Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35175 del 19/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35175 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CASCIO SALVATORE N. IL 12/10/1968
avverso l’ordinanza n. 2167/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 19/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

Data Udienza: 19/06/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE SETTIMA PENALE

Ricorso n. 44.005/2014 R. G.

Udienza del 1 9/6/2014

n. 57 del ruolo

Rilevato che l’interessato ha proposto ricorso per cassazione denunziando violazione di legge e,
nello sviluppo delle deduzioni, vizio di motivazione, argomentando che non potesse escludersi la
tossicodipendenza nei primi anni della detenzione, che rileva anche la dipendenza psichica, che
l’emancipazione non era completa, che il giudice a quo non aveva valutato il programma;
Rilevato che, debitamente avvisati della trattazione della impugnazione davanti a questa Sezione, tabellarmente deputata alla declaratoria della inammissibilità dei ricorsi, né il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte ha presentato requisitorie, né il ricorrente ha
depositato memorie;
Considerato che il ricorso è manifestamente infondato: non ricorre — alla evidenza — il vizio
della violazione di legge: né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto
dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie); né sotto il profilo
della erronea applicazione, avendo il giudice a quo esattamente interpretato le norme applicate,
alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte; infine, il giudice di merito ha dato conto
adeguatamente — come illustrato nel paragrafo che precede — delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione e, pertanto,
sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione di v itia
della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicché, consistendo in
motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’
termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen..
Considerato che conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché — apprezzandosi rilevanti profili di
colpa nella proposizione della impugnazione inequivocabilmente pretestuosa — al versamento a
favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina nella misura congrua ed
equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 19 giugno 2014.

Premesso che, con il provvedimento in epigrafe riportato, il Tribunale di sorveglianza di Torino ha respinto la richiesta di affidamento i prova in casi particolari, ai sensi dell’articolo 94 del
Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope etc.., approvato con d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, avanzata dal condannato CASCIO Salvatore,
motivando, sulla base della relazione sanitaria recante la data del 14 maggio 2013, che difettava
l’attualità della tossicodipendenza, alla stregua degli indicatori dell’ DSM – IV – Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, in quanto da circa due anni l’instante era in fase di «remissione protratta completa in ambiente controllato»; che il trattamento, esclusivamente ambulatoriale praticato a mezzo colloqui di sostegno psicologico, poteva in ogni caso essere proseguito in ambiente intramurario fino al previsto termine di 12 – 18 mesi, a fronte della durata ben
maggiore della pena;

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