Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35182 del 22/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35182 Anno 2013
Presidente: GENTILE DOMENICO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARCIDIACONO ANTONIO N. IL 13/12/1960
avverso la sentenza n. 3056/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
14/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 22/05/2013

ARCIDIACONO Antonio ricorre per Cassazione avverso la sentenza
14.6.2012 con la quale la Corte di Appello di Catania lo ha condannato alla
pena di mesi 4 di arresto per la violazione dell’art. 3 bis 1. 575/65, perché,
sorvegliato speciale di PS con l ‘obbligo di versare la somma di €3.000,00 a
titolo di cauzione, violava tale prescrizione non versando la predetta somma
nel termine fissato. In Catania il 6.7.2008
La difesa dell’imputato richiede l’annullamento della sentenza impugnata
deducendo:
1) vizio di motivazione ex art. 606 r\ comma lett. e) cpp, perchè la Corte
d’Appello non ha preso in considerazione le circostanze di fatto nelle
quali versava il ricorrente al momento della notificazione del
provvedimento della sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza.
2) vizio di motivazione, ex art. 606 I^ comma lett. e) cpp, perchè la Corte
territoriale ha negato le attenuanti di cui all’art. 62 bis cp con una
motivazione del tutto generica e nel contempo con motivazione
altrettanto generica ha negato il beneficio della conversione della pena
detentiva in altra e diversa sanzione alternativa ex art. 53 1. 689/1981
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato per entrambi gli aspetti dedotti.
In particolare, con riferimento al primo motivo di ricorso, va osservato che
la Corte territoriale, richiamando i principi di cui alla sentenza Cass.
11.7.2008 n. 39025 ha affermato che l’imputato non ha assolto al proprio
onere di fornire una dimostrazione della propria impossibilità
all’adempimento dell’obbligazione pecuniaria del versamento della
cauzione. Sul punto la Corte catanese ha fatto presente che la difesa si è
limitata ad enunciare verbalmente l’ esistenza di uno stato di indigenza
senza dare una dimostrazione. La motivazione della decisione non significa,
come sostiene la difesa, che la Corte territoriale non ha inteso valutare la
deduzione difensiva, ma ha affermato che la suddetta deduzione è priva di
dimostrazione; la motivazione della Corte territoriale è insuscettibile delle
censure mosse che sono manifestamente infondate.
Con riferimento al secondo motivo di ricorso va osservato che la Corte
Catanese, prendendo in considerazione quanto previsto dall’art. 133 cp in
aderenza ai principi stabiliti in sede di legittimità [Cass. pen., sez.
10.7.2009, n. 38383] ha affermato di non avere rinvenuto elementi di fatto
in base ai quali poter giustificare una diversa decisione. La motivazione è
sufficiente e non incorre in vizi di legittimità, trattandosi di calutazione di
merito non sindacabile nella presente sede. Parimenti si deve ritenere del
tutto congrua la motivazione per la quale la Corte Catanese ha ritenuto di
non accordare la conversione della pena detentiva in altra e diversa sanzione
secondo la disciplina dettata dall’art. 53 1. 689/81. Il collegamento della
scelta alla valutazione del comportamento e della personalità dell’imputato
in relazione alla previsione di una sua condotta futura costituisce anche in

MOTIVI DELLA DECISIONE

questo caso motivazione sufficiente in relazione alla decisione di non
riconoscere la “conversione” della pena detentiva in pecuniaria.
Per le suddette ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il
ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della
somma di £ 1.000,00 alla Cassa delle Ammende, ravvisandosi nella condotta
dell’imputato aspetti di responsabilità rilevante ex art. 616 cpp.
P.Q.M.

Così deciso in Roma il 22.5.2013

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di E 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

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