Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35164 del 19/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35164 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BASHO KAZIM N. IL 18/08/1980
avverso l’ordinanza n. 280/2013 TRIBUNALE di ROMA, del
16/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

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Data Udienza: 19/06/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE — SEZIONE SETTIMA PENALE

Udienza del 19/6/2014 – n.

41 del ruolo

Premesso che, con il provvedimento in epigrafe riportato, il Tribunale ordinario di
Roma, in composizione monocratica e in funzione di giudice della esecuzione, ha rigettato la richiesta di riconoscimento della continuazione avanzata dal condannato BASHO Kazim in relazione ai reati giudicati colle sentenze meglio indicate nel provvedimento, motivando che non constava che i reati fossero frutto di una unica, medesima
risoluzione criminosa, trattandosi, invece, della scelta di vita delittuosa del condannato
volta a trarre profitto dalla attività di spaccio di stupefacenti;
Rilevato che l’interessato ha proposto ricorso per cassazione denunziando violazione
di legge, in relazione agli articoli 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione, e postulando in relazione alla tipologia dei reati, alle circostanze e alla relativa tempistica la ricorrenza di un medesimo disegno criminoso;
Rilevato che, debitamente avvisati della trattazione della impugnazione davanti a questa Sezione, tabellarmente deputata alla declaratoria della inammissibilità dei ricorsi,
né il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte ha presentato requisitorie, né il ricorrente ha depositato memorie;
Considerato che il ricorso è manifestamente infondato: non ricorre — alla evidenza —
la violazione di legge, in quanto il giudice della esecuzione ha negato la applicazione
della continuazione sulla base della rappresentazione dell’accertamento (operato
all’esito dell’analisi accurata delle condotte) del difetto del presupposto previsto
dall’articolo 81 cod. pen. per il riconoscimento della continuazione medesima; né ricorre vizio alcuno della motivazione, poiché il giudice a quo ha dato conto adeguatamente — come illustrato nel paragrafo che precede — delle ragioni della propria decisione,
sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente
contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione e,
pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto
la prospettazione di v itia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con
il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’ termini dell’articolo 6o6, comma 3, cod.
proc. pen.;
Considerato che conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché — apprezzandosi
rilevanti profili di colpa nella proposizione della impugnazione inequivocabilmente pretestuosa — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte
determina nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 19 giugno 2014.

Ricorso n. 43.526/2014 R. G.

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