Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35184 del 19/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35184 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BOURNIK ABDERRAHIM N. IL 20/02/1974
avverso la sentenza n. 5/2013 CORTE ASSISE APPELLO di MILANO,
del 17/07/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

Data Udienza: 19/06/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE — SEZIONE SETTIMA PENALE

Udienza del 1 9/6/2014 – n.

67 del ruolo

Premesso che, con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di assise di appello di Milano, ridotta la pena principale (a quindici anni di reclusione), ha confermato, nel resto la sentenza del
giudice della udienza preliminare del Tribunale ordinario di Milano, 22 maggio 2012, a carico di
BOURNIK Abderrahim, imputato del delitto di omicidio tentato in danno di Eddaoudi
Mohamed e della contravvenzione di cui all’articolo 4 della legge 18 aprile 1975, n. no, motivando, per quanto qui rileva: non deve essere riconosciuta la attenuante della provocazione postulata dall’appellante per la asserita ingiuria rivoltagli dalla vittima; difetta per vero la prova del fatto ingiusto, non suffragato se non dalle dichiarazioni del giudicabile non sempre concordanti; e
neppure devono essere concesse circostanze attenuanti generiche, in quanto la confessione fu
necessitata alla stregua delle evidenze della prova orale offerta dai testi oculari del fatto di sangue e delle tracce ematiche presenti sul volto e sul petto dell’appellante; laddove costui ha, poi,
reso dichiarazioni contraddittorie, mendacemente ritrattando la ammissione di essersi recato a
casa per prelevare l’arma del delitto, non ha collaborato per il recupero del coltello, né per la ricostruzione della causale dal fatto;
Rilevato che l’imputato ha proposto ricorso per cassazione denunziando violazione di legge e
vizio di motivazione; lamentando il diniego della provocazione e delle circostanze attenuanti
generiche; e, in proposito, argomentando, quanto alla provocazione, la valenza probatoria delle
dichiarazioni del giudicabile, sotto altro profilo valorizzate dalla stessa Corte territoriale, la ingiustizia del comportamento offensivo e aggressivo della persona offesa, lo stato di ira insorto, il
nesso eziologico e la contestualità di azione tra la offesa e la reazione delittuosa; e, quanto alle
circostanze attenuanti generiche, la occasionalità della condotta e la correttezza del contegno
processuale, derivando dalla concitazione le stigmatizzate contraddizioni;
Rilevato che, debitamente avvisati della trattazione della impugnazione davanti a questa Sezione, tabellarmente deputata alla declaratoria della inammissibilità dei ricorsi, né il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte ha presentato requisitorie, né il ricorrente ha
depositato memorie;
Considerato che il ricorso è manifestamente infondato: non ricorre — alla evidenza — il vizio
della violazione di legge: né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto
dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie); né sotto il profilo
della erronea applicazione, avendo il giudice a quo esattamente interpretato le norme applicate,
alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte; né, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato;
infine, il giudice di merito ha dato conto adeguatamente — come illustrato nel paragrafo che precede — delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da
illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di
legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati
sotto la prospettazione di v iti a della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure
di merito, sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per
cassazione, sono inammissibili a’ termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen..
Considerato che conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché — non escludendosi profili di colpa
nella proposizione della impugnazione — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 19 giugno 2014.

Ricorso n. 44.149/2014 R. G.

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