Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35185 del 06/06/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35185 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Piergiovanni Junca, quale difensore di Liu Ruoxi (n. il
05.08.1979), avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova, III sezione
penale, in data 04.07.2012.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Oscar
Cedrangolo, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Udito l’Avvocato Daria Pesce – difensore della costituita Parte Civile s.p.a.
R.T.I. — che ha concluso riportandosi alle conclusioni scritte depositate e
associandosi alla richiesta del P.G..

Data Udienza: 06/06/2013

OSSERVA:

Con sentenza del 24.05.2011, il Tribunale di Genova dichiarò Liu Ruoxi
responsabile dei reati di omessa dichiarazione per l’importazione di merce
pari a 839 pezzi (Capo A, artt. 292, 293 e 295 del T.U.L.D. D.P.R. n. 43/73),
sottrazione dell’IVA relativa all’importazione dei suddetti beni (Capo B, art.

privato in atto pubblico (Capo C, artt. 61 n. 2 e 483, I comma, del c.p.),
introduzione nel territorio dello Stato di prodotti aventi marchi o segni distintivi
contraffatti od alterati (Capo D: articolo 474 c.p.), ricettazione degli oggetti di
cui al capo D (Capo E: art. 648 c.p.) e introduzione nel territorio dello Stato di
prodotti in violazione di un valido titolo di proprietà (Capo F: ad 127 D.Ivo.
30/2005) e — unificati i reati sotto il vincolo della continuazione — lo condannò
alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione ed € 2.000,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte
d’appello di Genova, con sentenza del 04.07.2012, confermò la sentenza di
primo grado.
Ricorre per Cassazione il difensore dell’imputato deducendo che la
Corte di appello ha erroneamente confermato la condanna di primo grado
per il reato di cui al capo F che è stato abrogato e senza affrontare
minimamente l’eventuale applicabilità di altra norma che aveva sostituito la
precedente alla luce anche delle regole generali della successione nel tempo
delle leggi. Deduce, infine, la mancanza, illogicità e contraddittorietà della
motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei reati (in particolare il
contrabbando e l’introduzione nello stato di merce con marchio contraffatto) e
al diniego delle attenuanti generiche.
Il difensore del ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento
dell’impugnata sentenza.

motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è fondato. Invero, il primo comma dell’art. 127
del D.L. 30/2005 è stato abrogato dall’art. 15, II comma, della Legge
23.07.2009, n. 99. Pertanto la sentenza impugnata deve essere annullata

70, I comma, del D.P.R. 27.10.1973 n. 633), falsità ideologica commessa dal

senza rinvio limitatamente alla condanna dell’imputato per il reato di cui al
capo F) della rubrica, perché lo stesso non è più previsto dalla legge come
reato; per effetto deve essere eliminata la pena irrogata per il capo F e si
ridetermina, quindi, la pena in anni 2 e mesi 4 di reclusione ed € 1.900,00 di
multa. Il resto del ricorso è, invece, infondato e va, pertanto rigettato. Infatti,
entrambi i Giudici di merito hanno ben evidenziato i motivi per i quali

sopra (si veda, in particolare, per quanto riguarda il contrabbando — e perché
la tesi che la merce contraffatta sia stata inserita per errore insieme a quella
regolarmente dichiarata sia stata esclusa – la pagina 4 della sentenza di
primo grado e la pagina 4 della sentenza impugnata; per quanto riguarda la
sussistenza dei reati di cui all’art. 474 e 648 del c.p. si veda l’ampia
motivazione del Tribunale alle pagine da 5 a 7 ove vengono citati anche
condivisi principi di questa Corte sia in ordine all’elemento oggettivo sia a
quello soggettivo; e la motivazione dell’impugnata sentenza a pagina 4).
Elementi costitutivi di tutti i reati, la cui configurabilità nella specie emerge
chiaramente — come sopra evidenziato – dalle motivazioni delle sentenze di
primo e secondo grado, senz’altro valutabili congiuntamente all’uopo (in
presenza di una cd. “doppia conforme”). Per quanto riguarda, infine, la
generica doglianza relativa alla grossolanità del falso a prescindere dal
rilevare che dagli atti non emerge tale grossolanità (si veda in proposito la
sentenza di primo grado – alle pagine 5 e 6 — nella quale si riportano
dichiarazioni di testi esperti che affermano, anzi, l’esatto contrario) si deve
rilevare che non è esatta l’affermazione del difensore del ricorrente che
all’epoca nella quale sono stati commessi i fatti

“la giurisprudenza di

legittimità e di merito era assolutamente univoca nel non ravvisare in ipotesi
identiche a quella in oggetto la fattispecie di reato di reato di cui all’art. 474
c.p. considerandole ipotesi di falso grossolano, penalmente irrilevanti” (si
veda pagina 3 del ricorso). Al contrario questa Corte Suprema già in epoca
precedente alla commissione del fatto (accertato il 21.06.2005) ha affermato
il principio — condiviso dal Collegio — che il reato di introduzione nello Stato e
commercio di prodotti con segni falsi, previsto dall’art. 474 cod. pen., è volto
a tutelare, non la libera determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede,
intesa come affidamento dei consumatori nei marchi, quali segni distintivi

ritengono provata la penale responsabilità dell’imputato per i reati di cui

della particolare qualità e originalità dei prodotti messi in circolazione. Ne
consegue che non incide sul perfezionamento del reato (nè in relazione a
esso può parlarsi di reato impossibile) il solo fatto che la grossolanità della
contraffazione sia riconoscibile dall’acquirente in ragione delle modalità della
vendita, in quanto la tutela della buona fede apprestata dalla norma non si
rivolge al solo compratore occasionale ma alla generalità dei soggetti

