Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35153 del 19/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35153 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RECCHIA HUGUES N. IL 07/10/1950
avverso l’ordinanza n. 4523/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 18/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;

Data Udienza: 19/06/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE — SEZIONE SETTIMA PENALE
R. G.

Udienza del 1 9/6/2014 – n.

28 del ruolo

Premesso che, con il provvedimento in epigrafe riportato, il Tribunale di sorveglianza
di Roma ha rigettato la richiesta di rinvio della esecuzione, presentata dal condannato
RECCHIA Hugues, motivando, previa considerazione delle patologie dalle quali il detenuto è affetto, che non consta un quadro di grave infermità fisica, né primaria, né indotta dalla depressione; che non ricorrono le condizioni per il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario; che le terapie intramurarie sono adeguate; che la carcerazione non
contrasta con senso di umanità; che il condannato presenta eccezionale profilo di prericolosità, tra l’altro estrinsecatosi durante la applicazione di misure alternative, le quali
furono revocate;
Rilevato che l’interessato ha proposto ricorso per cassazione denunziando violazione
di legge e vizio di motivazione, illustrando patologie e prospettive terapeutiche, postulandone la inconciliabilità con la detenzione, argomentando la contrarietà della restrizione intramuraria col senso di umanità e la attenuazione della pericolosità;
Rilevato che, debitamente avvisati della trattazione della impugnazione davanti a questa Sezione, tabellarmente deputata alla declaratoria della inammissibilità dei ricorsi,
né il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte ha presentato requisitorie, né il ricorrente ha depositato memorie;
Considerato che il ricorso è manifestamente infondato: non ricorre — alla evidenza —
il vizio della violazione di legge: né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il
giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie); né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il giudice a quo esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da
questa Corte; infine, il giudice di merito ha dato conto adeguatamente — come illustrato
nel paragrafo che precede — delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione e, pertanto, sottratta a
ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità; laddove i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benché inscenati sotto la prospettazione di
vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito, sicché,
consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’ termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen..
Considerato che conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché — apprezzandosi
rilevanti profili di colpa nella proposizione della impugnazione inequivocabilmente pretestuosa — al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte
determina nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 19 giugno 2014.

Ricorso n. 43.245/2014

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