Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35233 del 03/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 35233 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di Russo Liberato, nato a Castellammare di Stabia il
5-6-69, avverso l’ordinanza in data 15-1-13 del Tribunale di Torino;
visti gli atti, l’ordinanza ed il procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere, dott. Vincenzo Rotundo;
Udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale,
dott. Sante Spinaci, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento
impugnato.
Uditi gli avv.ti Vincenzo Propenso e Alfonso Furgiuele, cha hanno insistito per
l’accoglimento del ricorso.

FATTO E DIRITTO
1 .-. Russo Liberato ha proposto, tramite i suoi difensori, ricorso per cassazione
avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale, in data 15-1-13, il Tribunale di
Torino, adito ex art. 324 c.p.p., ha annullato in parte il decreto di sequestro preventivo
emesso in data 8-12-12 dal GIP di Torino delle posizioni bancarie intestate a lui ed ai
suoi familiari, così come individuate nel dispositivo di detto decreto, limitatamente a
quanto eccedeva il saldo attivo complessivo di euro cinquecentomila, ordinando il
dissequestro dei beni eccedenti rispetto al predetto tetto di euro cinquecentomila e
confermando il sequestro entro detto tetto.
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione di legge in ordine alla
individuazione del “prezzo” del reato di corruzione ascritto al Russo. In particolare, si
sostiene la erroneità delle conclusioni del Tribunale in base alle quali gli stipendi
corrisposti ai parenti dei coindagati (Terlizzi; Sambuca; Pecoraro) assunti grazie alla
raccomandazione dei medesimi funzionari pubblici rappresenterebbero il prezzo della
corruzione, in quanto si tratterebbe di emolumenti corrisposti, direttamente o
indirettamente, da GEC (società aggiudicataria dell’appalto per la gestione dei tributi in
Campania). In base alla giurisprudenza di legittimità, infatti, il prezzo del reato deve
essere inteso in senso tecnico quale corrispettivo dell’esecuzione del reato pattuito e
percepito dal pubblico ufficiale corrotto e non è riconducibile alla nozione di “prezzo in
senso tecnico” qualsiasi utilità connessa al reato, ma soltanto quella materialmente
corrisposta al corrotto.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione di legge in ordine al
concorso del Russo nel reato di corruzione propria con precipuo riguardo alle
assunzioni clientelari quali controprestazione del pactum sceleris. Segnatamente si
sottolinea che il Russo non aveva percepito né direttamente né indirettamente gli
stipendi dei parenti dei coindagati (Terlizzi; Sambuca; Pecoraro), i cui importi,

Data Udienza: 03/05/2013

2.-. Il primo motivo di ricorso è fondato.
Come del resto rilevato anche nell’ordinanza impugnata, questa Corte ha già
chiarito che la confisca “per equivalente” prevista dall’art. 322 ter, comma primo,
ultima parte, cod. pen., nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta
per taluno dei delitti di cui agli artt. da 314 a 320 cod. pen., può essere rapportata, in
base al testuale tenore della norma, non al “profitto” ma soltanto al “prezzo” del reato,
inteso quest’ultimo in senso tecnico e non identificabile, quindi, in ciò che ne
costituisce il provento (v. in particolare: sez. 6, Sentenza n. 12852 del 13/03/2006, Rv.
233742, Ingravallo).
D’altra parte , secondo la giurisprudenza di questa Corte, il prezzo consiste nel
corrispettivo dell’esecuzione del reato pattuito e percepito dal suo autore; ne deriva che
non è riconducibile alla nozione di “prezzo in senso tecnico” qualsiasi utilità connessa
al reato, ma soltanto quella materialmente corrisposta al corrotto, sicché a questa
nozione non possono con ogni evidenza essere ricondotti gli stipendi corrisposti ai
parenti dei coindagati, assunti grazie alla raccomandazione dei medesimi funzionari
pubblici, sul solo presupposto che si tratterebbe di emolumenti corrisposti, direttamente
o indirettamente, da GEC.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso rende ultroneo l’esame delle ulteriori
censure prospettate dal ricorrente.
3 .-. Per le considerazioni sopra svolte si impone l’annullamento dell’ordinanza
impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Torino.
Per questi motivi
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Torino
Roma, ~3.

3-53o13

unitamente a quelli riguardanti non meglio precisati donativi (questi sì effettivamente
ricevuti dal Russo) erano stati quantificati in euro cinquecentomila.
Con il terzo motivo di ricorso si eccepisce violazione di legge in ordine alla
ripartizione del quantum del prezzo da confiscare (e, quindi, sequestrare) per
equivalente tra i concorrenti nel reato di corruzione propria.

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