Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35222 del 16/05/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 35222 Anno 2013
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAPRETTI LUIGI N. IL 27/12/1960
CUTOLO PAOLO N. IL 05/02/1954
FERRANTE PALMA N. IL 31/01/1964
GERVETTI NICOLA N. IL 25/03/1961
LAPERUTA LUIGI N. IL 20/02/1956
SCUTER LUIGI N. IL 27/11/1962
avverso la sentenza n. 12624/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
08/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. EMANUELE DI SALVO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

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< C2-( t7. A CE vt A Udito, per la parte vile, l'Avv D-- -t /144tt'zt Data Udienza: 16/05/2013 141- e e A- 4. Uditi difensor A. ii -4 1, A LL ru4 /f'/ ( A44• 1114 &-4 1E (- EttFzF (s 9057 r 6-(olti ivi‘ 4 ( RITENUTO IN FATTO Capretti Luigi , Cutolo Paolo , Ferrante Palma , Gervetti Nicola , Laperuta Luigi , Scuter Luigi ricorrono per cassazione , personalmente o tramite i rispettivi difensori , avverso la sentenza emessa dalla Corte d'appello di Napoli i in data 8-5-2012, in ordine ai seguenti delitti : Gervetti , Laperuta , Scuter : 416 co 1 , 3 , 4 e 5 cp per aver fatto parte di un'associazione finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio ( rapine , furti , ricettazioni ) e contro la PA ( corruzioni , abusi ,omissioni , concussioni e peculati) e ad altre attività illecite , come il contrabbando di TLE .Con l'aggravante del numero di persone superiore a dieci e dell'utilizzo di armi da fuoco (Capo A). Secondo la prospettazione accusatoria, quest'associazione aveva instaurato un pactum sceleris tra alcuni appartenenti alla squadra di p. g. della Polizia stradale di Napoli e un gruppo di persone denominato "banda del buco", dedito alla commissione di rapine e furti nella Provincia di Napoli , mediante la tecnica della bucatura della gomma dell'auto su cui si trovavano le parti offese . L'accordo prevedeva che gli agenti di p.g. aiutassero i componenti della banda, evitando l'arresto, la denuncia a piede libero e l'identificazione dei responsabili dei furti e delle rapine. In cambio, De Gaetano Aniello , il capo del sodalizio, doveva assicurare una serie di vantaggi economici consistenti nella dazione settimanale di somme di danaro e di doni di notevole valore; nel consentire agli appartenenti alla p.g. di prelevare presso esercizi commerciali merce varia che i membri della banda avevano già pagato; nell'acquistare dagli ufficiali di p.g. TLE di contrabbando , di cui i poliziotti avevano omesso di formalizzare il sequestro ; nel fornire informazioni per possibili operazioni di p.g. , che talora si trasformavano in ulteriori occasioni di profitto per gli appartenenti alle forze dell'ordine, come, ad esempio, la sottrazione di un furgone dell'ENEL carico di TLE di contrabbando . Fatti avvenuti nella provincia di Napoli dal 1993 a tutto il 1995. 1.1. Capretti Luigi : reato di cui agli artt 110, 81 cpv e 314 cp , in relazione alla sottrazione di 22 quintali di zucchero ,che veniva poi rivenduto a terzi . Sottrazione effettuata in qualità di Appuntato dei Carabinieri di Casoria e nell'esercizio delle sue funzioni , essendo stato incaricato , unitamente ad altri Carabinieri , del recupero dell'autocarro e della merce oggetto di una i 1. rapina, avvenuta il 20-3-1996. In Agro di Casoria il 20 e il 21 marzo 1996 ( 1.2. Cutolo , Ferrante, Gervetti , Laperuta , Scuter : reato di cui agli artt 328, 323 cpv , 81 cpv , 110, 112 n 1 , 476, 479 cp per avere , in concorso tra loro , in qualità di componenti della Squadra di p.g. della Polizia Stradale di Napoli, omesso di effettuare i dovuti accertamenti ovvero dichiarato circostanze non veritiere, al fine di favorire i componenti della "banda del buco", onde evitarne l'arresto e il fermo, anche omettendo di effettuare, nella quasi totalità dei casi, i controlli presso le abitazioni e i luoghi frequentati solitamente dagli indagati , al fine di reperire elementi utili alle indagini , anche laddove vi era stata l'identificazione da parte delle persone offese, talvolta giustificando l'omissione affermando, nell'informativa indirizzata alla Procura, contrariamente al vero, di non conoscere il domicilio della persona indagata; non mostrando le foto di pregiudicati e affermando poi il contrario nell'informativa ;omettendo di segnalare l'identificazione nei verbali di p.g. e inviando in Procura denunce contro ignoti ; omettendo di indicare episodi di violenza e una serie di altri elementi che avrebbero determinato la trasmissione degli atti alla Procura presso il Tribunale ; affermando , contrariamente al vero, che non vi era stata identificazione da parte delle persone offese; fornendo ,in alcuni casi , alle parti lese false indicazioni per dissuaderle dal riconoscere nelle foto gli autori del reato ( dicendo , ad esempio , che la persona effigiata era detenuta ) o favorendo la restituzione della refurtiva in cambio di una dichiarazione negativa , da parte del soggetto passivo, in merito al riconoscimento; falsificando le firme del dirigente, dr Roberto Gabrieli ; non trasmettendo o trasmettendo con grave ritardo alla Procura le informative e le denunce delle persone offese(Capo A2). 