anche alle imprese medesime che hanno interesse a mantenere certa la
funzione del marchio (Sez. 2, Sentenza n. 39863 del 02/10/2001 Ud. – dep.
08/11/2001 – Rv. 220236; Sez. 5, Sentenza n. 40835 del 20/09/2004 Cc. dep. 20/10/2004 – Rv. 230913; Sez. 5, Sentenza n. 25147 del 31/01/2005
Ud. – dep. 11/07/2005 – Rv. 231894; Sez. 5, Sentenza n. 21049 del
26/04/2012 Ud. – dep. 31/05/2012 – Rv. 252974). Infine, per quanto riguarda
il diniego delle attenuanti generiche si deve rilevare che entrambi i Giudici di
merito hanno ritenuto congrua la pena irrogata (anzi la Corte di appello rileva
che per “la gravità dei fatti e la pluralità dei reati commessi la pena
comminata appare perfino contenuta’) tenendo conto della gravità del fatto e,

della pluralità dei reati commessi. Si deve, allora, ricordare quale è la
funzione delle attenuanti generiche. In proposito questa Corte di Cassazione
ha stabilito il principio — condiviso dal Collegio — che in tema di attenuanti
generiche, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è
quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole
all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di
peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto
che di esso si è reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto
adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da
dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di
giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al
contrario, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando
se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in
positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del
trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso,
adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di
specifica richiesta dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in

?

possibili destinatari dei prodotti provenienti dalle imprese titolari dei marchi, e

questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta
richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della
contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa
si fonda (Sez. 1, Sentenza n. 11361 del 19/10/1992 Ud. – dep. 25/11/1992 Rv. 192381; Sez. 2, Sentenza n. 2769 del 02/12/2008 Ud. – dep. 21/01/2009
– Rv. 242709). Inoltre, l’obbligo di motivazione in materia di circostanze

condizioni per concederle e non anche la decisione opposta (Sez. 2,
Sentenza n. 38383 del 10/07/2009 Ud. – dep. 01/10/2009 – Rv. 245241).
Infine, le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le
possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato in
considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano
sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere dello
stesso, sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi
di segno positivo (Sez. 3, Sentenza n. 19639 del 27/01/2012 Ud. – dep.
24/05/2012 – Rv. 252900). Tanto premesso si deve rilevare che la Corte
territoriale valuta, comunque, correttamente i vari elementi fissati dall’articolo
133 del c.p. per la concessione delle attenuanti generiche. Questa suprema
Corte ha più volte affermato che ai fini dell’applicabilità delle circostanze
attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen., il Giudice deve riferirsi ai
parametri di cui all’art. 133 del codice penale, ma non è necessario, a tale
fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha
inteso fare riferimento (nel caso di specie — per quanto sopra osservato l’assenza di elementi utili ai fini del riconoscimento di tali attenuanti, la gravità
del fatto e il comportamento processuale dell’imputato; si veda sul punto ad
esempio Sez. 2, Sentenza n. 2285 del 11/10/2004 Ud. – dep. 25/01/2005 Rv. 230691; Sez. 6, Sentenza n. 34364 del 16/06/2010 Ud. – dep.
23/09/2010 – Rv. 248244).
Inoltre, sempre secondo i principi di questa Corte — condivisi dal
Collegio – ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al
diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto
a prendere in considerazione tutti gli elementi prospettati dall’imputato
essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezionale
conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla

attenuanti generiche qualifica la decisione circa la sussistenza delle

concessione delle circostanze, ritenute di preponderante rilievo. Ad esempio
in un caso posto all’attenzione di questa Suprema Corte – che ha considerato
corretta la relativa motivazione – il giudice di merito aveva ritenuto che non
potessero concedersi le attenuanti generiche in relazione alla gravità del fatto
(Si veda Sez. 1, Sentenza n. 3772 del 11/01/1994 Ud. – dep. 31/03/1994 Rv. 196880; Sez. 1, Sentenza n. 1666 del 11/12/1996 Ud. -dep. 21/02/1997

– Rv. 246045). Infine, per la concessione o il diniego delle circostanze
attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli
elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a
determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo
elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle
modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso (Sez. 2,
Sentenza n. 3609 del 18/01/2011 Ud. – dep. 01/02/2011 – Rv. 249163).
Si devono, infine, confermare le statuizioni civili e condannare
l’imputato alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla costituita Parte
Civile, s.p.a. R.T.I., che si liquidano in complessivi € 2.500,00 oltre IVA e
CPA.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla
condanna di Liu Ruoxi per il reato di cui al capo F perché lo stesso non è più
previsto dalla legge come reato; per l’effetto elimina la pena irrogata per il
reato al capo F e ridetermina la pena in quella di anni 2 (due) e mesi 4
(quattro) di reclusione ed € 1.900,00 (millenovecento) di multa. Rigetta nel
resto il ricorso, confermando le statuizioni civili. Condanna, inoltre, l’imputato
alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla costituita Parte Civile,
s.p.a. R.T.I., che si liquidano in complessivi € 2.500,00 oltre IVA e CPA.

Così deliberato in camera di consiglio, il 06/06/2013.

– Rv. 206936; Sez. 2, Sentenza n. 106 del 04/11/2009 Ud. – dep. 07/01/2010

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