche la fattura di pagamento; parimenti incontestabile risultava la colpevolezza del Lai e del Giudice: ed invero, al vizio costruttivo imputabile
all’operato imperito e negligente del Machis – vizio che aveva generato la deformazione della
struttura – si era poi aggiunta la perdurante incuria dei due imputati predetti i quali non si erano preoccupati dello stato d’uso della macchina regolarmente adoperata nell’esercizio dell’impresa, omettendo di porre in essere i doverosi controlli che avrebbero evidenziato il difetto
strutturale riconducibile all’intervento di manutenzione, ed indotto un utilizzatore diligente a
porre in fermo tecnico la piattaforma aerea, finanche sostituendone il pezzo difettoso.

3. Ricorrono per cassazione i tre imputati deducendo censure che possono sintetizzarsi come
segue: RICORSO MACHIS – il Machis, con atto sottoscritto dai difensori, articola tre motivi; con
il primo denuncia erronea applicazione della legge in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso
di causalità, posto che: la disattivazione del sistema di sicurezza – finalizzato a segnalare il sovraccarico – aveva certamente comportato l’utilizzo del macchinario più volte con un carico su4

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lazione della piattaforma: ed invero, con il capo di imputazione era stato tra l’altro contestato a

periore a quello consentito; durante tutto il periodo tra l’intervento di manutenzione della ditta
“P.M. 2000” e l’infortunio – circa quattro anni – non erano stati effettuati controlli né interventi
di manutenzione da parte dei proprietari della piattaforma, i quali avevano lasciato il macchinario – mai sottoposto alle verifiche annuali di controllo – privo del sistema di sicurezza ed in balia
dei fenomeni di usura, nel contempo non consentendo che potesse essere rilevata la progressiva deformazione del braccio: si tratterebbe di una serie causale autonoma da sola sufficiente a
produrre l’evento, anche in considerazione del fatto che il pezzo meccanico originario aveva a-

vita di oltre cinque volte e più; mancherebbe il presupposto della concretizzazione del rischio,
posto che le norme asseritamente violate dal Machis non sarebbero finalizzate ad evitare la necessità di qualsiasi intervento di manutenzione, non sarebbero cioè destinate a garantire la durata infinita del pezzo riparato pur in mancanza di verifiche e controlli; omessa motivazione sulla censura concernente l’applicazione delle aggravanti relative alla normativa antinfortunistica,
applicazione da ritenersi erronea non essendo stata contestata al Machis nessuna circostanza
aggravante: il conseguente giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e le aggravanti
avrebbe quindi comportato un calcolo della pena da parte del primo giudice errato in malam

partem; RICORSO LAI E GIUDICE – Vengono innanzi tutto ribadite le deduzioni relative all’eccezione di nullità per l’esame del consulente di parte civile – disposto dal giudice nonostante lo
svolgimento del giudizio con il rito abbreviato richiesto dagli imputati e condizionato al solo esame dei loro consulenti di parte – ed all’eccepita violazione del principio di correlazione tra
contestazione e sentenza; si denuncia erronea applicazione della legge penale in riferimento
alle norme cautelari contestate: i giudici di merito avrebbero ancorato la colpa specifica addebitata ai due ricorrenti a disposizioni di legge abrogate e non recepite nel D. L.vo 9 aprile 2008 n.
81 e nel D. L.vo 27 gennaio 2010 n. 17 (attuazione direttiva CEE e disposizioni relative agli ascensori); viene infine dedotto vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del nesso
di causalità, nonchè inosservanza di legge laddove è stata disattesa la prospettazione difensiva
della imprevedibilità dell’evento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi vanno rigettati per le ragioni di seguito indicate.
2. Per ragioni di ordine sistematico si ritiene opportuno esaminare innanzi tutto le censure in
rito dedotte con i ricorsi del Lai e del Giudice che sono stati proposti con unico atto sottoscritto
dal difensore, con comuni censure.
2.1. E’ infondata la doglianza concernente l’integrazione probatoria disposta dal giudice il
quale – nell’ambito di rito abbreviato condizionato all’esame dei consulenti degli imputati, ed
ammesso con l’accoglimento della richiesta del P.M. dell’esame anche del proprio consulente aveva poi dato ingresso all’esame del consulente di parte civile e disposto l’acquisizione della
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vuto una durata di appena otto mesi, mentre quello riparato dalla “P.M. 2000” aveva avuto una

relazione del consulente stesso.
Giova ricordare che nella giurisprudenza di questa Corte è stata affermata la insindacabilità in
sede di legittimità della decisione del giudice nel giudizio abbreviato di esercitare il potere di
integrazione della prova riconosciutogli dalla legge processuale

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16/06/2010 Ud. – dep. 02/08/2010 – Rv. 248043, precedente evocato anche dalla Corte d’Appello a pag. 26 della sentenza); ed è stato altresì precisato che <(

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nel denunciato vizio di motivazione.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

IV Sezione Penale

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