2. Capretti Luigi, nei confronti del quale vi è stata declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, deduce violazione degli artt 129 e 192 cpp e vizio di motivazione della sentenza , poiché una corretta lettura dei dati processuali avrebbe dovuto condurre ad una assoluzione nel merito. Il ricorrente infatti, durante la telefonata "incriminata",si trovava in un luogo lontano dal locus commissi delicti . La Corte d'appello ha travisato le dichiarazioni del teste di p.g. Ciangola , il quale ha riferito che alle ore 24 il Capretti si trovava presso il deposito di Arpino , cioè in un luogo diverso e distante dal luogo di commissione del reato ;le dichiarazioni del teste di p. g. Sequino , il quale ha riferito di aver incrociato il Capretti alle ore 0,35 e di essere rientrato con quest'ultimo in Caserma ad Arpino ; e le dichiarazioni del teste di p.g. Polverino , che ha riferito che il Botta si rivolgeva al Capretti dandogli del "voi" e mai in modo confidenziale , come invece fa nella telefonata n 1068 del 20-3-96 delle ore 23,45 , rivolgendosi a tale "Giggino" , erroneamente individuato nel ricorrente. Dunque, tra le ore 23,45 e le h 24 del 20-3-1996 2 capo Y). 3 e cioè nel momento in cui il Botta , parlando al telefono con la moglie interloquisce con tale "Giggino" , il brigadiere Capretti si trovava altrove , addirittura & 10 km di distanza dall'autorimessa del Botta , alla presenza di altri colleghi. 3. Laperuta Luigi deduce violazione degli artt 416 cp e 192 cpp e inosservanza degli artt 328, 323 , 476, 479 cp e 192 cpp nonché vizio di motivazione e violazione dell'art 62 bis cp . Ingiustificatamente infatti il giudice di secondo grado ha ritenuto attendibili le dichiarazioni di De Gaetano Aniello, inficiate dall'astio nei confronti degli imputati, non corroborate da alcun riscontro estrinseco e costituenti l'unico elemento di prova . Non si comprende, in particolare, su quali elementi poggi il convincimento che tra il ricorrente e gli altri imputati vi fosse stato un vero e proprio accordo associativo , pur in assenza di prova in merito al vantaggio , in generale, ricevuto dagli agenti della polizia stradale , in cambio della loro attività di copertura , non essendovi d'altronde neanche la dimostrazione dell'organicità del contributo offerto dai poliziotti alla realizzazione dei fini dell'associazione capeggiata da De Gaetano. 3.1. Non si comprendono infine le ragioni per le quali non sono state concesse le attenuanti generiche. 4. Cutolo Paolo rappresenta che egli era stato condannato in primo grado esclusivamente per i reati di falso . Ma le informative erano state redatte da altri appartenenti all'ufficio di p. g. e poi sottoposte al Cutolo per la sola firma .11 Cutolo era ,all'epoca, un funzionario giovane, inesperto e gravato da altri incarichi , ragion per cui si affidava all'operato del personale dipendente. Ma non era affatto in mala fede, come si evince anche dal rifiuto, da parte sua, dei regali che gli erano stati fatti . E comunque i nominativi dei responsabili dei reati e tutti gli elementi rilevanti erano indicati nel corpus delle informative, pur laddove esse , nell'intestazione , erano a carico di "ignoti". La declaratoria di responsabilità si basa su mere sensazioni soggettive del chiamante in correità , prive di riferimenti personali al Cutolo, e su generiche affermazioni relative ad una asserita dimestichezza con i soggetti ritenuti responsabili dei reati , senza alcuna indicazione delle ragioni per le quali da tale dimestichezza si inferisce la collusione. Viene addirittura addebitata al Cutolo la sottoscrizione di atti non firmati da lui o la cui firma era stata disconosciuta dal ricorrente. 5. Ferrante Palma deduce abnormità della sentenza poiché erroneamente la Corte d'appello ha affermato che quello contestato al capo A2 non è un concorso di reati ma un solo reato. Non viene indicato neanche quale sia questo reato onde non è dato sapere per quale delitto sia intervenuta condanna. Ciò nonostante , la Corte , assolvendo per i reati collegati alla pratica n. 96 , ha, contraddittoriamente , ridotto la pena, come se si trovasse di fronte ad una pluralità di reati. Ragion per cui l'inosservanza dell'art 81 cp e la conseguente 4 determinazione complessiva della pena , senza alcuna indicazione di quella stabilita per il reato più grave e dell'aumento per la continuazione, rende nulla la sentenza. 5.1. Con riferimento alla pratica n. 61 ( Cafora —Lampilli ), la ricorrente osserva che nessuna omissione , in particolare relativamente all'avvenuto riconoscimento fotografico del reo ,è dato riscontrare , anche perché ,in caso contrario , il denunciante Cafora , che era l'ex dirigente della Criminalpol di Roma , avrebbe assunto ogni opportuna iniziativa. Viceversa , egli sottoscrisse il verbale ,senza nulla eccepire. Ed anzi la ricorrente ha riferito come sia stato il Cafora a dettarle il contenuto del verbale. 5.2. Per quanto attiene alla pratica n. 101 (Mattera ) , si contesta alla Ferrante di aver distrutto il verbale originario, contenente il duplice positivo riconoscimento dei responsabili , sottoscritto dalla vittima del reato , sostituendolo con altro verbale ,in cui si dava atto del riconoscimento del solo Aprea,tacendosi di quello del Palumbo, e in cui si falsificava la firma della Mattera. Ma quest'ultimo verbale risulta sottoscritto anche da Giuseppe lannacci e ltala Secondi , che non hanno mai posto in discussione l'autenticità delle loro firme . D'altronde nemmeno la stessa Mattera ha mai affermato che la sua firma sia stata falsificata , limitandosi a dire di non essere in grado di confermare od escludere l'originalità della propria sottoscrizione , apposta sotto il verbale d'identificazione, poiché essa appariva dissimile da quella che ella usava solitamente. Né è stata esperita , al riguardo, consulenza grafica . D'altronde il teste Genovesi parla di un solo responsabile e non di più responsabili del furto. 