Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35248 del 19/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35248 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MINERBA AGOSTINO N. IL 08/06/1987
avverso la sentenza n. 5472/2010 TRIB.SEZ.DIST. di PISTICCI, del
13/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

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Data Udienza: 19/06/2014

Ritenuto in fatto e in diritto

Con sentenza resa il giorno 13.12.2012, ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen.
il Tribunale di Matera, sezione distaccata di Pisticci, applicava a MINERBA Agostino
-imputato dei numerosi episodi di violazione dell’art. 9 c. 2 I. 1423/1956- la pena
concordata tra le parti mesi otto di reclusione.

tramite del difensore, deducendo difetto di motivazione quanto alla congruità della
pena e quanto al riconoscimento della continuazione, nonché in ordine alla
qualificazione giuridica dei fatti.

Il ricorso è manifestamente infondato.
Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza
di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che
non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art.
129 c.p.p. Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena ex art. 444 c.p.p., – l’imputato non può rimettere in discussione profili
oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, il Collegio osserva che i motivi di ricorso appaiono basati su
motivi non consentiti dalla legge in sede di legittimità e comunque manifestamente
infondati, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è adeguato a
quanto contenuto nello accordo intervenuto fra le parti, ed alla luce di quanto
emergente dalle plurime annotazione di PG, ha escluso che ricorressero i
presupposti per il proscioglimento nel merito.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di legittimità (si vedano tra le altre, Cass. SS.UU. 27 marzo 1992,
Di Benedetto; SS.UU. 27 settembre 1995, Serafino; SS.UU. 25 novembre 1998,
Messina).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della

2.

Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato pel

cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro
millecinquecento, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro millecinquecento in favore della cassa delle

Così deciso in Roma, 19 giugno 2014.

ammende.

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