Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3524 del 10/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3524 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Guadalaxara Alfredo, nato a Ocre 1’11.11.1954, avverso la sentenza
pronunciata dal giudice di pace di L’Aquila il 9.10.2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. D’Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente il difensore di fiducia, avv. Vincenzo De Benedictis,
del Foro di L’Aquila, che si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone
l’accoglimento.

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 9.10.2012 il giudice di pace di l’Aquila
condannava Guadalaxara Alfredo, imputato dei reati di cui agli artt. 81,

Data Udienza: 10/10/2013

cpv., 594 e 612, c.p. (capo a) e 582, c.p. (capo b), commessi, secondo
l’impostazione accusatoria, il giorno 8 febbraio 2009 in Ocre, in danno di
Lattanzi Angelo, alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato di
cui al capo b), assolvendolo dal reato di cui al capo a), con la formula
per non aver commesso il fatto.

2. Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo ricorso per Cassazione
l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, articolando due
motivi di impugnazione.
3. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta il vizio di cui all’art. 606, co.
1, lett. c), c.p.p., in quanto l’affermazione della penale responsabilità
dell’imputato in ordine al reato di cui al capo b), si fonda sulle
dichiarazioni di Lattanzi Angelo, il quale, tuttavia, pur essendo imputato
di un reato collegato a quello per cui si procede (circostanza nota al
giudice procedente), non è stato sentito con le modalità previste dall’art.
210, c.p.p., in particolare senza che il giudice di pace gli abbia dato il
preventivo avviso della facoltà di non rispondere, di cui al comma quarto
del menzionato art. 210, c.p.p., facoltà dal cui mancato consapevole
esercizio discende l’assunzione della qualità di testimone della persona
imputata in un procedimento connesso o collegato, che non abbia reso in
precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell’imputato del
procedimento principale, e, quindi, l’utilizzabilità del contenuto della sua
deposizione, nel caso di specie, dunque, inutilizzabile, in quanto resa da
soggetto che, in conseguenza del mancato avviso, risulta incompatibile
con l’ufficio di testimone, ex art. 197, co. 1, lett. b), c.p.p.
4. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta la
mancanza, l’illogicità e la contraddittorietà, sotto il particolare profilo del
travisamento della prova, della motivazione dell’impugnata sentenza, in
quanto la decisione del giudice di merito si fonda sulle dichiarazioni del
Lattanzi, non valutate con il rigore imposto dalla circostanza che
quest’ultimo si è costituito parte civile nel relativo procedimento ed è, al
tempo stesso, imputato in altro procedimento in cui persona offesa è il
Guadalaxara, avendo il giudice di pace, inoltre, omesso una “seria e
completa valutazione delle prove” assunte, utilizzando criteri

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(4)-

contraddittori ed illogici nella valutazione delle prove stesse, con
particolare riferimento alla documentazione medica attestante le lesioni
patite dalla persona offesa ed alla deposizione del teste a discarico
Spinelli.
4. Il ricorso deve essere accolto, essendo fondato il primo motivo di

5. Ed invero ritiene il Collegio di condividere i principi di diritto affermati
dalla Suprema Corte, nella sua espressione più autorevole, secondo cui
non può assumere l’ufficio di testimone, senza il previo avviso di cui alla
lett. c) del comma 3 dell’art. 64 c.p.p. e senza il rispetto delle norme che
regolano l’assunzione delle dichiarazioni del teste assistito, il soggetto
che cumuli in sé le qualità di persona offesa dal reato e di indagato in
atto, o imputato nei cui confronti non sia stata emessa sentenza
irrevocabile, in un procedimento connesso a sensi della lett. c) del
comma 1 dell’art. 12 c.p.p., o relativo a un reato collegato a norma della
lett. b) del comma 2 dell’art. 371 c.p.p.; laddove può assumere l’ufficio
di testimone, senza il previo avviso di cui alla lett. c) del comma 3
dell’art. 64 c.p.p. ma con il rispetto delle norme che regolano
l’assunzione delle dichiarazioni del teste assistito, la persona offesa che
sia anche imputata in un procedimento connesso a sensi della lett. c) del
comma 1 dell’art. 12 c.p.p., o relativo a un reato collegato a norma della
lett. b) del comma 2 dell’art. 371 c.p.p., dopo che nei suoi confronti sia
stata emessa sentenza irrevocabile, salvo che tale sentenza sia di
proscioglimento per non aver commesso il fatto, nel qual caso non
sussistono neppure i limiti di cui ai commi 3 e 6 dell’art. 197 bis c.p.p.
(cfr. Cass., sez. un., 17/12/2009, n. 12067, D.S.A., rv. 246376).
Ne consegue, pertanto, che sono inutilizzabili, ai sensi del combinato
disposto degli artt. 197 bis, co. 2, e 197, lett. b), c.p.p., le dichiarazioni
rese dalla persona offesa, nei cui confronti penda procedimento per un
reato commesso nelle stesse circostanze di tempo e di luogo ai danni
dell’imputato – quindi “collegato” a norma dell’art. 371, co. 2, lett. b),
c.p.p., richiamato dai citati artt. 197 bis, co. 2, e 197, lett. b), del codice
di rito – che sia stata sentita quale testimone senza l’osservanza delle

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impugnazione.

garanzie riconosciute al testimone assistito. (cfr. Cass., sez. V,
28/10/2010, n. 1898, M. C., rv. 249045).
Evidente, dunque, l’errore in cui è incorso il giudice di pace di L’Aquila,
che, pur riconoscendo al Lattanzi la qualità di indagato in un
procedimento connesso a quello per cui stava procedendo (si tratta in

collegato, in quanto per il medesimo episodio verificatosi in Ocre
1’8.2.2009, il Guadalaxara aveva sporto denunzia-querela nei confronti
del Lattanzi in data 10.2.2009), ha proceduto alla sua escussione, senza
provvedere al previo avviso di cui alla lett. c) del comma 3 dell’art. 64
c.p.p., ritenendo, ciònonostante, utilizzabili le dichiarazioni della persona
offesa sul presupposto che nel corso della sua deposizione
dibattimentale il Lattanzi era comunque assistito da un difensore, “con
evidente garanzia della forma prevista dall’art. 210/6 c.p.p.” (cfr. pp. 2 e
3 dell’impugnata sentenza).
6. La fondatezza del primo motivo di ricorso assorbe in sé quanto
dedotto con il secondo motivo di impugnazione.
7. Sulla base delle svolte considerazioni la sentenza impugnata va,
dunque, annullata, in relazione alle statuizioni relative alla condanna
dell’imputato per il reato di cui al capo b) dell’imputazione, con rinvio al
giudice di pace di L’Aquila per nuovo esame, che dovrà svolgersi in
conformità ai principi di diritto in precedenza indicati.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo b)
con rinvio al giudice di pace di L’Aquila per nuovo esame.
Così deciso in Roma il 10.10.2013.

realtà di un procedimento sorto a carico di quest’ultimo per un reato

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