Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35272 del 24/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35272 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAVALLARO SALVATORE N. IL 24/07/1962
avverso l’ordinanza n. 2203/2012 TRIB. LIBERTA’ di TORINO, del
09/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE;
ou
o o zu ,;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

ciL du

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 24/04/2013

Il difensore del Cavallaro ha presentato ricorso per violazione di legge in riferimento agli artt. 273
cpp, 416 bis c.p.; vizio di motivazione in relazione all’asserita esistenza di un vincolo associativo
in una struttura criminale , fondata culturalmente e operativamente sul metodo intimidatorio.
L’organizzazione criminale , individuata nell’articolazione territoriale del “locale di Livorno
Ferraris” ,deriverebbe la sua capacità intimidatoria dalla complessiva associazione Ndrangheta, che
è però caratterizzata da assoluta segretezza,anche interna, circa l’identità degli affiliati ,per cui è
impossibile che i cittadini siano in condizione di assoggettamento ed omertà rispetto a una struttura
di potere della quale non conosce l’esistenza.
La partecipazione del clan alle elezioni è consistita nell’appoggiare la candidatura di una persona
legato ad alcuni conterranei da vincoli amicali, con metodi ortodossi e con finalità comuni a quelle
emergenti dal generale proscenio politico nazionale.
Secondo il ricorrente, specifici elementi emersi nel corso delle indagini ( la partecipazione ad
incontri dall’ignoto oggetto, la dazione di modeste somme di denaro in favore di Maiolo.
Pasquale,le dichiarazioni della donna, animata da rancore, già protagonista di una relazione extraconiugale con il fratello Ferdinando, il coinvolgimento in una polemica sul comportamento di
Maiolo Pasquale , nell’ambito di una questione di infedeltà extra-coniugale) non sono
assolutamente dimostrativi del suo inserimento nell’associazione criminale né la commissione di
qualsiasi delitto-scopo in concorso con eventuali sodali.
Il ricorso non merita accoglimento
Va premesso che la richiesta di riesame, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, ha la
specifica funzione di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai
requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la
legittimità del provvedimento coercitivo. Ne consegue che la motivazione della decisione del
tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal
citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi
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FATTO E DIRITTO
Con ordinanza 9.11.2012, il tribunale di Torino ha rigettato la richiesta di riesame e ha confermato
l’ordinanza 10.10.2012 del Gip del medesimo tribunale, applicativa della misura cautelare della
custodia in carcere a Cavallaro Salvatore , in ordine al reato ex art. 416 bis, commi 1,2,3,4,5 c.p.,
perché accusato di far parte, insieme ad altre persone,tra cui il fratello Ferdinando e il fratello
Bruno, dell’associazione mafiosa denominata Ndrangheta , operante da anni sul territorio
piemontese ed avente propri referenti in strutture organizzate insediate in Calabria- i cui
componenti sono sottoposti a procedimento giudiziario ,svolto dall’A.G. di Reggio Calabria- e in
articolazioni territoriali denominate “locali”, tra cui locale di Nichelino, di Chivasso , di Livorno
Ferraris( in cui è inserito il Cavallaro) .
Questa associazione,secondo gli inquirenti, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo
associativo e delle conseguenti condizioni di assoggettamento e di omertà, ha lo scopo di
commettere delitti in materia di armi, esplosivi e munizionamento, contro la vita e l’incolumità
fisica, contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico economico, nonché reati volti ad ostacolare il
libero esercizio del voto.
Il presente procedimento nasce da indagini , che sono state dagli inquirenti, denominate “Colpo di
coda” ,aventi ad oggetto il locale di Chivasso- la cui emanazione è il locale Livorno Ferraris- e
costituiscono lo sviluppo delle indagini, denominate “Minotauro”.
In entrambi i procedimenti nati da queste indagini, gli inquirenti hanno riconosciuto a un dato
fattuale (la raccolta di denaro destinato ai detenuti) l’efficacia dimostrativa della partecipazione, da
parte di chi vi presenzi come operatore o come beneficiario, all’associazione predetta, nelle sue
varie articolazioni .

