Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35259 del 19/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35259 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
OSTUNI PIETRO N. IL 29/11/1972
avverso la sentenza n. 1194/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
25/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

”.2

Data Udienza: 19/06/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE — SEZIONE SETTIMA PENALE

Ricorso n. 50.901/2014 R.G.

Udienza del 19/6/2014 n. 185 del ruolo

Rilevato che l’imputato ha proposto ricorso per cassazione mediante atto, articolato in due motivi, redatto dal difensore di fiducia, dolendosi del diniego delle circostanze attenuanti generiche
e del trattamento sanzionatorio, denunziando violazione di legge e vizio di motivazione, ritenuta
inesistente, e, in proposito, deducendo: i) in ordine alla dosimetria della pena il riferimento alla
personalità del giudicabile non soddisfa l’obbligo della motivazione, trattandosi di fatto antecedente che non incide sulla situazione attuale; ) quanto alle circostanze attenuanti generiche la
motivazione di «mere frasi di stile» non idonee a dar conto della decisione;
Rilevato che, debitamente avvisati della trattazione della impugnazione davanti a questa Sezione, tabellarmente deputata alla declaratoria della inammissibilità dei ricorsi, né il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte ha presentato requisitorie, né il ricorrente ha
depositato memorie;
Considerato che il ricorso è manifestamente infondato: non ricorre — alla evidenza — il vizio
della violazione di legge: né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto
dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie); né sotto il profilo
della erronea applicazione, avendo il giudice a quo esattamente interpretato le norme applicate,
alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte; né, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato;
infine, il giudice di merito ha dato conto adeguatamente — come illustrato nel paragrafo che precede — delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da
illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di
legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati
sotto la prospettazione di v iti a della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure
di merito, sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per
cassazione, sono inammissibili a’ termini dell’articolo 6o6, comma 3, cod. proc. pen..
Considerato che conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso — preclusiva del
rilievo della prescrizione del reato maturata nelle more — e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché — non escludendosi profili di colpa nella proposizione
della impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la
Corte determina nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 19 giugno 2014.

Premesso che, con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Lecce — per quanto
qui rileva — rideterminando la pena nella misura infra indicata, ha confermato la condanna a
carico di OSTUNI Pietro, per la (sola) contravvenzione di detenzione abusiva di munizioni, commessa il 17 giugno 2009, motivando in ordine alla dosimetria delle pena e al diniego
delle circostanze attenuanti generiche: in applicazione dei criteri stabiliti dall’articolo 133 cod.
pen., tenuto conto della deteriore personalità dell’appellante, gravato da plurimi precedenti penale e in stato di arresti domiciliari (per altro titolo) all’epoca della commissione del reato, la
sanzione deve essere congruamente commisurata in tre mesi di arresto; i ridetti profili negativi e
la assenza di segni di resipiscenza ostano al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche;

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