Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35194 del 19/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35194 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PORRECA GIUSEPPE N. IL 26/04/1976
avverso l’ordinanza n. 58/2013 GIP TRIBUNALE di NAPOLI, del
19/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

Data Udienza: 19/06/2014

Ritenuto in fatto e in diritto.

LCon ordinanza emessa il giorno 19.7.2013 il gip del Tribunale di Napoli, in
funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza formulata da PORRECA Giuseppe
di applicazione del regime del reato continuato, relativamente ai reati pei quali riportò
condanna con sentenze Gup Tribunale di Napoli nelle date del 15.7.2011 e 3.12.2007,
sul presupposto che i fatti per quanto assimilabili come modalità, risultavano commessi

plausibile che rispondessero ad una primitiva ideazione comune.

2. Avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto per
dedurre violazione di legge e vizio di motivazione: in sostanza il giudice a quo avrebbe
trascurato che si aveva riguardo a reati di estorsione che il prevenuto poneva in essere
per conto del clan camorristico Mazzarella e che dalla documentazione prodotta dalla
difesa si poteva desumere che il ricorrente, anche quando si trovava in carcere per il
primo episodio, continuò ad interessarsi dei fatti criminosi del suo gruppo.

3.

Il ricorso è basato su motivi

in fatto, diretti a stimolare una diversa

valutazione, ritenuta preferibile, non consentita in sede di legittimità. Il giudice
dell’esecuzione ha rilevato l’assoluta mancanza di ancoraggio per poter desumere la
sussistenza dì un’unica ideazione, definita nei suoi particolari, che potesse comprendere
i due episodi di reato, collocati in un arco temporale molto ampio. Correttamente non
è stata valorizzata l’omogeneità delle azioni, che di per sé è caratteristica troppo
generica per accreditare l’unitarietà, mentre è stato considerato il fattore distanza
temporale, che è indice significativo di dilatazione nel tempo e quindi di difficile
compatibilità con una progettazione unitaria. Non può infatti essere confusa l’unicità di
disegno (che deve abbracciare tutti i reati che dell’ideazione siano esecutivi e che
debbono essere delineati nelle loro linee essenziali) con la soggettiva tendenza a
delinquere, anche se focalizzata in un determinato tipo di reato, nel senso che la
continuazione non può essere confusa con il diverso concetto dell’attuazione di uno stile
di vita dedito al delitto. La valutazione operata è stata espressa nell’ambito della
plausibile opinabilità di apprezzamento e non può essere oggetto di contestazione in
questa sede di legittimità.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare
in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

l’uno nel 2006 e l’altro nel 2001 ; la distanza temporale portava a ritenere non

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla cassa della ammende.

Così deciso in Roma, 19 giugno 2014.

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