Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3519 del 04/10/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3519 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAURO EZIO N. IL 24/10/1948
CORNAGLIA FERRARIS PAOLO N. IL 19/02/1952
avverso la sentenza n. 9779/2008 CORTE APPELLO di ROMA, del
17/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. —5 StA, (4a
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 04/10/2013

FATTO E DIRITTO
Propongono ricorso per cassazione Mauro Ezio e Cornaglia Ferraris Paolo, avverso la sentenza della Corte
d’appello di Roma in data 17 maggio 2012, con la quale è stata confermata quella di primo grado, di
condanna al pagamento di una pena pecuniaria in relazione, quanto al primo, al reato di omesso controllo
quale direttore responsabile del quotidiano la Repubblica e, quanto al secondo, al reato di diffamazione
commesso quale autore di un articolo, pubblicato sul detto quotidiano il 9 dicembre 2004.
L’articolo, dal titolo “camici di Matera” riguardava Vincenzo Dragone, all’epoca direttore generale della Asl
4 di Matera, in ordine al quale si riferiva, da parte dell’articolista, oltre che di un comportamento
dell’avere sgradita l’onestà, anche e soprattutto di essere stato — il primo- rinviato a giudizio per
associazione mafiosa.
Essenzialmente con riferimento a tale ultima espressione, risultata riferita a circostanza non vera, il
Cornaglia è stato condannato per il reato di diffamazione a mezzo stampa e il Mauro per non avere
colposamente impedito la pubblicazione dell’articolo diffamatorio.
Deduce la difesa
1)

la nullità dell’ avviso di deposito della sentenza impugnata.
Questo conterrebbe, quale data di deposito della sentenza, quella -errata -del 18 luglio 2012 in
luogo di quella, effettiva, del 30 settembre 2012. Ne conseguirebbe una incertezza nella
individuazione della predetta data, capace di determinare una nullità a regime intermedio
dell’avviso e comunque di incidere sulla decorrenza del termine per impugnare (sent. Cass. n.
43711 del 2007), con conseguente necessità di restituzione degli atti alla Corte territoriale per la
rinnovazione dell’atto nullo;

2)

l’erronea applicazione dell’articolo 59 cp e il vizio della motivazione sul dolo e sulla scriminante
putativa.
Il contenuto dell’articolo avrebbe dovuto essere considerato quale sintesi espositiva di un fatto più
complesso, narrato nella Relazione della Giunta per le autorizzazioni alla quale era stata sottoposta
una richiesta che aveva orientato il pensiero dell’articolista. Tale richiesta concerneva l’applicabilità
di una misura cautelare nei confronti di tal deputato Blasi, con riferimento ad un’ipotesi di
associazione mafiosa, tra le finalità della quale era l’attività corruttiva esercitata per l’acquisizione
di un appalto per le pulizie presso la Asl 4 di Matera. Anche il dottor Gaudiano, ossia la fonte
dell’articolista, si era sbilanciato nel senso di ritenere il coinvolgimento del querelante nelle indagini
sull’associazione mafiosa concernente amministratori e politici.
La difesa sostiene che si sarebbe dovuto tenere conto del fatto che l’imputato non è qualificato in
campo informativo o giuridico sicché potrebbe utilmente invocare la giurisprudenza che riconosce
l’applicabilità dell’esimente putativa quando l’autore dell’espressione diffamatoria abbia avuto una
percezione erronea della realtà che sia comunque di natura colposa (Cassazione, sent. 8 aprile
2000).
D’altra parte, nella sentenza impugnata era stato del tutto trascurato il motivo d’appello con il
quale si era richiamata l’attenzione sulla circostanza che la attribuzione del rinvio a giudizio per
mafia, pur risultando oggettivamente erronea, avrebbe potuto iscriversi nel contesto di un errore in
buona fede.
Una simile realtà avrebbe potuto e dovuto ridondare a favore dell’imputato anche nel delineare
l’esercizio putativo del diritto di cronaca, tenuto conto che il reato associativo erroneamente

1

asseritamente “prepotente” nei confronti di un certo medico dedito alla talassemia (dott. Gaudiano) , e

attribuito aveva, tra i reati scopo, anche quello per il quale il querelante era stato effettivamente
indagato;
3)

la violazione degli articoli 337 e 431 c.p. p. e il vizio della motivazione.
Non era stata compiuta un’esatta identificazione del soggetto che aveva materialmente depositato
la querela;

