Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3525 del 15/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3525 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MIANO SALVATORE N. IL 22/06/1935
avverso la sentenza n. 1141/2008 CORTE APPELLO di MESSINA, del
05/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. — 9ccen-cLaccì
che ha concluso per r
j,e,tio

e 24

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

(“A.0

9.1 v aw,

Data Udienza: 15/10/2013


FATTO E DIRITTO
Propone ricorso per cassazione Miano Salvatore avverso la sentenza della Corte di appello di Messina in
data 5 marzo 2012 con la quale, in riforma di quella di emessa all’esito del giudizio di primo grado, che era
stata di condanna, è stata dichiarata la prescrizione del reato per il quale si procedeva. E cioè quello di
diffamazione continuata, in danno di Formica Giuseppe, commesso il 3 aprile 2000. Con la stessa sentenza
sono state confermate le statuizioni civili.
L’imputato è stato ritenuto responsabile di avere indirizzato una missiva , oltre che al querelante Formica
quale Primario coordinatore del Dipartimento di sanità mentale di Messina Nord, anche a vari Direttori e
esercitare male il proprio incarico, dispensando, tra l’altro, favori e seminando ordini di servizio insensati.
Deduce
1)

la erronea applicazione dell’istituto della continuazione ex art. 81 cp. risultando che la condotta
incriminata è stata commessa con la spedizione di una unica lettera del 3 aprile 2000;

2)

la omessa motivazione in ordine alla tesi, riportata nei motivi di appello, dell’avere agito, esso
ricorrente, quale sindacalista. In tale veste egli aveva ricevuto lamentele da soggetti iscritti al
sindacato, a proposito di atteggiamenti discriminatori adottati dal querelante, che era Primario di
una struttura ospedaliera.
Tale assunto era stato liquidato, in sentenza, sulla base del rilievo che l’imputato non aveva
rinunciato alla prescrizione.
Ed invece, attesa la chiara giurisprudenza liberatoria in tema di critica sindacale, il giudice avrebbe
dovuto rilevare la causa di proscioglimento nel merito, ai sensi dell’art. 129 cpp.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
1. Esaminando innanzitutto la seconda ed assorbente doglianza, deve osservarsi che la situazione
processuale verificatasi nel caso di specie è stata quella della pronuncia, in primo grado, della condanna del
Miano per avere diffamato Giuseppe Formica, Primario coordinatore del servizio di sanità mentale Messina
nord, avendogli attribuito comportamenti professionali contrari alla deontologia e comunque ai suoi
doveri.
Con i motivi di appello , l’imputato, citando ampia giurisprudenza a sostegno, aveva chiesto che gli fosse
riconosciuta — diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice- la causa di giustificazione dell’esercizio
di un diritto e specificamente di quello di critica sindacale, avendo egli agito nella qualità di esponente
sindacale ed in difesa dei diritti, ritenuti violati, degli aderenti al sindacato stesso, soggetti passivi dei
comportamenti illegittimi contestati al Primario.
Ha dedotto, nei motivi stessi, che la riferibilità, delle frasi in contestazione, al menzionato diritto di critica
sindacale, era emersa chiaramente nel processo di primo grado quando era stato accertato che, nel 1999,
il primario era stato destinatario di nota di contestazione disciplinare finalizzata al recesso della ASL dal
rapporto di lavoro e che anche il querelante aveva ammesso in udienza di essere stato sospeso dal servizio
per un mese. Aveva segnalato, nella medesima prospettiva, le deposizioni, già acquisite nel processo di
primo grado, di due testi ( Della Villa e Cicceri).
A fronte di tali censure, il giudice dell’appello si è limitato ad osservare che era maturata la prescrizione del
reato e che tale evenienza andava rilevata, impedendo qualsiasi “eventuale” “accertamento o
approfondimento di qualsiasi natura”.Sulla base di tali premesse ha confermato le statuizioni civili.
1

Dirigenti dello stesso servizio, in area sia amministrativa che sanitaria, accusando il Formica stesso di