5.3. Per ciò che inerisce alla pratica n. 69 ( Grillo) , occorre osservare che l'informativa, in cui non venne, secondo l'accusa, riportato, nell'intestazione, l'esito positivo dell'individuazione fotografica effettuata , fu sottoscritta da Cutolo e non dalla Ferrante , che ne prese contezza solo nel momento in cui divenne per lei elemento di contestazione. 5.4. Con riferimento alla pratica n. 78 ( Aglietti ) , il giudice di merito non spiega da quali elementi sia stata dedotta l'asserita inerzia nelle ricerche del De Gaetano. Per quanto concerne la pratica n. 94 ( Giglio ) , ingiustificatamente la Corte territoriale non ha annesso credibilità a quanto riferito dalla ricorrente , secondo cui la persona offesa aveva manifestato grande incertezza nel riconoscimento , indicando anche , fra le tante persone , un soggetto che era detenuto. La versione resa in dibattimento dalla Giglio conferma invece pienamente la versione fornita dalla Ferrante. 5.5. Del resto , stante la particolare valenza probatoria riconosciuta agli atti pubblici dagli artt 2699 e 2700 c.c. , le affermazioni di chi sostenga la falsità di un atto pubblico debbono essere confortate da altri elementi di prova. Né coloro che hanno fornito, in sede processuale, una versione diversa hanno giustificato il perchè abbiano sottoscritto , di fronte alla p. g. , dei verbali dal contenuto 5 asseritamente inveridico. Né si è tenuto conto dell'inesistenza di un sottostante interesse della Ferrante alla commissione dei delitti , tanto più che ella ha trattato in modo del tutto regolare altre pratiche riguardanti gli stessi soggetti che si assumono "favoreggiati" dalla ricorrente , ossia Aprea salvatore , Aprea Carmine e De Gaetano Giulio, in relazione a fatti coevi e del tutto analoghi. Con palese contraddizione , poi , la sentenza di merito , pur se la Ferrante è stata assolta dai reati di associazione e di corruzione , ritiene , da un lato , non credibile De Gaetano Aniello , le cui accuse non sono riscontrate ; e, dall'altro, assume che egli , con la sua chiamata in correità , avvalori le accuse residue. Né la Corte indica da quali elementi abbia tratto la prova del concorso della Ferrante in tutti i casi in cui l'attività riscontrata non sia immediatamente riconducibile alla ricorrente. 6. Gervetti Nicola deduce vizio di motivazione poiché la Corte territoriale ha completamente omesso di indicare concretamente gli elementi sui quali ha fondato il convincimento che vi fosse stato tra l'imputato e i correi un vero e proprio accordo associativo, non potendo quest'ultimo essere desunto dalla commissione dei reati-fine. L'unico elemento a sostegno dell'ipotesi accusatoria è costituito dalle medesime generiche dichiarazioni di De Gaetano Aniello , considerate insufficienti a fondare la declaratoria di responsabilità a carico di altri coimputati ,in ordine al delitto associativo , come il Cutolo . Ma anche il Cervetti è stato assolto dalle imputazioni afferenti agli episodi specifici riferiti dal De Gaetano e che avrebbero dovuto costituire il riscontro all'esistenza del pactum sceleris tra il suo gruppo criminale e gli agenti della Polizia stradale. Anzi la motivazione addotta dai giudici di merito a sostegno della pronuncia assolutoria, contiene elementi in contrasto con la ritenuta attendibilità del De Gaetano, essendo stato evidenziato come non siano stati acquisiti riscontri individualizzanti a carico degli imputati. La Corte di merito non fornisce poi alcuna spiegazione in merito alle ragioni per le quali il Cervetti , in assenza di prove circa vantaggi ricevuti da parte dei componenti della "banda del buco " , avrebbe dovuto aderire al sodalizio. D'altronde , il De Gaetano non ha mai riferito con certezza che il Cervetti avesse mai preso parte attiva all' incontro avvenuto nel 1993, nel quale si sarebbe perfezionato il pactum sceleris. Nè il De Gaetano ha saputo fornire elementi precisi circa i tempi e i luoghi in cui avvenivano le ripartizioni dei "regali" tra i poliziotti o circa i colloqui avuti con questi ultimi e nel corso dei quali egli avrebbe avuto conferma di tali ripartizioni. Per di più, la "collaborazione del De Gaetano è nata allorquando alcuni componenti della "banda del buco" vennero arrestati o denunciati a piede libero , onde egli si sentì tradito dai poliziotti. Ragion per cui erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che l' attendibilità delle sue dichiarazioni , peraltro non supportate da alcun riscontro ,non fosse infirmata da motivi di risentimento. 6 6.1. La Corte d'appello non ha infine chiarito le ragioni per le quali non ha ritenuto concedibili le circostanze attenuanti generiche 7.Scuter Luigi deduce, con il primo motivo, violazione degli artt 416 cp e 192 co 3 cpp nonchè vizio di motivazione in merito alla ritenuta partecipazione del ricorrente al sodalizio di cui al capo A). Non sussistono infatti riscontri individualizzanti alle dichiarazioni accusatorie del De Gaetano , in quanto le deposizioni dei testi escussi confermano , al più , l'esistenza di un rapporto patologico fra il De Gaetano e il personale della Polizia stradale ma non individuano, in concreto , condotte ascrivibili al ricorrente . Sotto questo profilo i *nulla aggiungono nemmeno i pretesi reati-fine contestati allo Scuter, peraltro assolutamente sporadici rispetto a un numero elevatissimo di pratiche anomale richiamate da entrambe le sentenze. La stessa sentenza impugnata riconduce a solo tre episodi il contributo fornito dallo Scuter al sodalizio , ragion per cui manca il requisito della permanente disponibilità. Essendo stato poi lo Scuter assolto dal reato associativo, la sentenza d'appello avrebbe dovuto farsi carico di spiegare le ragioni per le quali l'imputato dovrebbe avrebbe aver intrapreso l'attività criminale in disamina , in assenza di qualsivoglia tornaconto economico. Nè vengono spiegati gli elementi sui quali poggia l'asserto relativo alla ravvisabilità dell'elemento psicologico, sotto il profilo della coscienza e volontà di far parte della compagine associativa. 