Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35196 del 19/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35196 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE NARDI FABRIZIO N. IL 06/04/1977
avverso la sentenza n. 78/2011 TRIB.SEZ.DIST. di
MONTEBELLUNA, del 29/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

Li
v

Data Udienza: 19/06/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE — SEZIONE SETTIMA PENALE

Udienza del 19/6/2014 – n.

81 del ruolo

Premesso che, con la sentenza in epigrafe indicata, il Tribunale ordinario di Treviso —
Sezione distaccata di Montebelluna — per quanto qui rileva — ha condannato alla pena
dell’ammenda ine5ooDE NARDI Fabrizio, imputato della contravvenzione di
molestia o disturbo delle persone, ai sensi dell’articolo 660 cod. pen., motivando: la testimonianza della peroan offesa, Cristina Dartona, prova che il giudicabile pose in essere una condotta di «corteggiamento non gradito ai limiti dello stalleing», con arrogante
invadenza, telefonate anche in ora notturna, minacce; nulla rileva la circostanza, poco
verosimile, addotta dall’imputato ma negata dalla vittima, di una pregressa relazione
sentimentale (la madre del giudicabile ha, in proposito, dichiarato che il figlio aveva
avuto una relazione con una ragazza di nome Cristina); anche, ammettendo la circostanza, tanto non scrimina la condotta molestatrice, né l’elemento soggettivo del reato,
commesso dal De Nardi proprio a cagione del rifiuto del corteggiamento da parte della
Dartona; in applicazione dei criteri stabiliti dall’articolo 133 cod. pen. la pena deve essere commisurata nella misura indicata, in considerazione della durata della condotta di
molestie
Rilevato che l’imputato ha proposto appello, col ministero del difensore di fiducia, deducendo insufficienza e contraddittorietà della prova, sotto il profilo che la madre del
giudicabile ha fatto menzione non di condotte moleste, bensì soltanto di una relazione
sentimentale tra la persona offesa e il figlio; che costui aveva negato di aver arrecato disturbo; che era intercorsa una relazione sentimentale; e, in via gradata, postulando la
riduzione della pena, consigliata dalla considerazione della ridetta relazione;
Rilevato che, debitamente avvisati della trattazione della impugnazione davanti a questa Sezione, tabellarmente deputata alla declaratoria della inammissibilità dei ricorsi,
né il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte ha presentato requisitorie, né il ricorrente ha depositato memorie;
Considerato che la impugnazione è inammissibile a’ termini dell’articolo 6o6, comma
3, cod. proc. pen.: i rilievi e le deduzioni formulati dal ricorrente, al di là della genericità dei motivi non apprezzabilmente correlati alla ratio decidendi della condanna, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, epperò consistono in motivi diversi da
quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione; mentre il giudice a qu o ha
dato conto adeguatamente delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini
della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione e, pertanto, sottratta a ogni
sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità;
Considerato che conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché — non escludendosi profili di colpa nella proposizione della impugnazione — al versamento a favore
della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina nella misura congrua
ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 19 giugno 2014.

Ricorso n. 44.440/2014 R. G.

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