Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35213 del 19/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35213 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GRECO ALESSANDRO N. IL 08/08/1973
avverso l’ordinanza n. 549/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
CATANZARO, del 19/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

I

Data Udienza: 19/06/2014

Ritenuto in fatto e in diritto.

1.

Con ordinanza del 19.9.2013, il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro

rigettava il reclamo interposto da GRECO Alessandro, avverso l’ordinanza del
magistrato di Sorveglianza in data 11.3.2013, con cui era stata rigettata l’istanza
di liberazione anticipata, in relazione al periodo 16.10.1994/22.7.1996, considerato
che durante e successivamente a detto periodo il Greco aveva commesso ulteriori
reati, di rilevante gravità, quali associazione di stampo mafioso ed estorsioni, oltre

fronte delle doglianze avanzate dall’opponente, rilevava che dal certificato penale
si evinceva che il reato di cui all’art. 416 bis cod.pen. per cui Greco aveva riportato
condanna con sentenza corte assise d’appello di Catania, era stato consumato fino
al 22.7.1996 e che le estorsioni risultavano consumate fino al 1999 , mentre il
reato di violenza era stato commesso nel 2004. La ricaduta nel reato conclamata
veniva ritenuta sintomatica della mancanza di reale volontà a partecipare all’opera
rieducativa, denotando i perduranti impulsi di antisocialità.
2. Avverso tale pronuncia, ha proposto personalmente ricorso per cassazione il
prevenuto, deducendo erronea applicazione dell’art. 54 OP e mancanza di
motivazione; in particolare viene ribadito che i reati considerati dal tribunale come
significativi di mancata volontà di partecipazione all’opera rieducativa furono
commessi nel 1993. Quanto al reato associativo, vien fatto di rilevare che
l’associazione si dissolse non appena furono notificate le ordinanza di custodia
cautelare, poiché molti indagati collaborarono con la giustizia. Quanto al fatto del
2004 è troppo lontano per poter incidere negativamente sulla valutazione del
comportamento dell’interessato in epoca risalente al biennio 1994/1996.
3. Il ricorso è basato su motivi manifestamente infondati, atteso che il beneficio
richiesto, così come previsto dall’art. 54 OP, presuppone la prova della
partecipazione all’opera rieducativa, prova che non può che essere esclusa dal fatto
che l’interessato sia stato condannato per reato associativo, con condotta
perdurante fino al 22.7.1996, attestativa di incapacità ad osservare le regole e di
difficoltà al reinserimento nella collettività, nuovamente aggredita, nonostante la
contemporaneità del periodo di rieducazione. La valutazione non forza affatto il dato
normativo e rientra nell’ambito della plausibile opinabilità di apprezzamento, che
non è censurabile in detta sede.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
P

che il reato di violenza a p.u. commesso in corso di detenzione. Il tribunale, a

versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare
congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

P.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.

Così deciso in Roma, 19 Giugno 2014.

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