Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35205 del 02/07/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35205 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Gualtieri Nicola nato a Lamezia Terme il 15/4/1945
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, sezione del riesame in data
28/2/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Piero Gaeta, che ha concluso chiedendo il rigetto del reato;

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 1/2/2013 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Catanzaro disponeva l’applicazione della misura della custodia
cautelare in carcere nei confronti di Gualtieri Nicola in relazione al reato di
cui al capo 1 con esclusione dell’aggravante di cui all’art. 629 comma 2 cod.
pen. (81, 110, 629 cod. pen. 7 legge 203/1991).
1.1. Avverso tale provvedimento proponeva istanza di riesame l’indagato
contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
1.2.

Il Tribunale di Catanzaro, sezione del riesame, respingeva l’istanza

proposta, confermando l’ordinanza impugnata, salvo esclusione della
1

Data Udienza: 02/07/2013

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circostanza aggravante di cui all’art. 7 legge 203/1991.
2.

Ricorreva per Cassazione l’indagato sollevando i seguenti motivi di

gravame:
2.1. manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. Rileva al riguardo che le
dichiarazioni delle persone offese Chirico Giuseppe e Chirico Giovanni sono
risultate in contrasto fra di loro e non hanno trovato riscontro in alcun altro

si riferisce la contestazione.
2.2. violazione di norme processuali e difetto di motivazione, ai sensi
dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., con riferimento all’attualità
dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen. ed alla
sussistenza di quella di cui alla lett. a) dello stesso art. 274 cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile. È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da
parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
provvedimenti sulla libertà personale. Secondo l’orientamento di questa
Corte, che il Collegio condivide, l’ordinamento non conferisce alla Corte di
Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle
vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di
riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso
l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate,
trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile
del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché
del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è,
perciò, circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di
verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di
carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto
incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni
giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenza di
illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento. (Sez. 6 n. 2146 del 25.05.1995, Tontoli,
Rv. 201840; sez. 2 n. 56 del 7/12/2011, Rv. 251760). Inoltre il controllo di
legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti

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elemento, evidenziando altresì di essere stato detenuto nel periodo al quale

restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la
congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che
collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza
dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo,
stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo
del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle
fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale probatorio,

giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione
dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità, quando
non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato, restando
ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della
motivazione sulle questioni di fatto. (Sez. 1 n. 1700 del 20.03.1998,
Barbaro, Rv. 210566). Non possono essere dedotte come motivo di ricorso
per cassazione avverso il provvedimento adottato dal tribunale del riesame
pretese manchevolezze o illogicità motivazionali di detto provvedimento,
rispetto a elementi o argomentazioni difensive in fatto di cui non risulti in
alcun modo dimostrata l’avvenuta rappresentazione al suddetto tribunale,
come si verifica quando essa non sia deducibile dal testo dell’impugnata
ordinanza e non ve ne sia neppure alcuna traccia documentale quale, ad
esempio, quella costituita da eventuali motivi scritti a sostegno della
richiesta di riesame, ovvero da memorie scritte, ovvero ancora dalla
verbalizzazione, quanto meno nell’essenziale, delle ragioni addotte a
sostegno delle conclusioni formulate nell’udienza tenutasi a norma dell’art.
309, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 1 sent. n. 1786 del 5.12.2003,
Marchese, Rv 227110). Tanto precisato, sul caso di specie deve rilevarsi
quanto segue.
3.1. Il provvedimento impugnato non presenta i vizi denunciati con il
ricorso. Specificamente nell’ordinanza si dà atto adeguatamente della
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di cui al capo
1) sulla base delle dichiarazioni rese dalle persone offese, che risultano
suffragate, quanto alla ricostruzione dell’ambiente criminale mafioso del
quale farebbe parte l’indagato, dalle dichiarazioni rese da alcuni
collaboratori di giustizia, già appartenenti alla cosca avversaria a quella
Torcasio – Gualteri, nella quale sarebbe inserito l’indagato. Il Tribunale ha
correttamente valutato l’attendibilità intrinseca delle persone offese,

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quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e

escludendo la possibile sussistenza di ragioni idonee ad incidere
sull’attendibilità di quanto dalle stesse riferito, ritenendo, quindi, in
conformità agli insegnamenti di questa Corte di legittimità (sez. 1 n. 46954
del 4/11/2004, Rv. 230950), che non occorressero, ai fini della gravità
indiziaria necessaria per l’applicazione di una misura cautelare, riscontri di
carattere esterno; ed al riguardo questa Corte ha avuto occasione più volte
di ribadire che le dichiarazioni accusatorie della persona offesa possono

colpevolezza, ai fini dell’applicazione di misure cautelari,
indipendentemente dall’esistenza o meno di elementi di riscontro che
valgano a corroborarle (sez. 1 n. 2468 del 27/5/1992, Rv. 191274; sez. 2
n. 770 del 28/11/2007, Rv. 239499; sez. 5 n. 27774 del 26/4/2010, Rv.
247883). Attraverso il rinvio al provvedimento genetico risulta
analiticamente descritto il ruolo assunto nella vicenda dall’attuale ricorrente
quale emerso dalle dichiarazioni rese da Chirico Giuseppe, il quale era
consapevole della caratura criminale del Gualtieri Nicola e del genero dello
stesso Torcasio Pasquale ed era intimorito dall’appartenenza di entrambi
alla criminalità organizzata lametina ed in ragione di ciò era indotto a
consegnare la merce al Gualtieri stesso senza che ne venisse pagato il
prezzo, che non veniva richiesto neppure successivamente al Torcasio
Pasquale.
Quanto poi alle esigenze cautelari cui si riferisce il secondo motivo di
ricorso, il Tribunale, preso atto dei numerosi e continui episodi estorsivi
riferiti dalle vittime e della circostanza che le condotte delittuose si sono
protratte per un arco di temporale di oltre sette anni, legittimamente
ravvisa la sussistenza del pericolo di reiterazione di condotte criminose di
cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen. anche in considerazione della
personalità del ricorrente che, come emerge dal provvedimento genetico,
risulta gravato da recidiva specifica. Ciò, legittimamente, ha imposto
l’adozione della misura custodiale, stante l’inadeguatezza di altra misura
meno afflittiva a prevenire il rischio di reiterazione di condotte criminose e
la sussistenza, altresì, dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett. a) cod.
proc. pen., in relazione alla concreta possibilità che le persone offese
vengano indotte ad attenuare o ritrattare le dichiarazioni accusatorie rese
nei confronti dell’attuale ricorrente. E nella valutazione delle esigenze
cautelari risulta che il giudice ha tenuto conto del tempo trascorso dalla
commissione del reato come prescritto dall’art. 292 comma 2 lett. c) cod.

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assurgere, se intrinsecamente attendibili, al rango di gravi indizi di

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proc. pen., avendo, a tal fine, valutato la persistente pericolosità del
soggetto in relazione all’abitualità della condotta estorsiva posta in essere
in danno della vittima.
4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonché al
pagamento in favore della cassa delle ammenda della somma di €

4.1. Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in
libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter,
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia
della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato si trova ristretto, perché provveda a quanto stabilito dal comma
1 bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché al pagamento in favore della Cassa delle
ammende della somma di € 1.000,00.
Si provveda a norma dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di
attuazione del codice di procedura penale.

Così deliberato in camera di consiglio, il 2/7/2013

Il Consiglie
Dott. Robe

Il Presiden

s nsore
C

alombi di Montrone

Dott.

co Gentile

1.000,00.

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