Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35212 del 02/07/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35212 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Degnato Alessia, nata a Venezia il 13/3/1979,
Pasini Maurizio, nato a San Donà di Piave il 26/7/1950
avverso la ordinanza 3/1/2013 del Tribunale per il riesame di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Pietro Gaeta , che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito per Pasini Maurizio, l’avv. Alberto Teso che hanno concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza in data 3/1/2013, Il Tribunale di Venezia, a seguito di

istanza di riesame avanzata nell’interesse di Degnato Alessia (sottoposa agli
arresti domiciliari) e Pasini Maurizio (sottoposto alla misura cautelare della
custodia in carcere), entrambi indagati per partecipazione ad associazione
per delinquere volta a commettere un numero indeterminato di reati di

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Data Udienza: 02/07/2013

favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (Capo A) e di diversi reati
fine (Capo B), annullava nei confronti di Degnato Alessia e Pasini Maurizio
l’ordinanza del Gip di Venezia, emessa in data 11/12/2012, limitatamente ai
reati di cui ai capi B6), B7), B8), B9), B11) e B12), sostituendo per Pasini la
misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari
e confermando per la Degnato la misura degli arresti domiciliari.

Il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria per il

delitto di associazione (capo A) fondato sulle dichiarazioni di un agente sotto
copertura che, infiltratosi nell’organizzazione diretta da Pan Keke, era stato
messo al corrente del suo modus operandi, nonché da numerose
intercettazioni telefoniche o ambientali. In tale contesto Degnato Alessia,
moglie separata di Pan Keke, dopo aver subito violenze fisiche da parte del
marito, aveva reso delle dichiarazioni costituenti una dettagliata chiamata in
correità nei confronti del PAN. Nelle sue propalazioni la Degnato si ritagliava
un ruolo di semplice connivente, fortemente intimorita da un coniuge
violento e dominatore, ma estranea al sodalizio. Il Tribunale, tuttavia,
riteneva tale assunto difensivo smentito da un cospicuo compendio
probatorio, fondato su alcune annotazioni dell’agente sotto copertura e su
alcune conversazioni intercettate dalle quali emergeva che la stessa era
partecipe a pieno titolo nell’associazione criminosa in esame.

3.

Quanto a Pasini Maurizio, ragioniere commercialista, incaricato della

contabilità della società Panato Sas e della società 168 S.r.l., entrambe
facenti capo a Pan Keke, i gravi indizi di colpevolezza si fondavano, in
particolare, su alcune intercettazioni ambientali dalle quali emergeva che lo
stesso

risultava

pienamente

inserito

nell’organizzazione,

essendo

pienamente consapevole del carattere illecito delle pratiche espletate, al
punto di consigliare al Pan

di distruggere la documentazione

compromettente.

4.

Per entrambi gli indagati il Tribunale riteneva insufficienti gli indizi di

responsabilità in ordine ai reati fine contestati ed, in tal senso, annullava
l’ordinanza genetica, disponendo la sostituzione della custodia cautelare per
Pasini Maurizio con la misura gradata.

5.

Avverso tale ordinanza propongono ricorso entrambi gli indagati, per

2

ii. ,—–

2.

mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.
6.

Degnato Alessia solleva due motivi di gravame con il quali deduce

mancanza e manifesta illogicità della motivazione, sia per quanto riguarda la
fondatezza del quadro indiziario, sia per quanto riguarda la fondatezza delle
esigenze cautelari riconosciute dal Tribunale e l’adeguatezza della misura
applicata.
6.1

Sotto il primo profilo si duole di illogicità e contraddittorietà della

di annotazioni e di conversazioni dal contenuto equivoco che denotano una
mera conoscenza dell’indagata delle attività illecite svolte dal marito e dai
suoi complici nelle quali la stessa veniva coinvolta, proprio per il rapporto
coniugale in essere.
6.2

Sotto il secondo profilo si duole che il Tribunale non abbia tratto le

logiche conseguenze, in termini di pericolosità sociale, dall’annullamento
dell’ordinanza genetica in ordine alla responsabilità della prevenuta per i
reati fine, quanto meno sotto il profilo della sussistenza della causa ostativa
derivante dalla possibilità della concessione della sospensione condizionale
della pena all’esito del giudizio di merito.

7.

Pasini Maurizio deduce l’inefficacia della misura cautelare, ex art. 309

co. 10 cod. proc. pen., riproponendo la doglianza già sollevata e respinta dal
Tribunale per il riesame, in ordine alla mancata trasmissione del verbale
stenotipico relativo all’interrogatorio di garanzia reso da Pasini Maurizio in
data 17/12/2012 dinanzi al Gip di Civitavecchia. Al riguardo eccepisce che il
verbale redatto in forma riassuntiva non può dar conto degli elementi
favorevoli emersi nel corso di un interrogatorio durato ben due ore e mezzo.
Si duole, inoltre che la motivazione dell’ordinanza impugnata sia stata
depositata dopo la scadenza del termine di giorni 5 dal deposito del
dispositivo e contesta l’adeguatezza della misura cautelare applicata,
riservandosi di depositare nuovi motivi prima dell’udienza davanti alla Corte
di Cassazione.
All’odierna udienza la difesa del Pasini ha depositato copia di provvedimento
del Gip di Venezia, emesso in data 11 maggio 2013 con il quale è stata
disposta la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con l’obbligo di
dimora presso il comune di residenza. Con successivo provvedimento, in
data 7/6/2013 il Gip di Venezia ha disposto la sostituzione dell’obbligo di
dimora con l’obbligo di presentazione giornaliera alla Polizia Giudiziaria.

