Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35273 del 28/02/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35273 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: CIAMPI FRANCESCO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da :
OLIVER ZAMERRI (PC) N. IL 23.01.1980
Nei confronti di:
CAPONETTO LUIGI N. IL 16.08.1957
avverso la sentenza del GIUDICE DI PACE DI FIRENZE in data 30 maggio 2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. FRANCESCO MARIA CIAMPI;
udite le conclusioni del PG in persona del dott. Gianluigi Pratola che ha chiesto l’annullamento
con rinvio della impugnata sentenza. E’ presente per la ricorrente parte civile l’avvocato
Roberto Arturo Lavoratti del foro di Firenze che si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede
l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza il Giudice di Pace di Firenze dichiarava non doversi procedere
nei confronti di Caponetto Luigi per il reato di cui all’art. 590 c.p. per essere il reato
estinto per aver l’imputato riparato il danno cagionato ed eliminato le conseguenze
dannose ex art. 35 D.Igs.vo n. 274/2000.
2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la parte civile Oliver Zamerri
lamentando l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 35, n. 1 D.Igs.vo n.
274/2000 per tardività della riparazione nonché la inosservanza ed erronea applicazione
dell’art. 35 n. 2 stesso decreto e la mancanza ed illogicità della motivazione circa la
integralità del risarcimento del danno
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso merita accoglimento nei termini di seguito precisati. E’ infatti assorbente il
rilievo operato dal ricorrente, secondo il quale il termine previsto dal D.Lgs. n. 274 del
2000, art. 35 ha natura perentoria, sicché le condotte riparatone non possono che
intervenire prima dell’udienza di comparizione, pena l’impossibilità che queste
estinguano il reato. E’ infatti principio posto dalla giurisprudenza di questa Corte, che
“in tema di processo avanti al giudice di pace, il termine, rappresentato dalla udienza di
comparizione, previsto per procedere alla riparazione del danno cagionato dal reato ha
natura perentoria, con conseguente decadenza dell’imputato dall’accesso al trattamento
di favore qualora egli non rispetti le decadenze normativamente fissate” (cfr.
1.

Data Udienza: 28/02/2014

P.Q.M.
annulla la impugnata sentenza con rinvio al giudice di pace di Firenze. Spese della parte
civile al definitivo.
Così deciso nella camera di consiglio del 28 febbraio 2014

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

recentemente, Sez. 4, n. 15882 del 28/02/2013, Rv. 255021; Sez. 5, n. 43174 del
04/10/2012, Iachini, Rv. 253750)
Invero, in una diversa decisione si è sostenuto che i termini di cui all’art. 35, comma 1
non sono assistiti da nullità o decadenza per il caso della loro violazione; che il giudice
non può qualificare perentorio un termine che la legge non definisce espressamente
tale; che l’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, la quale tenga
conto della indicazione proveniente dal giudice delle leggi per la quale “l’udienza di
comparizione, ove avviene il primo contatto tra le parti e il giudice, risulta sede idonea
per sollecitare e verificare la praticabilità di possibili soluzioni alternative” (C. cost., ord.
n. 231/2003), impone di qualificare come non perentori i termini in parola. Tuttavia, la
sentenza in causa Iachini, del tutto consapevolmente e in termini che questo Collegio
reputa condivisibili, ha osservato da un canto che l’intervento della Corte Costituzionale
appena citato si è dispiegato a riguardo del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 20 e non già
dell’art. 35, in riferimento alla questione della mancata previsione nella citazione a
giudizio dell’imputato dell’avviso al medesimo della facoltà di presentare istanza di
obiezione prima dell’apertura del dibattimento. Dall’altro lato, ha evidenziato come “le
peculiari scansioni temporali dettate dal legislatore perché le condotte riparatone
assumano nel procedimento dinanzi al giudice di pace non solo valore attenuante
nell’ottica della dosimetria del trattamento sanzionatorio – com’è in relazione agli illeciti
penali di competenza del giudice ordinario – ma addirittura efficacia estintiva del reato,
non possono che essere interpretate nel senso della loro perentorletà, con conseguente
decadenza dell’imputato dall’accesso al trattamento di favore qualora non rispetti le
scadenze normativamente fissate. E ciò sia in ragione della lettera della disposizione
menzionata e del suo coordinamento sistematico con quanto previsto nello stesso art.
35, comma 3 (che consentendo la sospensione del procedimento per provvedere
all’adempimento tardivo pone come condizione, altrimenti inutile, che l’imputato non
abbia potuto tempestivamente procedere al risarcimento), sia alla luce della ratio della
disposizione, che vuole promuovere in chiave deflattiva composizioni comunque
conciliatorie del conflitto scaturito dal reato. In tale ottica è dunque logico che il
legislatore abbia condizionato l’accesso all’effetto estintivo alla garanzia del più elevato
risparmio sui tempi processuali, prevenendo altresì possibili tecniche dilatorie da parte
dell’imputato”.
Nel medesimo senso, d’altro canto, si pone la più parte della giurisprudenza di
legittimità (Sez. 4 n. 12856 del 19/3/2010, P.G. in proc. Mizigoi, rv. 247032; Sez. 5 n.
40818 del 22/9/2005, P.m. in proc. Mirabelli, rv. 232802).
4. Nel caso di specie la condotta riparatoria è intervenuta il 9 febbraio 2012, mentre.
l’udienza di comparizione è stata celebrata il 9 giugno 2011, senza che in quella sede
l’imputato avesse provveduto, appunto, alla riparazione del danno cagionato né chiesto
di poter provvedere agli adempimenti di cui al comma 1 dell’art. 35 c itato,
dimostrando di non averlo potuto fare in precedenza. Non vi è quindi alcun du io in
ordine alla avvenuta celebrazione dell’udienza di comparizione in tempo antecedente
alla condotta riparatoria.
5. La sentenza merita quindi di essere annullata con rinvio, con trasmissione degli atti al
Giudice di pace di Firenze. Spese della parte civile al definitivo.

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