Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35273 del 30/05/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35273 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALEFATO ROBERTO SECONDO LUIGI N. IL 11/04/1953
avverso l’ordinanza n. 1945/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
17/07/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
le conclusioni del PG Dott. Vi
lette/sep

Uditi difensor Avv.; /

Data Udienza: 30/05/2013

FATTO E DIRITTO
Propone ricorso per cassazione Calefato Roberto, avverso l’ordinanza della Corte di appello di Milano in
data 17 luglio 2012, con la quale è stato dichiarato inammissibile – per genericità e aspecificità dei motivi,
nonché perché integrante la semplice reiterazione delle questioni già esaminate dal giudice di primo grado
– l’appello proposto contro la sentenza del locale Tribunale, in data 2 febbraio 2012, di condanna, all’esito
di giudizio abbreviato, in ordine al reato di cui agli articoli 477 e 482 c.p. , commesso nel settembre 2009.
In particolare, si legge nel provvedimento impugnato, è stata considerata ripetitiva, la richiesta del minimo
della pena, a fronte del fatto che le circostanze favorevoli all’imputato erano state già valutate ai fini della

Deduce il vizio della motivazione, sostenendo che l’atto d’appello definiva il petitum dell’impugnazione,
seppure ridotto all’essenziale, indicando il contenuto della decisione che avrebbe dovuto essere adottata
dal giudice adito.
Il Procuratore Generale presso questa Corte ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Come si deduce dallo stesso atto di impugnazione in esame, che riproduce il contenuto dell’atto d’appello
di cui si reclama l’ammissibilità, in contrasto con quanto affermato dalla Corte territoriale, quello era
consistito nella sollecitazione al riconoscimento di un trattamento sanzionatorio pari al minimo edittale, in
una situazione processuale nella quale il buon comportamento processuale dell’imputato, che aveva
ammesso l’addebito, aveva trovato riconoscimento nella concessione delle circostanze attenuanti
generiche.
Con la decisione impugnata il giudice dell’appello ha ritenuto non utilmente censurata la decisione del
primo giudice che già, di fatto, risultava essersi allineata alla giurisprudenza prevalente di questa Corte
secondo cui, tra gli elementi di valutazione che il giudice può utilizzare ai fini dell’applicabilità delle
circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod.pen. si pongono anche quelli relativi alla gravità
del reato e alla capacità a delinquere del reo indicati dall’art. 133 cod. pen., con il solo limite che una stessa
circostanza specifica non può essere valutata due volte (Sez. 6, Sentenza n. 20818 del 23/01/2002 Ud.
(dep. 28/05/2002 ) Rv. 222020).
Per contrastare tale assunto non risulta, secondo quanto posto in evidenza dal giudice dell’appello, che il
ricorrente abbia speso argomenti specifici e puntuali e tale affermazione della Corte territoriale non è
smentita dal ricorrente il quale reclama esclusivamente che debba ritenersi ammissibile il ricorso che si
esaurisce nella definizione del petitum.
Ed invece, proprio tale tesi è in palese contrasto con il disposto dell’art. 581 cp il quale non consente alla
parte di limitarsi alle conclusioni ma pretende che essa dia ragione delle circostanze di fatto e di diritto sulle
quali fonda la propria doglianza.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in favore della
cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a
versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.

concessione delle attenuanti generiche.

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