7.1. Il secondo motivo si appunta invece sul capo A2. In relazione alla pratica n 60 , non può inferirsi la falsità dell'asserto circa l'irreperibilità dei soggetti riconosciuti come responsabili dei reati dalla circostanza che questi ultimi non avessero mai trasferito altrove il domicilio o la residenza , che sono dati meramente formali, che prescindono dalla concreta presenza degli interessati in quei luoghi , al momento delle indagini. Se poi si assume , in sentenza , che presso gli uffici di polizia fossero noti gli indirizzi ai quali reperire gli indagati , quale finalità poteva allora avere l'omessa indicazione di un dato universalmente noto? 7.2. Per quanto attiene alla pratica n. 78, la Corte d'appello non ha spiegato le ragioni per le quali abbia ritenuto inveridica l'affermazione secondo la quale la refurtiva sarebbe stata rinvenuta in strada , limitandosi , pur a fronte di specifiche deduzioni nei motivi di gravame , ad un generico richiamo alle motivazioni della sentenza di primo grado , secondo cui essa sarebbe stata consegnata agli operanti dagli autori del furto. 7.3. In relazione alla pratica n. 140, il falso sarebbe consistito nel non aver attestato , nel verbale di ricezione di denuncia , che la vittima del furto aveva indicato , sia pur in forma dubitativa , gli autori del reato , essendo stata effettuata una descrizione accurata degli stessi . Ma la descrizione di un soggetto non implica necessariamente la capacità di riconoscerlo. Pertanto l'aver omesso di attestare che , in via dubitativa , la vittima era in grado di riconoscere l'autore del delitto non si pone in contrasto con la realtà fenomenologica dell'esistenza di una descrizione , che non implica capacità di riconoscimento. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. 8. Occorre preliminarmente rilevare come non possa essere accolta l'istanza di differimento della data di udienza, presentata s il 16-5-13, da Laperuta Luigi , che assume di non aver ricevuto l'avviso di fissazione dell'udienza di fronte a questa Corte. Risulta infatti dagli atti che l'avviso è stato ritualmente notificato preso il domicilio del Laperuta ( strada provinciale Arzano-Casandrino 25 , Arzano) .Dalla relata di notifica, redatta in data 273-13, risulta che l'atto non è stato notificato , in quanto il Laperuta risultava "sloggiato", come da informazioni assunte presso il portiere. Si è pertanto proceduto, il 3-4-13, alla notifica presso il difensore ,avv. Cetroni Ciraolo Maria Gabriella, a norma dell'art 161 co 4 cpp . Il procedimento di notifica è pertanto immune da vizi. Del resto con modalità analoghe è stato notificato il decreto di citazione a giudizio in appello, senza che nulla risulti essere stato eccepito dalla difesa. 9. Per quanto attiene alla posizione processuale dell'imputato Capretti , occorre osservare come il ricorrere di una causa di estinzione del reato , già dichiarata dal giudice di merito , precluda la disamina della questione relativa alla fondatezza o meno dei motivi di ricorso. Quand'anche infatti dovesse addivenirsi , al riguardo , ad una valutazione in senso positivo , essa comporterebbe l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, con conseguente prosecuzione del processo dinanzi al giudice del rinvio. Ma la prosecuzione del processo è incompatibile con la sussistenza di una causa estintiva del reato ( Sez. Un. 21-10-92 Marino , Cass. pen. 1993 , 1393; Cass 23-1-97 , Bornigia , C. E. D. Cass n. 208673; Cass 24 -6- 96, Battaglia , C.E.D. Cass . n.205548 ; cfr anche Sez. Un.28-11-2001 , Cremonese , Cass. pen 2002 , 1308, secondo cui la sussistenza di una nullità di ordine generale non è rilevabile nel giudizio di legittimità , in quanto l'inevitabile rinvio al giudice del merito è incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva) . Né , d'altronde , è possibile , in questa sede, fare applicazione del disposto 7 CONSIDERATO IN DIRITTO dell'art 129 cpv cp , comportando la valutazione afferente all'emergere, in termini di evidenza, di una delle situazioni ivi previste un apprezzamento di fatto precluso al giudice di legittimità , anche in considerazione delle ragioni espresse nell'ampio e approfondito apparato argomentativo a supporto della decisione di secondo grado. 10.Le doglianze formulate da tutti gli altri ricorrenti esulano dal numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di del giudice di merito ,le cui determinazioni , al riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua , esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum . In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova , bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione , se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi , dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti , e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre ( Sez un.13-12-95 Clarke , rv 203428). 