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motivazione, avendo il Tribunale considerato gravemente indizianti una serie

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di

questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
provvedimenti sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,

revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi
compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle
caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di
apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice
cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del
tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò,
circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il
testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e
l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di
legittimità:
1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato;
2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni
rispetto al fine giustificativo del provvedimento”. (Cass. Sez. 6A sent. n.
2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).
Inoltre “Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di
riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a
verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato
argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile
colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.
Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio
ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa
l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del
materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed
esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della
motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità,
quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato,

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/ /•-■. . . / k — – – –

“l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di

restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità
della motivazione sulle questioni di fatto”. (Cass. Sez. lA sent. n. 1700 del
20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).

2.

Tanto premesso, per quanto riguarda la questione procedurale

sollevata da Pasini Maurizio, con l’eccezione di nullità dell’ordinanza
impugnata per violazione dell’art. 309, commi 5 e 10 c.p.p. con riferimento

delle dichiarazioni rese dall’ indagato in sede di interrogatorio di garanzia,
la censura non appare fondata. Le norme in parola prevedono l’obbligo di
trasmettere “tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona
sottoposta alle indagini” comminando la sanzione dell’inefficacia della
misura in caso di mancata trasmissione. Le Sezioni Unite di questa Corte
hanno chiarito che fra gli elementi sopravvenuti a favore della persona
sottoposta alle indagini non rientra necessariamente il verbale
dell’interrogatorio di garanzia, che, pertanto, va trasmesso al tribunale del
riesame, a norma dell’art. 309, comma quinto, ultima parte c.p.p., solo se
in concreto li contenga (Cass. Sez. U, Sentenza n. 25 del 26/09/2000 Cc.
(dep. 11/01/2001 ) Rv. 217443). Nel caso di specie è stato trasmesso il
verbale dell’interrogatorio redatto in forma riassuntiva, mentre non è mai
pervenuta al Tribunale del riesame la trascrizione della fono-registrazione.
Al riguardo il Tribunale ha osservato che non vi è la prova che la
fonoregistrazione sia stata effettivamente trascritta e trasmessa all’ufficio
giudiziario procedente, pertanto non sussisterebbero i presupposti di cui
all’art. 309 co. 10, cod. proc. pen. per la perdita di efficacia dell’ordinanza
genetica. A ben vedere che la fono registrazione sia stata trascritta o meno
è una circostanza di fatto rispetto alla quale non sarebbe possibile una
diversa valutazione in sede di legittimita. Tuttavia, quel che più conta come ha esattamente rilevato il Tribunale, è che nel caso di specie l’atto
non trasmesso, consistente nelle dichiarazioni rese dall’imputato
nell’interrogatorio di garanzia in presenza del suo difensore, è a conoscenza
della difesa che, ben può rendere edotto, in sede di riesame, il Tribunale in
ordine alle tesi difensive sostenute dall’imputato. La decisione del Tribunale
è coerente con il principio di diritto espresso da questa Corte che ha statuito
che in tema di riesame delle ordinanze applicative di misure coercitive,
l’obbligo di trasmissione al tribunale, a pena d’inefficacia dell’ordinanza,
degli atti posti a fondamento della richieste e di quelli sopravvenuti e

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alla mancata trasmissione al Tribunale del riesame del verbale stenotipico

favorevoli alla persona sottoposta alle indagini non riguarda quegli atti,
come l’interrogatorio di garanzia, già a conoscenza della difesa e di cui,
quindi, essa può rendere edotto il tribunale (Cass. Sez. 2, Sentenza n.
25985 del 03/05/2007 Cc. (dep. 05/07/2007 ) Rv. 237157); pertanto
sfugge ad ogni censura.

3.

Tutti gli altri motivi sollevati da Pasini Maurizio sono manifestamente

pen. per il deposito dei provvedimenti emessi a seguito del procedimento in
Camera di Consiglio, ex art. 127, è meramente ordinatorio e la sua
inosservanza non comporta la decadenza dell’efficacia giuridica del
provvedimento. Quanto alle altre censure in punto di gravità del quadro
indiziario ed eccessiva gravità della misura cautelare applicata, le
osservazioni del ricorrente si risolvono in doglianze generiche e non
scalfiscono la solidità della motivazione.

4.

Degnato Alessia. Per quanto riguarda il primo motivo, in punto di

gravità del quadro indiziario, occorre rilevare che il vaglio logico e puntuale
delle risultanze processuali operato dal Tribunale per il riesame non
consente a questa Corte di legittimità di muovere critiche, ne’ tantomeno di
operare diverse scelte di fatto. Le osservazioni della ricorrente non fanno
emergere profili di manifesta illogicità della motivazione; nella sostanza, al
di là dei vizi formalmente denunciati, esse svolgono, sul punto
dell’accertamento del quadro indiziario, considerazioni in fatto insuscettibili
di valutazione in sede di legittimità, risultando intese a provocare un
intervento in sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della
decisione adottata dal Giudice del merito.
5.

Sono infondate anche le censure censure in punto di adeguatezza e

proporzionalità della misura applicata in quanto il Tribunale, pur non avendo
esplicitamente motivato sulla non concedibilità della sospensione
condizionale della pena, ha implicitamente escluso tale possibilità,
osservando che la Degnato si è dimostrata tutt’altro che resipiscente,
avendo continuato ad intrattenere rapporti con l’agente sotto copertura, da
lei creduto un sodale, ancora due mesi dopo essersi rivolta alla RG. per le
sue propalazioni contro l’ex coniuge ed altri correi.

Le valutazioni del

Tribunale del riesame in ordine alla pericolosità sociale della Degnato,
pertanto, sono fondate su una motivazione congrua che resiste alle censure.

infondati. Infatti è del tutto ovvio che il termine di cui all’art. 128 cod. proc.

6.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Così deciso, il 2 luglio 2013

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