,

Con il ricorso è stata dedotta, anche sotto il profilo della violazione dell’art. 125 cpp, la totale carenza di
motivazione sulla sussistenza della causa di giustificazione, rilevante, deve qui aggiungersi, tanto agli effetti
penali che civili.
Ciò posto, deve osservarsi che non solo la sentenza è carente della necessaria motivazione presupposta
dalla statuizione di conferma della condanna al risarcimento del danno; ma, per di più è carente , e va
censurata, come preliminarmente richiesto in termini espressi dal ricorrente, sotto il profilo della
motivazione dovuta ai sensi degli artt. 125 e 129 cpp.
2. Ed invero, è noto che la giurisprudenza di legittimità, in termini assolutamente conformi e, del resto, in
nel senso che il giudice di appello o quello di legittimità, che dichiarino l’estinzione per amnistia o
prescrizione del fatto-reato oggetto di condanna in primo grado, sono tenuti a decidere sull’impugnazione
agli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili; essa dunque
comporta che i motivi di impugnazione dell’imputato devono essere esaminati compiutamente a tali effetti,
con la conseguenza che la sentenza di appello che non compia un esaustivo apprezzamento sulla
responsabilità dell’imputato merita censura e deve essere annullata con rinvio quanto alla conferma delle
statuizioni civili ( v. tra le molte, Sez. 5, Sentenza n. 5764 del 07/12/2012 Ud. (dep. 05/02/2013 ) Rv.
254965).
E già sotto tale profilo, la motivazione della sentenza impugnata rivela tutta la sua insufficienza ed anzi
totale carenza, per non essere stata sviluppata secondo le linee difensive delineate nei puntuali motivi di
appello.
2.a. Peraltro, nel caso di specie deve darsi atto che, del vizio di motivazione agli effetti civili, il ricorrente si
duole indirettamente, poiché il vizio che egli lamenta riguarda, in prima battuta, le statuizioni della
sentenza che sono logicamente presupposte da quelle di natura civilistica: egli infatti chiama questo
giudice della legittimità a censurare la assenza di motivazione da parte della Corte territoriale , riguardo al
tema, sollevato nei motivi di appello, della configurabilità della critica sindacale e, in definitiva, quindi, di
una causa di proscioglimento nel merito che , anche in presenza di una causa soprawenuta di estinzione
del reato, rileverebbe ai sensi dell’art. 129 comma 2 cpp.
Tale ultimo precetto prevede infatti, per il caso in cui maturi una causa di estinzione del reato, il dovere del
giudice di valutare se sia ( o meno ) “evidente” che — per quanto qui interessa- il fatto non costituisce
reato. Infatti, in tale ipotesi, egli non può dichiarare la causa di estinzione perché è diritto dell’imputato
sentire pronunciare la formula liberatoria nel merito.
E, sulla nozione di “evidenza”, le Sezioni unite, nella sentenza n. 35490 del 28/05/2009 Ud. (dep.
15/09/2009) Rv. 244274, hanno ribadito che, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice è
legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen.
soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del
medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non
contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di
“constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile
con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento.
2.b. Specularmente, deve ritenersi censurabile, da parte del giudice della legittimità, come fondatamente
richiesto dall’impugnante, la decisione del giudice dell’appello che, specificamente sollecitato sul punto
con motivi di doglianza, si sottragga al dovere di rispondere sulla esistenza ( o meno) di una “evidente”
causa di proscioglimento , desumibile dagli accertamenti già compiuti in primo grado.
2

linea con la lettera dell’art. 578 cpp, è attestata sul principio secondo cui la previsione di cottale norma è

