Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35128 del 17/07/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35128 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Ligato Bartolo Angelo, nato a Gioia Tauro, il 12/12/1983;

avverso l’ordinanza del 27/2/2014 del Tribunale di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mario
Pinelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Reggio Calabria, quale giudice del rinvio a seguito dell’annullamento
da parte di questa Corte di precedente provvedimento, rigettava il riesame proposto
da Ligato Angelo Bruno avverso l’ordinanza con cui il G.i.p.d ella stessa città gli ha

Data Udienza: 17/07/2014

applicato la custodia cautelare in carcere per il reato di cui all’art. 416-bis c.p.
pluriaggravato.
2. Avverso l’ordinanza ricorre il Ligato a mezzo del proprio difensore deducendo vizi
della motivazione e la violazione del vincolo di rinvio. In particolare il ricorrente
lamenta che il Tribunale non avrebbe spiegato, come invece imposto con
l’annullamento del precedente provvedimento, le ragioni per cui l’indagato possa
effettivamente identificarsi con il soggetto appellato “Cagiunga” nel corso di alcune

l’effettiva intraneità del Ligato al sodalizio mafioso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2. Nell’annullare il precedente provvedimento reiettivo questa Corte aveva individuato
due precise lacune motivazionali. La prima riguardava l’effettiva possibilità di ritenere
che il “Cagiunga” evocato nelle intercettazioni si identificasse con il Ligato, atteso che
il Tribunale aveva in tal senso trascurato di confrontarsi con il contenuto di una
conversazione intervenuta tra Bellocco Francesco – figlio del “capo bastone”
individuato come l’immediato referente gerarchico dell’indagato nell’ambito della
consorteria – e lo stesso Ligato nel corso della quale i due sembravano riferirsi al
menzionato “Cagiunga” in terza persona. La seconda lacuna veniva invece individuata
nel sommario riferimento operato dai giudici del riesame al ruolo svolto dall’indagato
nella vicenda che aveva interessato Piromalli Luigi e la sua riabilitazione in seno alla
cosca per ordine dello stesso Bellocco.
3.

Il Tribunale ha adeguatamente corrisposto alle indicazioni contenute nel

provvedimento di annullamento, sanando in maniera più che adeguata alle menzionate
lacune motivazionali.
3.1 In particolare, con riguardo all’identificabilità del Ligato con il “Cagiunga”, i giudici
del riesame non solo hanno fatto riferimento ad alcune intercettazioni dalle quali la
circostanza emerge in maniera inequivocabile (tanto che in una di queste è lo stesso
indagato a presentarsi come “Angelo Bartolo Cagiunga”), ma altresì hanno spiegato in
maniera esaustiva, attraverso una analisi testuale e logica del suo contenuto, le
ragioni per cui nella conversazione eccepita dalla difesa il Ligato e il Belloco avessero
parlato del “Cagiunga” in terza persona, evidenziando come nel frangente il Bellocco
stava riportando al sodale quanto riferitogli da altri.
3.2 Quanto invece all’altra vicenda il Tribunale ha ripercorso il contenuto dei colloqui
intervenuti tra il Piromalli – che era all’epoca detenuto – e il padre, evidenziando in

intercettazioni, nonché avrebbe omesso di indicare gli elementi in grado di supportare

maniera del tutto logica ed aderente al contenuto testuale delle conversazioni come
dal contenuto degli stessi emergesse che il Ligato (sollecitato dal padre del Piromalli
che gli aveva fatto leggere l’incartamento processuale da cui si evinceva che il figlio,
contrariamente alla convinzione che si era diffuso all’interno del sodalizio, non aveva
accusato del furto di una moto un altro affiliato) si era fatto promotore presso il
Bellocco della necessità di “riabilitare” l’affiliato, recandosi all’uopo nel luogo in cui
questi era latitante e riportandone le conseguenti direttive. Episodio dal quale

“luogotenente” del Bellocco ricoperto dall’indagato, avvalorato peraltro dagli esiti di
altre intercettazioni nel corso delle quali il Ligato dimostrava di essere a conoscenza
delle interessenze occulte del Bellocco in un appalto.

4. Sul primo punto il ricorrente lamenta che il Tribunale non si sarebbe confrontato
con il contenuto dell’intercettazione tra il Bellocco e il Ligato (prog. 60), limitandosi ad
evocare le altre conversazioni citate nell’ordinanza impugnata ed aggirando così il
vincolo di rinvio. Alla luce di quanto illustrato in precedenza è allora evidente il difetto
di correlazione tra la censura difensiva e l’effettivo contenuto della motivazione resa
dai giudici del riesame, che – come si è visto – hanno invece fornito una logica
spiegazione delle ragioni per cui nella suddetta conversazione il “Cagiunga” sia stato
evocato in terza persona. Va quindi ribadito come sia inammissibile il ricorso per
cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate
dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, che
non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (Sez. 2, n. 19951 del
15 maggio 2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; Sez. 1 n. 39598 del 30 settembre 2004,
Burzotta, Rv. 230634).

5. Con riguardo alla vicenda Piromalli le doglianze avanzate con il ricorso si rivelano
manifestamente infondate e generiche a tal punto da risultare eccentriche. Ed infatti il
ricorrente lamenta il difetto di “riscontri individualizzanti rispetto alla chiamata di
correo”, dimenticando che il compendio indiziario valutato dal Tribunale non
comprende dichiarazioni etero accusatorie e che in sede di annullamento questa Corte
aveva peraltro rilevato un mero difetto di indicazione delle fonti probatorie in grado di
avvallare le conclusioni assunte in precedenza dal Tribunale.
Peraltro, qualora dovesse interpretarsi la censura

nel senso per cui anche le

dichiarazioni eteroaccusatorie raccolte attraverso la captazione occulta necessitino di
sufficiente corroboration individualizzante – ma già il fatto che questa Corte debba
formulare ipotesi interpretative sul significato dei motivi di ricorso è sintomo
inequivocabile del tasso di aspecificità degli stessi – è sufficiente ricordare che gli indizi
raccolti nel corso di conversazioni telefoniche intercettate, a cui non abbia partecipato

altrettanto logicamente i giudici del riesame hanno ritratto la prova del ruolo di

l’imputato, possono costituire fonte diretta di prova, senza necessità di reperire
riscontri esterni, a condizione che siano a) gravi, cioè consistenti e resistenti alle
obiezioni e quindi attendibili e convincenti; b) precisi e non equivoci, cioè non generici
e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto verosimile; c) concordanti, cioè
non contrastanti tra loro e, più ancora, con altri dati o elementi certi (Sez. 1, n. 40006
del 11 aprile 2013, Vetro, Rv. 257398). Nel caso di specie le intercettazioni utilizzate
dal Tribunale corrispondono a tali caratteristiche, mentre – per le ragioni spiegate

sussiste motivo per ritenere che gli stessi non stiano riferendo circostanze vere. Ma ciò
che più conta, il ricorso anche sotto questi profili ha omesso qualsiasi confronto con la
motivazione resa dai giudici del riesame, né ha indicato eventuali elementi in grado di
mettere in discussione la tenuta argonientativa del ragionamento probatorio reso dai
medesimi.

6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p.
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 17/7/2014

nell’ordinanza impugnata – non vi è dubbio che i Piromani parlino del Ligato, né

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