Fatta questa premessa, va rilevato che il quadro indiziario delineato dal Gip e confermato dal
tribunale del riesame , contiene una ricostruzione storica e una valutazione giuridica, allo stato delle
indagini, sufficientemente giustificative della ritenuta sussistenza del reato di associazione mafiosa
ex art. 416 bis c.p. e della qualifica di partecipe attribuita al ricorrente.
Tale associazione denominata `Ndrangheta, di origine calabrese ,secondo gli inquirenti si è estesa
in Piemonte, attraverso alcune strutture decentrate ,tra cui il locale Livorno Ferraris , di cui è
indicato come componente il Cavallaro .
E’ noto che , a fronte della forma libera che caratterizza la fisionomia del reato associativo e della
mancata tipizzazione della relativa condotta di appartenenza, è stata fissata dal legislatore e
dall’interprete la tipicità delle caratteristiche fondamentali dell’associazione mafiosa, che sono tre :
la forza di intimidazione del vincolo associativo, cui consegue una condizione di assoggettamento
e di omertà di interi settori della comunità sociale di alcune aree del territorio nazionale ;
il metodo dell’associazione ,che consiste nell’avvalersi di tale forza intimidatrice;
il programma finale , avente ad oggetto la commissione di delitti , l’acquisizione ,in modo diretto o
indiretto, della gestione o del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni di
appalti e servizi pubblici , ovvero il conseguimento di profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri;
il condizionamento della vita democratica del paese, attraverso la limitazione del libero esercizio
del diritto di voto dei cittadini.
Sotto i primi due profili, autorevole dottrina richiama l’attenzione su di una caratteristica tipica
delle associazioni di stampo mafioso attualmente operanti : esse , a causa della fama acquistatasi
con atti di violenza o di minaccia a danno di chiunque ne ostacolasse l’attività , sono ormai in
grado di incutere timore per la loro stessa esistenza , generando in coloro con cui vengono in
contatto una condizione di assoggettamento , cioè di sottomissione incondizionata , e un
conseguente atteggiamento di omertà , cioè di reticenza e di rifiuto di collaborare con gli organi
inquirenti , dettato dalla esperienza di ritorsioni e rappresaglie,in danno dei trasgressori della regola
del silenzio . Tali requisiti si collegano, da un lato, agli effetti prodotti da precedenti
comportamenti intimidatori ; dall’altro, alla possibilità di utilizzare tali effetti per la realizzazione
dello scopo finale : si collegano ad un’attività precedente, perché l’associazione ha acquistato la sua
forza, proprio in virtù dei reiterati comportamenti di violenza e di minaccia; si riferiscono alla
possibilità futura di utilizzare questa forza , dato che questa ,oltre a consentire ai soci di poter
contare su un’efficace protezione (l’omertà), da parte di coloro che sono a conoscenza della
“cattiva fama” dell’organizzazione , fa apparire assai più agevole l’intimidazione di quei soggetti ,
la cui sottomissione all’associazione influisca sulla potenzialità dell’associazione di conseguire i
propri obiettivi nel campo economico, politico, giuridico.
Questo collegamento della forza intimidatrice con il passato presuppone quindi non solo pregresse
attività N criminose attività di violenza e minaccia , ma anche che esse abbiano manifestato uno
/ territoriale,mediatico tale da conferire una capacità promozionale
spessore qualitativo,
all’espansione del timore, dell’assoggettamento e dell’ omertà nella collettività originaria e in tutte

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necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e
tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di
colpevolezza. In questa chiave di pre-certezza del risultato degli accertamenti dell’autorità
inquirente- non necessariamente sfociante in una progressiva certezza- allorché sia denunciato,
con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del
riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza,per partecipazione ad
associazione mafiosa, alla Corte suprema spetta il compito di verificare se il giudice di merito
abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro
indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la
valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.