Sul punto, non rileva in senso contrario il fatto che la stessa giurisprudenza di’W bia anche enunciato il
principio secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di
legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque
l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva ( Sez. U, sent. cit. Rv.
244275).
Ed infatti, tale principio vale a disciplinare il caso in cui , a fronte di una declaratoria di estinzione del reato
da parte del giudice dell’appello, il ricorso volto a far rilevare il vizio della motivazione miri ad ottenere,
nella sede del merito, una ricostruzione della vicenda in termini perplessi o dubitativi ( rientranti nella
formula dell’art. 530 comma 2 cpp) o comunque anche liberatori ma in assenza del requisito della
analisi già compiuta, in termini tali da comportarne un prevedibile rigetto.
In tali casi, infatti, il rilievo della carenza di motivazione, da parte della Cassazione, non potrebbe risultare
funzionale ad una decisione, del giudice del rinvio, diversa da quella della declaratoria di estinzione del
reato, dal momento che tale giudice , anche posto di fronte ad un fondato vizio di argomentazione, sarebbe
vincolato dalla necessità di non abbandonare il verdetto sulla estinzione, quando manchi la “evidenza” della
causa di proscioglimento invocata con i motivi di ricorso.
E’ appena il caso di ricordare sul punto, infatti, la altrettanto costante giurisprudenza – alla quale sembra
alludere il giudice a quo – che osserva come, all’esito del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di
contraddittorietà o insufficienza della prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa
di non punibilità (Sez. 6, Sentenza n. 4855 del 07/01/2010 Ud. (dep. 04/02/2010) Rv. 246138).
La stessa giurisprudenza, preceduta sul punto dalla più volte richiamata decisione delle SSUU del 2009, si
premura però di precisare che il principio appena enunciato incontra il limite, in sede di appello, dato dal
caso in cui, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza
della parte civile e in seguito ad un’espressa domanda in tal senso, il compendio probatorio ai fini delle
statuizioni civili, previa incidentale valutazione della responsabilità penale.ln tal caso, infatti, non vale più
alcun principio di economia processuale che impedisca di fare emergere in tutta la sua portata liberatoria,
la contraddittorietà o insufficienza probatoria.
Viceversa, la rilevazione del vizio di motivazione da parte della Cassazione, pur in presenza di una causa di
estinzione del reato, è comunque funzionale ad una sentenza di proscioglimento nel merito tutte le volte
nelle quali- presente o assente che sia il risvolto civilistico- l’omissione in cui è caduto il giudice dell’appello
riguardi una causa di proscioglimento apprezzabile “ictu oculi” e cioè con il connotato della “evidenza”.In
tal caso, infatti, non vi è vincolo alla declaratoria di estinzione, ma il giudice del merito può e deve dare atto
che il fatto non sussiste, o che l’imputato non lo ha commesso o che non costituisce reato ( o non è previsto
dalla legge come reato).
2.c. A tale conclusione non sembra di ostacolo il ragionamento seguito dalla recente sentenza delle Sezioni
unite n. 40109 del 18 luglio 2013 (dep. il 27 settembre 2013).
In questa, si rinviene un passaggio nel quale si sostiene che, secondo la costante giurisprudenza , in
presenza di una causa di estinzione del reato, la sentenza anche del tutto mancante della analisi sulla causa
di proscioglimento nel merito non è suscettibile di annullamento con rinvio agli effetti penali, ostandovi il
disposto dell’art. 129 comma 1 cpp; vi si afferma, di seguito, anche che, alla luce dei condivisi approdi della
sentenza delle SSUU del 2009 (Tettamanti), una volta che la Cassazione rilevi l’avvenuto accertamento, da
parte del giudice dell’appello, della assenza di responsabilità civile che riverberi necessariamente i suoi
effetti sul capo relativo alla responsabilità penale, potrebbe, se investita di ricorso sul capo penale, dare
3

“evidenza”, ovvero, a maggior ragione, quando appaia finalizzato a richiedere un approfondimento della