11.Nel caso di specie , converrà prendere le mosse dal problema dell'attendibilità del collaborante De Gaetano , che , in vario modo, riguarda la posizione processuale di tutti gli imputati. Al riguardo ,il giudice di secondo grado ha posto in luce come questi sia credibile, per il ruolo di capo dell'organizzazione e per la mancanza di intenti calunniosi , come confermato dalla circostanza che la volontà di incontrare i funzionari di polizia si manifestò in epoca precedente agli arresti dei sodali. Peraltro — evidenzia la Corte territoriale — il De Gaetano si è autoaccusato di una serie di gravi fatti, in ordine ai quali non vi erano elementi a suo carico. Le sue dichiarazioni sono connotate da precisione e coerenza. Estrinsecamente le chiamate in correità risultano riscontrate , in particolare in ordine all'esistenza dell'associazione a delinquere finalizzata al "mutuo soccorso ", dalle stesse parziali ammissioni degli imputati — e ,segnatamente , della Ferrante _ e dalle dichiarazioni di alcuni testimoni relative alla presenza costante del De Gaetano negli uffici di polizia e ai 8 valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione rapporti stretti con alcuni poliziotti. Ulteriori riscontri derivano dalle prove acquisite per quanto attiene ai reati-fine, attraverso l'acquisizione delle pratiche e le deposizioni delle vittime dei furti. 12. In ordine alla posizione procedimentale di Laperuta , la Corte d'appello ha rilevato che egli è stato ritenuto coinvolto nelle pratiche n. 22 , 29 , 52 e 75 . Per quanto attiene alla prima , la Corte ha sottolineato la credibilità delle dichiarazioni del Martone , soggetto che non aveva alcun interesse restituzione della refurtiva. Non vi è dunque ragione di dubitare della veridicità delle sue asserzioni , laddove egli afferma di avere all'epoca riconosciuto tre persone e di aver notato che Laperuta e Gervetti si allontanarono durante la stesura della denuncia per circa un'ora , tornando con la refurtiva e sottoponendogli poi, per la sottoscrizione, un verbale in cui si dava atto di un solo riconoscimento positivo. 12.1. Quanto alla pratica n 29 , la Corte territoriale ha evidenziato che Laperuta , in accordo con Gervetti e Cutolo , dichiarò falsamente di aver rinvenuto parte della refurtiva in un cassonetto della spazzatura mentre la denuncia venne inviata, senza procedere al rintraccio delle persone riconosciute , a carico di ignoti , così traendo in errore la Procura della Repubblica. 12.2. Anche per quanto attiene alla pratica n 52, la condotta incriminata è consistita nell'aver omesso di indicare nella denuncia che il derubato Galli Ettore aveva riconosciuto l'Aprea , a seguito di individuazione fotografica . Il Laperuta aveva poi omesso di procedere al suo arresto e di svolgere accertamenti sugli altri autori del fatto. La riconsegna della refurtiva, anche in questo caso, era servita per tacitare la vittima, che non prestò attenzione al contenuto del verbale firmato. 12.3. Per quanto riguarda la pratica n 75, si imputa l'alterazione dei risultati dell'individuazione di persona , effettuata mostrando alle parti offese fotografie poco chiare. E infatti la vittima fu in grado di riconoscere il De Gaetano Giulio quando le furono mostrate fotografie chiare. 12.4. La censura concernente la mancata concessione delle circostanze attenuanti ex art 62 bis cp è del tutto generica, limitandosi il ricorrente a dolersi dell'asserita inadeguatezza della motivazione in ordine alle ragioni per le quali non potevano ritenersi concedibili le predette attenuanti. Il motivo non presenta dunque i requisiti di specificità 9 ad accusare i poliziotti , che anzi avevano fatto sì che egli ottenesse la richiesti dall'ad 581 lett c) cpp. Ad ogni modo, occorre osservare come anche le determinazioni del giudice di merito in ordine alla concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla dosimetria della pena siano insindacabili in cassazione ove sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici . Nel caso di specie , la motivazione del giudice d'appello è senz'altro da ritenersi adeguata , avendo la Corte territoriale rilevato come le richieste relative al trattamento 13.Per quanto inerisce al Cutolo , la Corte territoriale ha evidenziato come il De Gaetano avesse riferito che Cutolo "sapeva tutto e faceva finta di non sapere" : situazione che non può essere equiparata alla mera connivenza, atteso il dovere di assicurare il regolare funzionamento dell'ufficio , che incombe sul dirigente. Inoltre dalla deposizione del De Gaetano risultano dazioni di beni e somme di danaro anche a favore del Cutolo . D'altronde Cutolo sovente parlava con De Gaetano, senza dare spiegazione alcuna circa l'ingombrante presenza di quest'ultimo negli uffici di polizia. Del resto, mai, nonostante il lungo lasso di tempo durante il quale gli eventi delittuosi si verificarono, il Cutolo ritenne di avviare iniziativa alcuna nei confronti degli autori dei reati , ormai ben noti , a seguito dei riconoscimenti effettuati dalle vittime. Peraltro egli firmò innumerevoli informative infedeli, nella forma e nella sostanza, ed è inverosimile che il dirigente di un ufficio non legga mai le segnalazioni che firma e non esiga mai che venga cambiata l'intestazione della notizia di reato ( da "ignoti "a "noti"),In ordine poi al fatto che il De Gaetano abbia chiesto di rendere dichiarazioni confessorie anche di fronte al Cutolo , oltre che di fronte al superiore Argirò , il giudice di secondo grado evidenzia la convinzione del De Gaetano che Cutolo fosse estraneo alle condotte corruttive perché egli non lo pagava e perchè il Cutolo non divideva con gli altri agenti le somme di danaro periodicamente corrisposte. E la Corte di merito esamina in modo analitico le singole pratiche nell'ambito delle quali le condotte appena esposte , da parte del Cutolo , si sono concretamente articolate, sottolineando come particolare significatività rivesta la pratica n 70 , concernente il derubato Santemi al quale il Cutolo personalmente, in un contesto di promiscuità tra poliziotti e ladri , disse che questi ultimi " in fin dei conti, erano brava gente"e che " servivano a tenere lontani dalla strada personaggi ben più pericolosi ". lo sanzionatorio fossero immotivate. 