Un gruppo avente natura di associazione mafiosa si presenta quindi caratterizzato , nella
consolidata storiografia giudiziaria nel campo mafioso, da un nucleo di associati, da un programma
criminoso, da una proiezione territoriale della propria forza intimidatrice, da una o più tipologie di
condotte lecite e illecite, svolte in un molteplice fronte. In questa proiezione collettiva e corale alla
commissione di fatti criminosi , che possono infrangere le norme dello Stato, hanno acquistato
rilievo — agli occhi dei consociati e conseguentemente all’attenzione degli inquirenti dello Stato vincoli di fedeltà,di reciproca assistenza tra gli adepti dell’associazione, operanti nello scontro
,perdente, con il potere repressivo dello Stato ,esercitato con i provvedimenti ,processuali o
definitivi, di privazione della libertà personale di alcuni aderenti.
Questo aspetto organizzativo dell’associazione mafiosa di difesa , rispetto alla rivincita della legge
penale, ha messo in luce – nei processi aventi ad oggetto il crimine associativo — un dato
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le altre in cui l’associazione abbia deciso di radicarsi e di agire , in vista della realizzazione dei
programmi intermedi e del programma finale di sostanziale esercizio del potere uno o più territori.
Perché sia configurabile il fondamentale requisito dell’utilizzazione sistematica della forza
intimidatoria ( il cd metodo mafioso) , è stato posto l’interrogativo
– se sia necessario che l’associazione ne abbia tratto effettivamente utilità, ovvero
– se sia sufficiente che essa si proponga di utilizzarla, anche se poi non se ne sia concretamente
servita. In altri termini , il verbo avvalersi ,contenuto nella norma, allude necessariamente a uno
specifico ed esteriore comportamento intimidatorio ?
Esemplificando con ipotetiche manifestazioni della forza intimidatrice, è stato rilevato che il
messaggio intimidatorio può acquisire diverse forme, in correlazione al livello raggiunto dalla
“cattiva fama” dell’associazione , rappresentate da :
a) esplicito e mirato avvertimento mafioso —rispetto al quale il timore già consolidato funge da
rafforzamento della minaccia specificamente formulata b) messaggio intimidatorio avente forma larvata o implicita (avvertimento della sussistenza di un
interesse dell’associazione per un comportamento attivo o omissivo del destinatario, con implicita
richiesta di agire in conformità );
c) assenza di messaggio ,con silente richiesta, qualora l’associazione abbia raggiunto una forza
intimidatrice tale da rendere superfluo l’avvertimento mafioso, sia pure implicito.
In quest’ultima ipotesi di messaggio silente ,l’espressione utilizzazione della forza intimidatoria
non è ricollegabile a una specifica ,attuale condotta degli associati, ma a una situazione ,creata da
una pregressa ,vigente, attuale carica intimidatrice dell’associazione , che ,in virtù delle promozioni
di assoggettamento e omertà, non ha più bisogno di ricorrere a specifici comportamenti di violenza
e minaccia. Il metodo mafioso dell’avvalersi della forza intimidatoria — una volta che abbia creato
un’alone extraterritoriale , che ne proietta la forza intimidatrici al di là degli originari confini
geografici e socio-economici – non si manifesta necessariamente con contingenti atti di delinquenza
comune(i reati fine ,diretti alla coercizione, alla limitazione delle libertà di manifestazione del
pensiero, di produrre reddito esentasse da balzelli mafiosi , di rapportarsi lealmente con le
istituzioni, di esercitare i diritti politici), ma è ricostruibile con elementi fattuali , che, anche se non
illeciti, sono funzionali alla realizzazione di un indispensabile programma strumentale ,
realizzazione che riceve quindi spinta non da specifici atti promozionali di paura, assoggettamento,
omertà , ma dalla cattiva fama , conquistata in precedenza dall’associazione . L’ineludibile
funzionalità del programma intermedio alla realizzazione del programma finale lo rende oggetto di
dolo specifico, identificato nell’intenzione di ricorrere alla forza del vincolo associativo ,ove il
messaggio —fondato sulla fama- non abbia dato i previsti risultati di adeguamento degli altrui
comportamenti . Posto che qualsiasi organizzazione che gestisce in maniera illecita mezzi e fini,
non è disposta compromettere la propria esistenza e ad arrestare la propria azione dinanzi
all’eventualità che la loro fama si riveli insufficiente a piegare la volontà dei destinatari , i
componenti sanno e si son curati di far sapere di essere intenzionati a ricorrere a metodi di
persuasione più diretti ed espliciti.

Proprio il suindicato aspetto organizzativo di difesa mafiosa (la presenza degli indagati nella
raccolta e nella distribuzione di denaro,in funzione di riparazione dei guasti creati dall’intervento
punitivo dello Stato) ha ottenuto dai magistrati del presente procedimento il riconoscimento di
dato illuminante della sussistenza dell’associazione mafiosa e della partecipazione ad essa dei
ricorrenti ,così come è stato delineato nel capo di imputazione. Tale circolazione di denaro ha
portato il Gip e il tribunale del riesame alla considerazione che trattasi proprio della suddetta
corresponsione al detenuto , a titolo di compenso, per i meriti acquisiti in passato e a titolo di
vincolo ,per il futuro, Ipotecandone la persona e le energie al servizio dell’associazione mafiosa ,
di cui sono logicamente da ritenere componenti.
Il tribunale del riesame di Torino ha quindi confermato la razionale considerazione, secondo cui la
presenza di alcuni indagati tra i partecipi alla raccolta e alla distribuzione del fondo solidarietà
detenuti abbia efficacia indiziaria della partecipazione, da parte del!’ operatore o del beneficiario,
all’associazione predetta, nelle sue varie articolazioni Questa raccolta di denaro non è giustificata
da solidarietà familiare, in quanto gli inquirenti dimostrano di aver accertato che i versamenti
sono stati effettuati da persone che non sono legate da rapporti di parentela ai beneficiari In base
alle dichiarazioni di collaboratori, di cui è stata verificata l’affidabilità, hanno raggiunto il
convincimento che sussiste l’obbligo degli aderenti ad aiutare economicamente la famiglia, i cui
componenti sono detenuti ; da questo dato gli inquirenti hanno tratto la seguente considerazione : se
partecipare alle attività di sostegno dei consociati in carcere costituisce un preciso obbligo di quelli
liberi, ne consegue che tutti coloro che —senza essere indicati come soggetti di distinti rapporti
definiti altri con l’associazione- abbiano partecipato ad una colletta, sono consociati.
Secondo l’ordinanza del tribunale del riesame “La colletta deve intendersi inequivocabilmente
indicatore fattuale , da quale desumere la compenetrazione di tutti i partecipi nel tessuto
organizzativo associativo e, al tempo stesso, prova dell’affiliazione, in quanto i non associati ,per
quanto legati da stretta amicizia, non vi possono essere ammessi “(p. 25).
Fulcro di questo convincimento deriva dalle intercettazioni di conversazioni ambientali, intercorse
tra Marino Pietro —personaggio intraneo ad alto livello nell’associazione- e il figlio Antonino — nelle
date 14 e 18 dicembre 2011 e 12 ottobre 2012, aventi ad oggetto l’indicazione di autori e degli
importi dei versamenti , nonché dei beneficiari e dell’importo delle somme ad essi destinato.
L’obbligatorietà di contribuire alla raccolta di fondi, a scopo assistenziale (a beneficio materiale e
morale dei detenuti ,che percepiscono la persistenza, nonostante l’esilio carcerario, del rapporto
dare/avere con l’associazione ) è affermata anche da di Mihaela Andreea Sorocaniuc (legata al
sodale Cavallaro Ferdinando,fratello del ricorrente Salvatore e profondamente inserita nel costume
e nelle regole del clan) , in dichiarazioni datate 27.10.2012, a proposito della regola ,gravante sugli
“amici” dell’aiuto economico in favore dei familiari del detenuto (p. 24)
Anche il Cavallaro Salvatore è inserito in questa catena di solidarietà in difesa della compattezza
della struttura mafiosa, messa in pericolo dall’intervento punitivo dello Stato. Egli partecipa alla
raccolta di denaro in favore del vertice Maiolo Pasquale, senza che nessuna giustificazione sia stata
offerta a questa donazione, in modo da contestarne il carico indiziario , in relazione alla
partecipazione al clan di comune appartenenza. Il ruolo del ricorrente di capo locale
dell’articolazione Livorno Ferraris — sia pure in via interinale rispetto allo stabile ruolo del Maioloè razionalmente dedotto dai giudici di merito, dalla conversazione telefonica intercorsa il
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patrimoniale utile ai fini dell’individuazione dell’associazione della ricostruzione del rapporto
intercorrente tra gli indagati e l’associazione medesima : la inclusione dei primi tra i retribuiti con i
profitti criminali. Tale circolazione di denaro —in nome della solidarietà e della resistenza alla
legalità — ha condotto razionalmente ,all’interno della ormai consolidata storiografia giudiziariaalla considerazione che trattasi della corresponsione al detenuto , a titolo di compenso, per i meriti
acquisiti in passato e a titolo di vincolo ,per il futuro, ipotecandone la persona e le energie al
servizio dell’associazione mafiosa , di cui sono logicamente da ritenere componenti, sia pure con
limitata potestà di azione.

