Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3520 del 04/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3520 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COLANGELO FRANCESCO N. IL 18/03/1957
avverso la sentenza n. 13/2011 TRIBUNALE di MATERA, del
12/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. f
che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv klutfism
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Data Udienza: 04/10/2013

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Fatto e diritto
Propone ricorso per cassazione Colangelo Francesco avverso la sentenza del Tribunale di Matera, in data 12
marzo 2012, con la quale è stata confermata quella di primo grado, di condanna in ordine al reato di
ingiuria in danno di Maria no Rocco, commesso il 18 maggio 2004.
Nel corso del processo, concluso con l’irrogazione della pena e la condanna al risarcimento del danno
sofferto dalla parte civile, si sono verificate cause di sospensione del termine prescrizionale per mesi due e
giorni 26, con la conseguenza che questo deve intendersi maturato il 13 febbraio 2012, prima, cioè, della

Deduce
1)

il vizio di motivazione riguardo al motivo di appello con il quale era stata contestata l’attendibilità
della persona offesa.
Era stata posta in evidenza la mancanza di corrispondenza tra le frasi offensive (rectius, bestemmie)
rievocate in dibattimento dalla persona offesa e quelle menzionate nella querela e, inoltre, il
carattere incerto delle dichiarazioni rese dai testi Rinaldi e Bruno. Inoltre, la teste De Rosa era stata
oggetto di dubbi a proposito della suggestione che avrebbe in essa indotto i ricordi e, riguardo al
teste Montesano, era stata segnalata la assenza al momento del verificarsi dei fatti;

2)

il vizio della motivazione sulla entità della pena, tenuto conto del fatto da cui sarebbe scaturita la
reazione ingiuriosa.

Il ricorso deve trovare accoglimento nei termini che si indicheranno.
Agli effetti penali deve notarsi, secondo quanto anticipato in premessa, che il reato in discussione si è
prescritto prima della pronuncia della sentenza di appello, il 13 febbraio 2012.
Posto che, anche alla luce delle obiezioni illustrate nei motivi di ricorso, deve escludersi che ricorra l’ipotesi
della evidenza di una causa di proscioglimento nel merito, deve procedersi alla immediata declaratoria
della causa di estinzione che già il giudice dell’appello avrebbe dovuto rilevare ai sensi dell’articolo 129 cpp.
Tale situazione processuale preclude, d’altra parte, la accoglibilità del primo motivo di ricorso dal momento
che, come osservato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, in presenza di una causa di estinzione
del reato (nella specie, prescrizione), non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della
sentenza impugnata dal momento che il rinvio, da un lato, determinerebbe comunque per il giudice
l’obbligo di dichiarare immediatamente la prescrizione, dall’altro, sarebbe incompatibile con l’obbligo
dell’immediata declaratoria di proscioglimento ( v., Sez. U, Sentenza n. 1653 del 21/10/1992 Ud. (dep.
22/02/1993 ) Rv. 192471 ; conforme, tra le molte , Sez. 4, Sentenza n. 14450 del 19/03/2009 Ud. (dep.
02/04/2009) Rv. 244001).
li secondo motivo, riguardante l’entità della pena, resta ugualmente precluso.
Al contrario, agli effetti civili deve essere eseguita la verifica di fondatezza o meno dei motivi di ricorso,
secondo quanto impone al giudice dell’impugnazione, l’articolo 578 c.p.p.
Ebbene, in tale prospettiva il ricorso deve essere dichiarato infondato.
La motivazione del provvedimento impugnato si presenta del tutto esaustiva e resa nel rispetto dei canoni
della logica sicché deve ritenersi che essa si sottrae all’ulteriore sindacato di questa Corte.
Il giudice dell’appello ha formulato la valutazione di merito che gli competeva in ordine alla attendibilità
della persona offesa la quale ha sostenuto in dibattimento l’accusa mossa, con l’atto di querela, nei
confronti dell’imputato.
1

sentenza di appello.

Si tratta di una valutazione che tiene conto della non perfetta coincidenza tra le parole offensive riportate
nell’atto di querela e quelle ripetute nel dibattimento e di questa offre una spiegazione del tutto plausibile,
che rinvia alla sintesi operata dal titolare dell’azione penale, mentre, sul piano dell’efficacia probatoria,
sostanzia il giudizio di piena credibilità della persona offesa, soprattutto in considerazione del fatto che
questa si è integralmente riportata, ad ogni buon conto, al contenuto della querela e che, sul punto, non
sono state mosse censure alla decisione del giudice di pace, sulla utilizzabilità delle dichiarazioni stesse.
Con riferimento, poi, alla capacità dimostrativa delle altre deposizioni testimoniali, è appena il caso di
notare come la parte ricorrente pretenda di sottoporre il contenuto di queste all’apprezzamento diretto del
giudice della legittimità, nonostante che un simile potere non sia riconosciuto in capo alla cassazione .
sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate come in dispositivo.
PQM

annulla la sentenza impugnata, senza rinvio, agli effetti penali, per essere il reato estinto per prescrizione.
Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla parte
civile, liquidate in complessivi euro 3000 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 4 ottobre 2013
il Preside

il Consigliere estensore

In base al principio della soccombenza, l’imputato deve essere condannato alla rifusione delle spese

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