14.Per quanto inerisce alla posizione di Ferrante Palma , occorre , in primo luogo, evidenziare come, in ordine al primo motivo di ricorso, difetti, in capo alla ricorrente , l'interesse a proporre la relativa doglianza. Come è noto , l'interesse richiesto dall'art 568 co 4 cpp è correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento oggetto dell'impugnazione e sussiste solo se il gravame sia idoneo a costituire , attraverso l'eliminazione del predetto provvedimento , una situazione pratica più vantaggiosa per 203093; Cass. Sez I, 17-10-2003, n 47496, Arch n. proc. Pen 2004, 217). Nel caso in disamina , l'accoglimento del ricorso non apporterebbe alla sfera giuridica della ricorrente alcun vantaggio concreto ed attuale,laddove concretezza ed attualità sono requisiti coessenziali e indefettibili dell'interesse ad impugnare ( Cass. Sez VI, 21-4-2006 n 24637, C.E.D. Cass., n. 234734).Viceversa , l'accoglimento del motivo, portando a ritenere la sussistenza di un'ipotesi di pluralità di reati e non di un unico reato, condurrebbe ad una situazione peggiorativa per l'imputata. 14.1. In ordine alla seconda doglianza , occorre tener presente che la Corte d'appello ha esaminato , anche relativamente alla Ferrante , in maniera molto analitica le varie pratiche . In ordine alla pratica n. 61, il giudice di merito ha evidenziato come la moglie dell'ex dirigente della Criminalpol, nel frattempo deceduto, abbia dichiarato in dibattimento che sia lei che il marito riconobbero immediatamente in fotografia il De Gaetano e l'Aprea . La Ferrante redasse dunque un verbale di denuncia falso nella parte in cui ometteva di indicare l'avvenuto riconoscimento fotografico , omettendo di redigere segnalazione di reato a carico di soggetti noti. La Ferrante peraltro ben conosceva le persone riconosciute ed aveva la possibilità di rintracciarle per cui il mancato espletamento di accertamenti costituisce ulteriore conferma del carattere doloso della condotta , volta a tutelare le persone riconosciute quali autori del delitto. 14.2. Relativamente alla pratica n. 69 ,in ordine alla quale è stata ritenuta la responsabilità dell'imputata per aver omesso , nell'intestazione dell'informativa di reato, da lei redatta , l'esito favorevole delle individuazioni fotografiche, la Corte d'appello ha diffusamente spiegato le ragioni per le quali la paternità delle predetta informativa , che recava il suo nome ma non la sua firma debba essere a lei ascritta. Il 11 l'impugnante ( cfr. ,ex plurimis, Cass. Sez. un. 13-12-'95, Timpani , rv giudice di secondo grado ha poi sottolineato come sia del tutto inidonea la giustificazione fornita dall'imputata , secondo cui ella non aveva ricevuto direttive su come intestare un'informativa , soprattutto in considerazione del fatto che anche l'atto recettivo della denuncia contenente il riconoscimento fotografico , relativo al fratello del De Gaetano , non conteneva l'indicazione dell'identità del soggetto riconosciuto. come la responsabilità della Ferrante risieda nell'aver agevolato , ancora una volta, il De Gaetano, che era stato riconosciuto, senza far nulla per rintracciarlo e simulando di avere rinvenuto parte della refurtiva per strada , circostanza assolutamente inverosimile ed artatamente costruita per "tacitare" la vittima , lasciandole credere di essersi attivati nel suo interesse , nella ricerca dei ladri e della refurtiva. 14.4. Per quanto attiene alla pratica n. 101 , la Corte territoriale ha evidenziato come l'omessa indicazione del Palumbo e soprattutto la falsificazione della firma della persona offesa nel secondo verbale agli atti appaiano pacifiche , alla luce delle informazioni rese , in epoca prossima ai fatti , dalla vittima , la quale non aveva alcuna ragione per affermare di aver riconosciuto due persone e non una e per disconoscere la propria firma sul verbale di denuncia. 14.5. I rilievi appena formulati forniscono risposta anche all'ultimo motivo di ricorso, con il quale si ribadiscono le censure all'impianto motivazionale della sentenza impugnata. Del resto , il giudice di seconde cure ha sottolineato come la Ferrante abbia ammesso di essere stata consapevole dell'assidua presenza del De Gaetano presso i loro uffici e del fatto che egli era il capo della banda , i cui componenti erano stati più volte riconosciuti dai soggetti passivi ed erano ormai noti, onde tale consapevolezza appare incompatibile con la buona fede dell'imputata o con semplici errori da parte sua. Per converso , le ripetute "anomalie" nelle pratiche trattate — aggiunge la Corte territoriale- appaiono , alla luce del quadro probatorio complessivo , idonee ad avvalorare il convincimento relativo alla ravvisabilità di una condotta consapevolmente e volontariamente funzionale a false attestazioni e ad omissioni di atti di ufficio. 