25.11.2011, tra il fratello Ferdinando e Brunina Chiera. Tale valutazione , ampiamente articolata
nella motivazione dell’ordinanza, è razionalmente idonea a smentire la qualifica di “chiacchiere da
bar” attribuita dalla difesa da un complesso scambio di conoscenze sulla struttura e sulla funzione
trasgressive del locale Livorno.
I giudici di merito hanno anche messo in evidenza la costante presenza del Cavallaro nelle riunioni
di preparazione e fondazione di questo nuovo locale , tra cui il fondamentale summit del primo
ottobre 2009, in casa del Maiolo Pasquale.
Altro elemento indiziante è tratto da un episodio di costume mafioso di cui è protagonista
quest’ultimo , dando spunto a serrate critiche dei suoi sottomessi . Si tratta dello “scandalo” che ha
investito il Maiolo ,in occasione di una maldestra difesa della sua qualità di “uomo di onore”,
tradito dall’amante rumena : alla notizia del tradimento, il capo locale si presenta per innocua
protesta in casa del concorrente Laquale Giovanni , insieme alla fedigrafa e alla figlia di costei,
ottenendo il risultato della minaccia di denuncia, da parte del Laquale. E’ durissima la critica del
Cavallaro e del Marino Pietro, che, nel corso di una telefonata di commento, giungono a porre in
dubbio la sua capacità di capo del locale mafioso ; dalle intercettazioni riportate dagli inquirenti
viene desunta l’intenzione del Cavallaro di usare questo scandalo ,per scalzarlo dal ruolo di
dirigente della struttura di Livorno Ferraris.
Altro elemento indiziario dell’alto rango di partecipe del Cavallaro Salvatore all’associazione —al
di là dell’accertato possesso, al momento dell’esecuzione del titolo cautelare- di due pistole con
matricola abrasa ed oltre mille cartucce di vario tipo — è razionalmente individuato dai giudici di
merito
a) nella vicenda di concorrenza nella gestione di sale da giochi , che vede come protagonisti anche i
Cavallaro e che si conclude con un accordo ,secondo cui a costoro è dovuto, in assenza di specifica
giustificazione ,i1 20% dei proventi di due sale, gestite dai concorrenti ;
b) nell suo ruolo di mediatore in una controversia di lavoro, grazie al quale l’iniziale richiesta di
27.000 euro viene compressa a € 4.500.
Altra connotazione di questo tipo di associazione criminale è costituito — alla luce di accertamenti
conseguiti con efficacia di giudicato- dell’inquinamento della democrazia degli enti territoriali :
nelle parti del territorio nazionale ,in cui il contropotere mafioso abbia acquistato una crescente
forza espansiva ,alcuni componenti degli organi deliberativi ed esecutivi ,si sono trasformati da
rappresentanti di legittimi interessi della base elettorale, in rappresentanti di illegittimi interessi dei
manovratori degli elettori : un consistente numero di cittadini , titolari del diritto al voto,sono stati
snaturati a meri utenti di scheda elettorale ,da inserire nel circuito commerciale, gestito
dall’organizzazione criminale. Si assiste così —in alcune parti del Paese- al paradosso della
democrazia rappresentativa : questa diventa strumento di rafforzamento della sopraffazione e della
tirannia dei poteri mafiosi , i quali ,grazie alle azioni di determinati eletti , si espandono dal
territorio all’interno delle istituzioni e, da queste, si ripresentano con maggiore autorevolezza e
maggiore forza di attrazione tra i consociati
Oggetto dell’accordo sono i voti fatti confluire dalla mafia verso l’eletto e l’impegno di questi di
sdebitarsi , assumendo specifiche iniziative amministrative e favorendo specifici personaggi, in
violazione delle regole giuridiche e in conformità alle regole del più forte.
Questo aspetto direttamente politico del fenomeno mafioso ( espresso nell’ inquinamento della
democrazia rappresentativa negli enti pubblici territoriali ) e l’inquadramento in esso del
comportamento di alcuni indiziati,appartenenti ad entrambi i suindicati locali di Chivasso e di
Livorno Ferraris, sono stati evidenziati razionalmente dall’ordinanza impugnata. Il tribunale
,confermando le argomentazioni dell’ordinanza coercitiva, ha conseguito il convincimento alla luce
dei criteri di scelta dei canditati —avulsi da opzioni ideali o comunque di dimensione sociale- e
funzionali esclusivamente agli interessi del gruppo ; ha razionalmente e insindacabilmente ritenuto
che ,a monte dell’individuazione dei candidati e del successo di taluno di essi tra i componenti
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Manda alla c

lleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 co. 1 ter disp.att.cp
Il presidente
Gennaro Marasc

dell’assemblea elettiva del comune di Chivasso – non sia previsto uno spontaneo ed autonomo
consenso da parte dei cittadini, ma un accordo tra la consorteria e l’aspirante consigliere
comunale, nella prospettiva di iniziative amministrative, favorevoli a specifici personaggi,
adottate in violazione delle regole giuridiche e in conformità alle regole del più forte. In tal senso è
stata correttamente interpretata la conversazione tra un candidato e Maiolo Pasquale, vertice del
locale Livorno , nel corso della quale quest’ultimo dissuade l’interlocutore da candidarsi alle
elezioni amministrative, in quanto già candidato “uno dei nostri”(p. 71).
Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Il consigliere
sore
Il presidente
g
Antonio Bev
Gennaro Marasc

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