effetto a tale accertamento e annullare senza rinvio la declaratoria di estinzione perché su di essa prevale
l’accertamento liberatorio operato dal giudice dell’appello (soltanto) agli effetti civili.
Dunque, preso atto che anche la sentenza delle SSUU del 2013 finisce per ammettere la annullabilità- da
parte della Cassazione- della declaratoria di estinzione del reato quando, in appello, sia stato accertato il
fatto in termini di evidente sussistenza di una causa di proscioglimento nel merito, deve anche aggiungersi
che la affermazione, fatta nell’ambito della stessa sentenza, sulla non censurabilità della sentenza di
appello che dichiari la prescrizione e non motivi sulle cause di proscioglimento, debba essere
contestualizzata.
Ed invero, è doveroso osservare che tale affermazione delle SSUU, basata sul richiamo alle sentenze
riferita, come del resto in essa si afferma esplicitamente, al caso dell’art. 129 comma 1 cpp e cioè quello in
cui il giudice del merito si trovi, di regola in primo grado, a rilevare una causa di estinzione del reato quando
ancora gli accertamenti in fatto non sono esauriti o non hanno dato un risultato liberatorio inequivoco.
E’ in tale ipotesi che l’art. 129 comma 1 cpp gli impone, per evidenti ragioni di economia processuale, di
chiudere il processo rilevando la causa di estinzione, la quale non è ivi menzionata in un rapporto di subvalenza rispetto a quella del proscioglimento nel merito.
Ma se la causa di estinzione matura in appello ( o comunque , deve ritenersi, all’esito di una istruttoria di
primo grado del tutto completa e dai risultati inequivoci sulla innocenza), non opera più il primo comma
dell’art. 129 cpp, bensì il secondo comma il quale stabilisce, esso si,una gerarchia tra le formule
proscioglitive ed in particolare tra quella che dichiara la causa di estinzione, reputata, dallo stesso
legislatore, prevalente su quelle che hanno ad oggetto il merito, solo se queste ultime non sono “evidenti”.
E’ per tale ragione che nel caso del primo comma può affermarsi, come hanno fatto le Sezioni unite del
2013, che il giudice dichiara la estinzione e non è censurabile se non motiva sulla ragione per cui non ha
prosciolto nel merito: la sua sentenza non è dunque, impugnabile sotto tale profilo, mentre , deve
intendersi , la stessa affermazione non vale nel caso del secondo comma dell’art. 129 cpp perché, quando
tutti gli elementi di fatto sono emersi e sono noti, vi è un chiarissimo interesse della parte- riconosciuto
dallo stesso legislatore- alla motivazione, da parte del giudice, sul perché abbia applicato la causa estintiva
e non, piuttosto, riconosciuto una “evidente” causa di proscioglimento nel merito.
dp-kutu.o.
Deve -ffisi ritenersi che il principio affermato nella sentenza delle SSUU del 2013, sopra ricordato, a
proposito della incensurabilità della sentenza del giudice dell’appello che non motivi sulle cause di
proscioglimento, sia destinato ad operare anche nel caso del secondo comma dell’art. 129 cpp, quando il
vizio della motivazione denunciato sarebbe funzionale a porre “il giudice del rinvio …. nella medesima
situazione che gli impone l’obbligo della immediata declaratoria della causa di estinzione del reato”.
E’ con riferimento a tale ipotesi, infatti, che le SSUU, nella sentenza Tettamanti, dopo avere spiegato perché
la contraddittorietà della prova non è destinata a prevalere sulla causa di estinzione del reato, danno conto
della “coerente” ( con tale impostazione) giurisprudenza di legittimità che nega la rilevabilità del vizio della
motivazione in presenza di una causa di estinzione del reato.
2.d. Ed allora può senz’altro concludersi che, in caso di estinzione del reato dichiarata in appello, la
mancanza di motivazione da parte di tale giudice , sulla causa di proscioglimento nel merito che la parte
abbia invocato , con motivi specifici, come “evidente”, è soggetta a censura da parte della Cassazione e
comporta l’annullamento della sentenza, con rinvio al giudice penale dati gli effetti penali del decisum in
sede di rinvio ( nello stesso senso, v. Sez. 5, sentenza n. 13316 del 14/02/2013, Rv. 254984).

4

conformi del supremo consesso ( così, ad es., a Sez. un. n. 35490 del 2009) in realtà è in primo luogo

2.e. A ciò va aggiunto che, nel caso in cui il giudice del rinvio abbia la possibilità j in concreto, di compiere in
modo completo e liberatorio la propria doverosa disamina , agli effetti anche civili, secondo i criteri propri
di tale giudizio ( che nonólo quelli della evidenza ), si può porre il problema della efficacia di quella analisi
ai fini della riconoscimento, in favore dell’imputato, agli effetti penali, della formula assolutoria di cui
all’art. 530 cpp in tutte le sue ipotesi, così come sembra suggerito dalle due sentenze delle SSUU sopra
citate.
3. Orbene , tornando al caso di specie va posto in evidenza, come anticipato in premessa , che la sentenza
in esame è stata impugnata sotto il profilo della totale assenza di motivazione, denunciata anche nella
dell’esercizio di un diritto ex art. 51 cp e, in particolare, di quello alla critica sindacale: un tema- e una
violazione- rilevanti sia agli effetti penali che nella prospettiva della revoca delle statuizioni civili e quindi
destinato alla nuova disamina da parte della competente Corte d’appello, sia agli effetti civili, che, agli
effetti penali ai sensi dell’art. 129 comma 2 c.p.p.: con la precisazione che, ove la analisi condotta agli effetti
civili secondo il disposto dell’art. 578 cpp , dovesse condurre ad una ricostruzione della vicenda
compendiabile nella formula dell’art. 530 comma 2 cpp, a questa dovrebbe darsi prevalenza rispetto alla
declaratoria di estinzione, in adeguamento ai principi espressi dalla sentenza delle SSUU, ric. Tettamanti del
2009.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria per nuovo esame.

forma della violazione di legge ai sensi dell’art. 125 cpp, in relazione al tema della configurabilità

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