Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35165 del 19/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35165 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MEDRI SEBASTIANO N. IL 20/01/1947
avverso l’ordinanza n. 284/2013 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
25/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

Data Udienza: 19/06/2014

.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE — SEZIONE SETTIMA PENALE

Ricorso n. 43.543/2014 R. G.

Udienza del 19/6/2014 – n.

42 del ruolo

Premesso che, con il provvedimento in epigrafe riportato, la Corte di appello di Venezia, in funzione di giudice della esecuzione, ha rigettato la richiesta di riconoscimento
della continuazione avanzata dal condannato MEDRI Sebastiano in relazione ai reati
giudicati colle sentenze meglio indicate nel provvedimento, motivando che non constava che i reati fossero frutto di una unica, medesima risoluzione criminosa, costituendo,
invece, estrinsecazione di abitualità di vita delittuosa;
Rilevato che l’interessato ha proposto ricorso per cassazione denunziando violazione
di legge, in relazione agli articoli 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, reputata contraddittorie e insufficiente, contestando che il dato cronologico e
la diversità del titolo dei reati sia di ostacolo alla continuazione e postulando, in relazione alla tipologia dei reati, alle circostanze e alla relativa tempistica, la ricorrenza di
un unico, medesimo disegno criminoso;
Rilevato che, debitamente avvisati della trattazione della impugnazione davanti a questa Sezione, tabellarmente deputata alla declaratoria della inammissibilità dei ricorsi,
né il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte ha presentato requisitorie, né il ricorrente ha depositato memorie;
Considerato che il ricorso è manifestamente infondato: non ricorre — alla evidenza —
la violazione di legge, in quanto il giudice della esecuzione ha negato la applicazione
della continuazione sulla base della rappresentazione dell’accertamento (operato
all’esito dell’analisi delle condotte) del difetto del presupposto previsto dall’articolo 81
cod. pen. per il riconoscimento della continuazione medesima; né ricorre vizio alcuno
della motivazione, poiché il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come illustrato nel paragrafo che precede — delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i
confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione e, pertanto, sottratta
a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione
di v itia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’ termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen.;
Considerato che conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché — apprezzandosi
rilevanti profili di colpa nella proposizione della impugnazione inequivocabilmente pretestuosa — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte
determina nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 19 giugno 2014.

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