Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35270 del 24/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35270 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NAPOLITANO MICHELE N. IL 20/01/1987
avverso l’ordinanza n. 1779/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
19/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. S. 04 Q, tiLL,7 D k us_

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Uditi difensor Avv.; \-Lt,-(

Data Udienza: 24/04/2013

Il ricorso non merita accoglimento, in quanto è infondata la tesi sostenuta dalla difesa, secondo cui
il tribunale non ha rilevato come il provvedimento di coercizione reale abbia violato il principio del
giudicato cautelare , per essere stata la quota del 50% della società NAMIEDIL s.r.1., già sottoposta
a sequestro (e poi dissequestrata) nell’ambito del procedimento penale avente ad oggetto tre
estorsioni aggravate dall’art. 7 L.203/91, commesse tra il 2004 e il 2006, dal Napolitano Felice,
padre del ricorrente.
Il tribunale ha compiutamente accertato e correttamente posto in evidenza che il nuovo sequestro,
anche se riguarda gli stessi beni, è stato emesso, ex art. 12 sexies L. 356/92, nell’ambito di altro
procedimento, avente ad oggetto altro reato, cioè la partecipazione, ex art. 416 bis c.p. del
Napolitano Felice al clan camorristico Belforte, operante nel territorio
di Marcianise e comuni limitrofi , nella cui programmazione e operatività non è segnalata
criticamente dal ricorrente la presenza delle predette estorsioni .
E’ di tutta evidenza, quindi , la non corrispondenza storico-naturalistica —in relazione alle
circostanze di tempo , di luogo ,di contesto oggettivo e soggettivo ,costituenti l’area degli
accertamenti giudiziari – tra il fatto associativo ,sottoposto al vaglio di questi organi inquirenti, e
i fatti estorsivi sottoposti alla valutazione dei giudici del procedimento concluso con la condanna.
Ne deriva l’impossibilità, da parte del ricorrente, di invocare il giudicato cautelare,non essendo

FATTO E DIRITTO
Con ordinanza 19.10.2012, il tribunale di Napoli ha rigettato l’appello presentato avverso
l’ordinanza di rigetto della richiesta,presentata nell’interesse di Napolitano Michele , terzo
interessato, di revoca del sequestro preventivo , emessa dal GIP in data 4.5.2012.
Il Gip aveva rigettato la richiesta di dissequestro della quota del 50% della società NAMIEDIL srl,
intestata all’istante, sul presupposto dell’assenza di nuovi fatti ,idonei a contrastare quando emerso
nel corso delle indagini a carico del padre Felice, indagato di partecipazione al clan Belforte,
operante nel territorio di Marcianise e comuni limitrofi.
La difesa aveva rilevato , nell’appello presentato dinanzi al tribunale del riesame, la violazione del
giudicato cautelare : nei confronti degli stessi beni era stato disposto il sequestro preventivo ,ma in
un altro procedimento a carico del Napolitano Felice, indagato per tre estorsioni aggravate dall’art.
7 L. 203/1991.
Secondo il tribunale, non può invocarsi il principio del ne bis in idem , che presuppone un’assoluta
coincidenza oggettiva e soggettiva, sussistente solo quando più provvedimenti siano stati emessi
per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona. Nel caso in esame ,il PM ha ottenuto un
secondo autonomo decreto di sequestro preventivo, nell’ambito di un processo, avente ad oggetto
un diverso fatto storico rispetto a quelli che avevano dato origine al primo provvedimento.
Nell’interesse di Napolitano Michele è stato presentato ricorso, in cui è ribadita la violazione di
legge, in riferimento agli artt. 321 ,649 cpp, 12 sexies L 356/1992, rilevando sia la non attribuibilità
dei beni a Napolitano Felice, sia la non sussistenza della sproporzione del reddito di Napolitano
Michele, con particolare riguardo alla quota del 50% della suddetta società.
Secondo il ricorrente la motivazione dell’ordinanza impugnata tradisce l’interpretazione corretta
dell’art. 649 cpp, in relazione all’art. 12 sexies citata : la diversità di oggetto (reato presupposto) e
di procedimento (due procedimenti connessi) perde ogni significato ai fini dell’accertamento del
giudicato cautelare, nel caso in esame, in cui nel primo processo- pur concluso con condanna del
Napolitano Felice- era stata decisa la restituzione dei beni al terzo,in ragione della provata
riconducibilità allo stesso dei beni, connessa alla provata liceità della provenienza dei medesimi.
Non può essere la sola sussistenza di un’imputazione concorrente, nell’ambito di un procedimento
connesso a carico del padre, a consentire un nuovo identico sequestro preventivo, sui medesimi
beni e per le medesime esigenze cautelari.

Roma, 24 aprile 2013
Il cons
estensore
Antonio bevere f 2

stata dimostrata la illegittima reiterazione del potere cautelare da parte dell’autorità giudiziaria
procedente.
Quanto alla doglianza concernente il requisito della sproporzione tra reddito di Napolitano Miche e
valore economico della quota del 50% del patrimonio della società, va rilavata l’assoluta genericità
della censura formulata nel presente ricorso.
Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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