Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35231 del 03/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 35231 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: ROTUNDO VINCENZO

Data Udienza: 03/05/2013

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di Russo Liberato, nato a Castellammare di Stabia il

5-6-69, avverso l’ordinanza in data 20-12-12 del Tribunale di Torino;
visti gli atti, l’ordinanza ed il procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere, dott. Vincenzo Rotundo;
Udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale,
dott. Sante Spinaci, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Uditi gli avv.ti Vincenzo Propenso e Alfonso Furgiuele, cha hanno insistito per
l’accoglimento del ricorso.
FATTO E DIRITTO
1 .-. Russo Liberato ha proposto, tramite i suoi difensori, ricorso per cassazione
avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale, in data 20-12-12, il Tribunale di
Torino, adito ex art. 309 c.p.p., ha confermato la misura cautelare della custodia in
carcere applicata al predetto dal GIP di Torino in data 21-11-12 per i reati di
associazione a delinquere diretta a corrompere pubblici funzionari e a turbare incanti
[capo H)] e di corruzione finalizzata a favorire l’espansione dei servizi di riscossione
settoriale della GEC Spa nella Regione Campania in cambio di regalie e/o assunzioni
clientelari [capo F)].
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in
relazione al reato di corruzione di cui al capo F) della rubrica, In particolare, si
denuncia la mancata individuazione degli atti contrari ai doveri di ufficio attribuiti ad
esso Russo e delle controprestazioni richieste (denaro o altra utilità); si sottolinea la
totale incongruenza del valore dei donativi rispetto alla presunta attività contraria ai
doveri di ufficio ascritta ad esso Russo; si evidenzia che nella motivazione
dell’ordinanza in realtà si prospetterebbero unicamente delle “blandizie” da parte dei
dirigenti della GEC nei confronti di esso indagato.
Con il secondo motivo di ricorso si denunciano gli stessi vizi in ordine alla
ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di cui all’art.
416 c.p. contestato sub H), non essendo stati indicati gli elementi in base ai quali poteva
ritenersi accertato che esso Russo avesse accettato un accordo generalizzato volto alla
consumazione di un numero indeterminato di delitti.
Con il terzo motivo di ricorso si eccepisce vizio di motivazione in riferimento alla
ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.

1

2 . . Il ricorso è infondato.
Il Tribunale ha riportato il testo delle conversazioni intercettate, in base alle
quali, con argomentazioni logiche e rispondenti alle risultanze delle indagini, ha
ritenuto accertato il grave quadro indiziario a carico dell’indagato, funzionario
della Regione Campania, per i reati a lui ascritti. In particolare: i dirigenti GEC
nel corso di detti colloqui definivano il Russo come “il loro uomo” all’interno
della Regione; dalle conversazioni risultava accertata la erogazione di indebite
regalie agli interlocutori pubblici da parte della GEC, così come la pratica di
ricorrere a bandi pilotati in favore di detta società; in base ai colloqui intercettati
ed alla documentazione acquisita era stato possibile individuare la gara
manipolata e le fasi degli illeciti interventi (v. pagg 13 e 14 del provvedimento
impugnato); sempre dalle captazioni era emerso con chiarezza il ruolo del Russo,
la sua propensione ad accettare remunerazioni e regalie indebite e suoi contributi
ad assunzioni clientelari.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale ha rilevato che la posizione del Russo
era analoga a quella del Fadelli e del Terlizzi e che valevano anche per lui le
considerazioni già svolte per questi coindagati in ordine al pericolo di
inquinamento probatorio e di reiterazione di fatti della stessa specie. Tale esigenze
—ha sottolineato il Tribunale- potevano essere adeguatamente tutelate
esclusivamente dalla custodia in carcere.
In definitiva, il tessuto motivazionale della ordinanza impugnata non presenta
affatto quella carenza o macroscopica illogicità del ragionamento del Giudice di
merito che, alla stregua dei principi affermati da questa Corte, può indurre a
ritenere sussistente il vizio di cui alla lettera e) dell’art. 606 c.p.p., nel quale
sostanzialmente si risolvono le censure. Come si è visto, le argomentazioni del
Tribunale sono logiche ed adeguate e, a fronte di esse, il ricorrente si é limitato
sostanzialmente a dedurre, in modo apodittico, tesi di segno contrario. Ma non
può costituire vizio deducibile in sede di legittimità la mera prospettazione di una
diversa (e, per il ricorrente, più adeguata) valutazione delle risultanze delle
indagini. Non rientra, infatti, nei poteri di questa Corte quello di compiere una
“rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, essendo il
sindacato in questa sede circoscritto alla verifica dell’esistenza di un logico
apparato argomentativo sui vari punti della decisione.
3 . . Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

Per questi motivi
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 14044424 3 – 5- 7-o ■ 3

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