12 14.3. In riferimento alla pratica n. 78, il giudice d'appello ha puntualizzato 15.Per quanto inerisce alla posizione processuale di Gervetti Nicola, occorre osservare come il giudice di seconde cure abbia precisato che il De Gaetano ha riferito che il Laperuta , il Gervetti e lo Scuter, unitamente al Passeggio, erano i suoi punti di riferimento nella polizia stradale ( " i quattro dell'ave Maria"); coloro che gli consentivano di entrare ed uscire costantemente dagli uffici di polizia , in cui si recava per avere informazioni circa la sorte dei componenti del suo gruppo . Del restocontatti tra il De Gaetano e gli imputati ,peraltro non ascrivibili a un ruolo di confidente asseritamente svolto dal De Gaetano e da nulla dimostrato. E la Corte di merito precisa che le dichiarazioni del collaborante sono inequivoche nell'affermare che il Gervetti partecipava alle spartizioni di danaro e regali in cambio di condotte favoreggiatrici .E le plurime omissioni di atti d'ufficio e false attestazioni costituiscono — aggiunge la Corte — il più significativo riscontro estrinseco alle dichiarazioni accusatorie . Al riguardo la Corte territoriale menziona, a titolo esemplificativo, le dichiarazioni del teste Palella , il quale ha riferito che , in occasione di un furto da lui subito , era intervenuta una pattuglia della Polizia Stradale, che aveva dato ai responsabili del delitto tutto il tempo di allontanarsi , con un'auto che procedeva a retromarcia sull'autostrada. Negli uffici della stradale, poi , i poliziotti gli avevano chiesto di non fare menzione di ciò perché "avrebbero potuto esservi problemi per il poliziotto , che era intervenuto fuori dal servizio". Ulteriori riscontri derivano dalle testimonianze di Grillo, Cozzupoli , Santerni e Armento cosi come dalle deposizioni dell'agente Scungio — di cui il giudice di seconde cure sottolinea la piena attendibilità - e del dirigente Di Salvio, deposizioni tutte analiticamente esaminate dalla Corte territoriale. E , in questa prospettiva ,la Corte territoriale analizza accuratamente il problema della configurabilità del reato associativo , certamente ravvisabile a carico dei poliziotti , stante la precisa ripartizione dei ruoli , nell'ambito della compagine criminale : i ladri rubavano e i poliziotti garantivano loro l'impunità ; tutti si spartivano il maltolto o comunque ricavavano vantaggi da questa situazione ed erano consapevoli della preordinazione funzionale delle loro condotte al protrarsi , a tempo indeterminato , della commissione dei furti e , correlativamente, delle omissioni e delle dolose alterazioni del vero da parte dei pubblici ufficiali. 13 aggiunge la Corte — sono provati , attraverso i tabulati telefonici, i plurimi 15.1. In ordine alla censura concernente la mancata concessione delle circostanze attenuanti di cui all'art 62 bis cp , valgono i rilievi formulati a proposito del ricorrente Laperuta poiché , anche in questo caso,la doglianza è stata formulata in modo del tutto generico, limitandosi il ricorrente a dolersi dell'asserita inadeguatezza della motivazione in ordine alle ragioni per le quali non potevano ritenersi concedibili le predette attenuanti. Il motivo non presenta dunque i requisiti di osservare come le determinazioni del giudice di merito in ordine alla concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla dosimetria della pena siano insindacabili in cassazione ove sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici . Nel caso di specie , la motivazione del giudice d'appello è senz'altro da ritenersi adeguata , avendo la Corte territoriale rilevato come le richieste relative al trattamento sanzionatorio fossero immotivate. 16.In ordine alla posizione procedimentale di Scuter Luigi, il giudice di secondo grado ha sottolineato come dalla deposizione dell'agente Scungio emerga che tutti i componenti della squadra di p.g. sapevano perfettamente chi erano gli appartenenti alla "banda del buco" e dove potevano rintracciarli , tant'è che lo fecero immediatamente quando fu necessario. D'altronde il De Gaetano e l'Aprea , come sarebbe stato successivamente accertato dalla locale PS , non si erano mai allontanati dai luoghi di residenza e/o di abituale domicilio. Di qui l'asserto relativo alla falsità dell'attestazione , da parte dello Scuter , di non aver rintracciato le persone riconosciute e cioè, per l'appunto, il Di Gaetano e l'Aprea.Peraltro , significativamente — aggiunge la Corte d'appello — negli atti non viene indicato l'indirizzo in cui questi ultimi sarebbero stati cercati né quello risultante agli atti dell'ufficio. D'altronde, la falsa attestazione rientrava appieno nelle strategie favoreggiatrici perseguite dagli operanti della polizia stradale poiché era preordinata a giustificare non solo la mancata adozione di misure precautelari ma anche l'omesso espletamento dell'individuazione di persona , tanto più che le vittime avrebbero, di lì a breve tempo ,lasciato la città per rientrare nel luogo di residenza e cioè a Roma. 16.1. Per quanto attiene alla pratica n. 78 , si rinvia alle osservazioni formulate a proposito della Ferrante , avendo la Corte d'appello 14 specificità richiesti dall'art 581 lett c) cpp. Ad ogni modo , occorre chiarito che le falsità in atti e le condotte omissive sono le stesse commesse concorsualmente da quest'ultima. 16.2. Per quanto attiene alla pratica n. 140, la Corte territoriale ha puntualizzato come la responsabilità dell'imputato risieda nell'avere dato atto che i derubati non erano in grado di riconoscere gli autori del furto , contrariamente al vero , poiché il possibile responsabile era stato indicato , sia pure in modo dubitativo, ed era stata data una ritenere che , ove si fosse proceduto ad una individuazione de visu , i soggetti passivi sarebbero stati in grado di riconoscere l'Aprea e i suoi complici. D'altronde ,a carico di questi ultimi vi erano già state molte denunce e le descrizioni dell'Aprea erano sempre uguali, ragion per cui i poliziotti potevano agevolmente comprendere chi era stato l'autore del furto , rintracciarlo e portarlo in ufficio onde sottoporlo ad individuazione di persona. 