Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35203 del 19/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35203 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
D’AQUILIO MASSIMILIANO N. IL 26/02/1971
avverso il decreto n. 5188/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 18/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

1

Data Udienza: 19/06/2014

Ritenuto in fatto e in diritto.
1.

Con decreto emesso il 18.9.2013

il Presidente del

Tribunale di

Sorveglianza di Roma dichiarava inammissibile l’istanza avanzata da D’AQUILIO
Massimiliano di affidamento in prova al servizio sociale, atteso che l’elezione di
domicilio non era stata sottoscritta dall’interessato.
2. Avverso tale decreto ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto pel

motivazione. Secondo il ricorrente la indicazione del luogo di domicilio era
allegata alla domanda ex art. 47 Ord. Pen. ed era contenuta nell’atto di nomina
del difensore per la fase esecutiva, sottoscritta dall’interessato.
3. Il ricorso è basato su motivo manifestamente infondato, atteso che secondo
la giurisprudenza delle Sezioni Unite tra le “condizioni di legge” deve certamente
comprendersi l’obbligo, posto a carico del condannato non detenuto dall’art. 677,
comma 2bis, c.p.p. e sancito a pena di inammissibilità “di fare la dichiarazione o
l’elezione di domicilio con la domanda con la quale chiede una misura alternativa
alla detenzione i o altro provvedimento attribuito dalla legge alla magistratura di
sorveglianza”. E ciò anche nelle ipotesi di cui all’art. 656, comma 5, c.p.p., come
risulta dalla lettera del suddetto comma che richiede, senza distinguere tra
domanda presentata direttamente dal condannato ovvero dal suo difensore, che
l’istanza volta ad ottenere la concessione di una misura alternativa sia “corredata
dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie”, dovendosi riconnprendere tra
le “indicazioni” che la domanda deve contenere, in mancanza di espressa deroga,
quella di cui al citato art. 677, comma 2bis, c.p.p., richiesta in generale per tutte le
istanze concernenti il procedimento di sorveglianza; deve altresì tenersi presente
che siffatta indicazione non é suscettibile di integrazione successiva, prevedendosi
al comma 6 dell’art. 656 c.p.p. soltanto la possibilità di integrare la
“documentazione” mancante, ma non anche le “indicazioni”. Di conseguenza la

tramite del difensore, per dedurre violazione di legge e mancanza assoluta di

richiesta di misura alternativa proposta ai sensi dell’art. 656, comma 6, c.p.p. deve
essere corredata, a pena di inammissibilità, dalla dichiarazione o dalla elezione di
domicilio del condannato prevista dall’art. 677, comma 2bis, c.p.p.; che tale obbligo
non può essere assolto con modalità diverse da quelle previste; che l’obbligo in
questione sussiste pur quando l’istanza sia presentata dal difensore, a meno che il
condannato risulti in atti irreperibile o latitante ( Sez. Un. 17.12.2009, n.18775, Rv
246720, Mammoliti). Corretta è stata quindi la valutazione in termini di
inammissibilità dell’istanza.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al

e(c—–(

versamento a favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare
congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille alla cassa della ammende.

Così deciso in Roma, 19 Giugno 2014.

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