4)

il vizio della motivazione sulla entità della pena, criticata dinanzi alla Corte d’appello per mancato
rispetto dei criteri dell’articolo 133 c.p. in relazione all’impegno profuso dall’imputato nel

Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno.
Deve darsi atto che, in assenza di statuizione civili, va rilevata con immediatezza ex art. 129 comma 2 cpp,
la intervenuta causa di estinzione dei reati rispettivamente contestati ai ricorrenti, attesa la non manifesta
infondatezza dei motivi di ricorso.
Il termine di prescrizione è infatti decorso il 12 dicembre 2012, dopo la pronuncia della sentenza d’appello,
pur calcolate le cause di sospensione per mesi sei e giorni tre.
Invero, quanto al primo motivo, col quale si deduce una presunta causa di nullità dell’avviso di deposito
della sentenza di appello, deve richiamarsi la costante giurisprudenza di questa Corte sul rapporto tra
nullità e causa di estinzione del reato.
Si è cioè condivisibilmente affermato che la contestuale ricorrenza, nel giudizio di cassazione, di una causa
estintiva del reato e di una nullità processuale anche assoluta e insanabile, determina la prevalenza della
prima, per effetto del principio della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, sancito
dall’art. 129 cod. proc., salvo che l’operatività della causa estintiva non presupponga specifici accertamenti
e valutazioni riservati al giudice di merito, prevalendo in tal caso la nullità, in quanto funzionale alla
necessaria rinnovazione del relativo giudizio (Rv. 249428; conforme n. 21459 del 2008 Rv. 240066).
Il terzo motivo di ricorso deve ritenersi infondato alla luce della costante giurisprudenza di legittimità che
pone in risalto come non sia neppure causa di invalidità, dando invece luogo ad una mera irregolarità
irrilevante ai fini della procedibilità dell’azione penale, l’omessa identificazione, da parte dell’autorità
ricevente, del soggetto che propone o deposita la querela, ove sia ugualmente certo che l’atto provenga dal
soggetto legittimato (Sez. 2, Sentenza n. 43712 del 11/11/2010 Ud. (dep. 10/12/2010 ) Rv. 248683;
conforme Sez. F, Sentenza n. 32190 del 24/07/2002 Ud. (dep. 27/09/2002 ) Rv. 222546; da ultimo, sulla
stessa linea , v.SSUU sent. 28 marzo 2013, rv 255584).
E nel caso di specie tale ultima circostanza non è posta in dubbio dai ricorrenti, oltretutto risultando, dal
verbale di ricezione della querela, che il presentatore è stato identificato nel querelante.
Il secondo motivo pone una questione di violazione di legge e contestualmente di vizio della motivazione
che , in assenza della evidenza del fondamento della prima, debbono ritenersi anch’esse superate e
precluse dalla sopravvenuta prescrizione dei reati.
Infatti, da un lato, quanto alla denegata “evidenza” della causa di giustificazione,di cui all’art. 129 cpp, la
prima questione risulta non apprezzabile perché dovrebbe comunque essere decisivo il principio ,
comunemente accolto da questa Corte, secondo cui la esimente putativa del diritto di cronaca non può
trovare applicazione se l’imputato non dia prova della cura posta negli accertamenti svolti per stabilire la
veridicità dei fatti e quindi , sostanzialmente, della non rimproverabilità dell’errore in cui è incorso: e ciò in
un caso, quale è quello in esame, nel quale invece tale “cura” è stata argomentatamente esclusa, dal
2

raccogliere le notizie.

giudice del merito, in ragione della evidenza e inescusabilità della attribuzione del rinvio a giudizio per il
gravissimo reato di partecipazione ad associazione mafiosa, in una situazione processuale che vedeva il
querelante né rinviato a giudizio e tantomeno indagato per tale reato, ma solo per una fattispecie diversa e
di assai minore gravità.
D’altra parte, la questione del vizio di motivazione , oltre a trovare soluzione nelle osservazioni già
formulate, sarebbe comunque preclusa dalla osservazione che, in presenza di una causa di estinzione del
reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il
giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa

PQM
annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i reati estinti per prescrizione.
Così deciso il 4 ottobre 2013
il Prldèl)te

il Consigliere estensore

estintiva (Sez. U, Sentenza n. 35490 del 28/05/2009 Ud. (dep. 15/09/2009) Rv. 244275).

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