17.Dal tessuto motivazionale della sentenza d'appello è dunque enucleabile una attenta analisi della regiudicanda , avendo i giudici di secondo grado preso in esame tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alla conferma , in parte qua , della sentenza di prime cure attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile , sotto il profilo della correttezza logica •,;,e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede . Né la Corte suprema può esprimere alcun giudizio sull'attendibilità delle dichiarazioni dei soggetti escussi , giacchè questa prerogativa è attribuita al giudice di merito , con la conseguenza che le scelte da questo compiute, se coerenti , sul piano logico, con una esauriente analisi delle risultanze agli atti , si sottraggono al sindacato di legittimità ( Sez. un. 25-11-'95 , Facchini , rv203767).D'altronde le cadenze argomentative della sentenza impugnata sono assai puntuali, coerenti , fondate su specifiche risultanze processuali , prive di discrasie logiche e perciò del tutto idonee a rendere intelligibile l'iter logicogiuridico seguito dal giudice e quindi a superare lo scrutinio di legittimità . Per converso , occorre osservare come tutte le censure formulate dai ricorrenti si collochino al di fuori dell'area della deducibilità nel giudizio di cassazione , ricadendo sul terreno del merito. Nè questa Corte ha motivo di discostarsi dal consolidato principio di diritto secondo il 15 descrizione abbastanza accurata dei malviventi onde era ben possibile quale, a seguito della modifica dell'art 606 cpp ad opera dell'ad 8 I. 20-22006 n. 46, è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di travisamento della prova , che ricorre allorquando il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova obiettivamente e incontestabilmente diverso da quello reale , mentre esula dall'area della deducibilità nel giudizio di cassazione il vizio di travisamento del fatto ,essendo precluso al giudice di merito e sovrapporre il proprio apprezzamento delle risultanze processuali a quello compiuto nei precedenti gradi di giudizio ( ex plurimis , Sez III 18-6-2009 n. 39729 rv 244623; Sez V 25-9-2007 n. 39048, rv 238215).Costituisce infatti ius receptum , nella giurisprudenza di questa Corte , che il giudice di legittimità , nel momento del controllo della motivazione , non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento , atteso che l'art 606 co 1 lett e) cpp non consente alla Corte di cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove . In altri termini , il giudice di legittimità , che è giudice della motivazione e dell'osservanza della legge , non può divenire giudice del contenuto della prova , non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di merito , essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l'apprezzamento della logicità della motivazione (cfr , ex plurimis , Cass Sez fer. , 3-9-04 n. 36227, Rinaldi , Guida al dir., 2004 n. 39, 86; Cass sez V 5-7-04 n. 32688, Scarcella , ivi, 2004, n. 36, 64; Cass , Sez V, 15-4-2004 n. 22771, Antonelli , ivi , 2004n. 26, 75). L'illogicità di quest'ultima, come vizio denunciabile , deve quindi essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza , restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che , anche se non espressamente confutate , siano logicamente incompatibili con la decisione adottata , purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento ( Cass. Sez. un. 24-11-1999, Spina, Cass. pen. 2000, 862).Né può integrare vizio 16 legittimità reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di di legittimità la mera prospettazione di una diversa —e , per il ricorrente, più adeguata-valutazione delle risultanze processuali ( Cass, Sez. un. ,30-41997 , Dessimone, rv. 207941) . Il vizio di manifesta illogicità che, ai sensi dell'art 606 comma 1 lett e) cpp , legittima il ricorso per cassazione implica infatti che il ricorrente dimostri che l'iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e , per altro verso , che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di piano logico. Ne consegue che, una volta che il giudice, come nel caso in disamina, abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione , munite di eguale crisma di logicità ( Sez un. 27-9-95 , Mannino , rv 202903). Dedurre vizio di motivazione della sentenza significa pertanto dimostrare che essa è manifestamente carente di logica e non già, come hanno fatto i ricorrenti nel caso in disamina, opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione fattuale ( Sez un. 19-6-96, Di Francesco, rv 205621). 18.1 ricorsi vanno dunque dichiarati inammissibili, a norma dell'art 606 co 3 cpp , con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille ciascuno , determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende. PQM DICHIARA INAMMISSIBILI I RICORSI E CONDANNA I RICORRENTI AL PAGAMENTO DELLE SPESE PROCESSUALI E CIASCUNO A QUELLO DELLA SOMMA DI EURO 1.000 IN FAVORE DELLA CASSA DELLE AMMENDE. Così deciso in Roma, all 'udienza del 16-5-2013. un'altra interpretazione o di un altro iter , in tesi egualmente corretti sul

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