Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35200 del 02/07/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 35200 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Casano Gaspare Lucio nato a Marsala il 28/1/1949
avverso l’ordinanza del Tribunale di Trapani in data 18/1/2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Piero Gaeta, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato
inammissibile;

RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto del 12/12/2012 il giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Marsala disponeva nei confronti, tra gli altri, di Casano Gaspare
Lucio il sequestro preventivo dei conti correnti bancari o postali per
l’ammontare di € 51.952,83 in relazione all’ipotesi di reato di cui agli artt.
61 n. 9, 479, 640 bis, 48, 373 cod. pen.
1.1. Avverso tale provvedimento proponeva istanza di riesame l’indagato,
eccependo la carenza di funnus in ordine alla sussistenza dei reati.
1.2. Il Tribunale di Trapani, in funzione di giudice del riesame, respingeva

1

Data Udienza: 02/07/2013

1.

l’istanza proposta, confermando il decreto impugnato.
2.

Ricorreva per Cassazione l’indagato, per mezzo del suo difensore di

fiducia, sollevando il seguente motivo di gravame: violazione di legge e
vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc.
pen., in relazione all’art. 321 cod. proc. pen. per insussistenza del fatto. Al
riguardo evidenzia che l’INPS ha ritenuto la cecità parziale della paziente
Amato, revocando il trattamento pensionistico. Eccepisce poi l’omessa

congruità della somma sottoposta a sequestro per equivalente, tenuto
conto che la condotta incriminata si riferisce al periodo 2006/2008, in
quanto dal 2008 in poi il trattamento pensionistico era stato ripristinato con
sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Marsala.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere, pertanto, dichiarato
inammissibile. È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da
parte di questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
provvedimenti sulle misure cautelari. Secondo l’orientamento di questa
Corte, che il Collegio condivide, in materia di misure cautelari personali il
sindacato di legittimità che compete alla Corte di Cassazione è limitato alla
verifica dell’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti
della decisione impugnata, senza la possibilità di verificare la
corrispondenza delle argomentazioni alle acquisizioni processuali, essendo
interdetta in sede di legittimità una rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione (sez. U. n. 6402 del 30/4/1997, Rv. 207944). E
con specifico riferimento poi alle misure cautelari reali, il giudizio di
legittimità risulta ancora più circoscritto, in quanto cade in un momento
processuale, quale quello delle indagini preliminari, caratterizzato dalla
sommarietà e provvisorietà delle imputazioni; ciò comporta che in sede di
legittimità non è consentito verificare la sussistenza del fatto reato, ma
soltanto accertare se il fatto contestato possa astrattamente configurare il
reato ipotizzato; si tratta, in sostanza, di verificare un controllo sulla
compatibilità fra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante
una delibazione prioritaria dell’antigiuridicità penale del fatto (sez. U. n. 6
del 27/3/1992, Rv. 191327; sez. U. n. 7 del 23/2/2000, Rv. 215840; sez. 2
n. 12906 del 14/2/2007, Rv. 236386). Sulla base di tale premessa,

motivazione sulla specifica doglianza sollevata dalla difesa in ordine alla

l’ordinanza impugnata non risulta censurabile, emergendo dalla stessa una
motivazione congrua e logica circa la sussistenza dei presupposti che
giustificano l’adozione di una misura cautelare reale.
Inoltre, con specifico riferimento alla sussistenza del fumus circa la
configurabilità dei delitti ipotizzati, va evidenziato che il ricorso per
cassazione contro ordinanze in materia di sequestro preventivo o
probatorio è ammesso solo per violazione di legge, rientrando in tale

motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a
sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo di quei requisiti
minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi del tutto
inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (sez.
5 n. 43068 del 13/10/2009, Rv. 245093).
Nel caso di specie il provvedimento impugnato argomenta in
maniera più che sufficiente in ordine ai presupposti giustificativi della
misura cautelare reale, facendosi riferimento agli accertamenti eseguiti
dalla polizia giudiziaria dai quali era emerso che la Amato svolgeva attività
incompatibili lo stato di cecità assoluta e che ciononostante la Commissione
della quale ha fatto parte il ricorrente, quale medico componente, sia nel
2006 che nel 2008, aveva riconosciuto lo stato di cecità assoluta,
evidenziando come il giudizio espresso nella seconda certificazione non
poteva essere considerato, come assume il ricorrente, un refuso. In tal
senso viene rappresentato come detto giudizio sia consistito
nell’annotazione dell’espressione «cieca assoluta» e nell’attribuzione del
codice corrispondente «5004», analogamente a quanto era avvenuto
nel 2006.
Quanto poi alla congruità della somma sottoposta a sequestro, il
Tribunale dà atto che la somma indebitamente percepita a titolo di
invalidità civile dalla Amato ammontava ad € 78.016,00 alla quale andava
aggiunta l’ulteriore somma percepita dalla stessa dal 4/4/2012 fino alla
data del decreto, cioè fino al 12/12/2012; da ciò consegue che la somma
sottoposta a sequestro all’attuale ricorrente rientra pienamente nei limiti
del profitto del reato di cui all’art. 640 bis di cui è consentita la confisca,
risultando inferiore al danno cagionato, dovendosi in questa sede
prescindere, ai fini del fumus del reato contestato, dalla decisione assunta
dal giudice del lavoro del Tribunale di Marsala che aveva ripristinato il
trattamento pensionistico in ragione di una consulenza tecnica di ufficio

3

nozione sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della

redatta sulla base di documentazione della quale faceva parte un certificato
redatto da altro sanitario indagato per il reato di cui agli artt. 48 – 373 cod.
pen.
4. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonché al
pagamento in favore della cassa delle ammenda della somma di C

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché al pagamento in favore della Cassa delle
ammende della somma di C 1.000,00.

Così deliberato in camera di consiglio, il 2 luglio 2013

1.000,00.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA