Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35127 del 17/07/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35127 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PALLA STEFANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SPANO’ GIUSEPPE N. IL 18/10/1969
avverso l’ordinanza n. 1076/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 15/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott.IXANO PALLA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. S) ■
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 17/07/2014

FATTO E DIRITTO
Spanò Giuseppe ricorre avverso l’ordinanza 15.3.14 del Tribunale del riesame di Reggio Calabria
con la quale, in accoglimento dell’appello proposto ex art.310 c.p.p. dal locale p.m., è stata
applicata la misura cautelare della custodia in carcere al prevenuto per i reati di cui ai capi B
(artt.110, 479 c.p., 71.n.203/91) e C (artt.110, 378 c.p., 7 1.n.203/91).

riesame adottato una motivazione apparente nell’annullare l’ordinanza sostitutiva della misura
custodiale in carcere con quella degli arresti domiciliari, avendo fatto rinvio per relationem sia alla
primigenia ordinanza applicativa della misura carceraria che a quella emessa dal tribunale all’ esito
del procedimento di riesame, pur se l’istanza difensiva era stata avanzata ai sensi dell’art.299 c.p.p.
e non involgeva alcun profilo di gravità indiziaria.
Era perciò mancata — lamenta il ricorrente — da parte del tribunale una argomentazione sua propria
in ordine alla prospettazione difensiva circa l’attenuazione delle esigenze cautelari, non avendo i
giudici della cautela considerato, quale elemento di ‘novità’, che proprio un accertamento operato
dalla p.g. aveva corroborato la idoneità degli arresti domiciliari a salvaguardare le esigenze cautelari
del caso, avendo Bagnato Ferdinando, soggetto scevro da precedenti o pendenze penali, dato la sua
disponibilità ad accogliere lo Spanò in regime di arresti domiciliari.
Era quindi illogico il ragionamento del tribunale che aveva affermato essere inidonea ed
insufficiente la detenzione domestica a tutelare le esigenze di cautela, avendo inoltre omesso di
considerare non solo l’intervenuta sospensione dall’ufficio istituzionale ricoperto dal ricorrente, ma
anche la figura soggettiva di chi pone in essere il reato di cui all’art.479 c.p., quale reato c.d.
proprio, suscettibile di realizzazione da chi rivesta la qualifica richiesta dalla norma e, soprattutto,
nell’esercizio delle funzioni, non potendo le esigenze cautelari tradursi in un automatismo nella
applicazione della misura carceraria ovvero nell’annullamento del provvedimento sostitutivo della
stessa.
Osserva la Corte che il ricorso non è fondato.

Deduce il ricorrente violazione dell’art.606, comma 1, lett.b),c) ed e) c.p.p., per avere i giudici del

Il tribunale reggino, con motivazione esaustiva ed immune da profili di contraddittorietà e/o di
illogicità, dopo aver compiutamente analizzato le doglianze del p.m. appellante, alla luce del
provvedimento con cui il g.i.p. aveva ritenuto sufficiente la misura degli arresti domiciliari a
tutelare le perduranti esigenze cautelari di cui alle lett.a) e c) dell’art.274 c.p.p., confrontandole con
le argomentazioni della difesa che tale misura reputava invece idonea a salvaguardare le

richiamo ai precedenti provvedimenti emessi in sede di cautela dal g.i.p. prima (con l’ordinanza
applicativa della misura cautelare intramuraria, in data 22.7.13) e dal tribunale del riesame poi (con
ordinanza 16.8.13 che tale misura ha confermato), come proprio l’elemento principale di ‘novità’
rappresentato dalla difesa e ritenuto idoneo dal g.i.p., nel suo provvedimento del 29.10.13, a far
ritenere salvaguardate le predette esigenze con la misura detentiva domiciliare, in altro non
consisteva se non in un ‘presunto’ elemento di novità.
Gli accertamenti che lo stesso g.i.p. aveva infatti disposto in ordine all’idoneità in concreto della
misura domiciliare in Peschiera del Garda a tutelare le ricordate esigenze — ha rimarcato il tribunale
della libertà nel provvedimento oggi ricorso – erano consistiti nella comunicazione 24.10.13 con cui
il Comando Stazione Carabinieri di Peschiera del Garda indicava che Bagnato Ferdinando, di fatto
domiciliato alla via Madonnina n.2 di Peschiera del Garda, risultato ‘scevro da precedenti o
pendenze penali’, era disponibile ad accogliere il cognato Spanò Giuseppe nel proprio appartamento
.

incontestate esigenze, ha evidenziato, con motivazione tutt’altro che apparente o di semplice

Si era quindi trattato di una mera disponibilità a fornire ospitalità al cognato, peraltro già nota al
tribunale della libertà il quale l’aveva ritenuta inidonea a far affievolire le esigenze cautelari, così
come l’intervenuta sospensione dal servizio dello Spanò, agente della Polizia Municipale del
Comune di San Ferdinando, in quanto, proprio le modalità di commissione del reato di falso
aggravato addebitatogli (eseguito allorchè lo Spanò era libero dal servizio) erano indicative del
pericolo di reiterazione di condotte illecite per favorire gli interessi della ‘Cosca Bellocco’, alla
quale lo legavano anche ragioni di parentela, non essendovi elementi per poter escludere azioni in

z

favore della cosca proprio avvalendosi di quelle competenze burocratico-amministrative, come
rilevato dal tribunale reggino in sede di riesame, maturate nel settore di pertinenza nonché delle
conoscenze personali all’interno del Comando della locale polizia.
Oltre a tali pregnanti considerazioni, svolte anche richiamando legittimamente il contenuto delle
precedenti ordinanze de libertate, il tribunale reggino ha evidenziato l’errore di valutazione

detto giudice considerato i , nonché l’assenza di
alcun controllo circa l’idoneità della misura affievolita a garantire che dalla sede di detenzione
domiciliare lo Spanò non possa avere contatti, anche indiretti, con l’ambiente criminale in cui sono
maturati i delitti per cui si procede.
Tale mancato accertamento — hanno perspicuamente sottolineato i giudici reggini — si è tradotto
proprio nell’assenza di quell’elemento di ‘novità’ che solo avrebbe consentito di superare il
giudicato cautelare formatosi anche in punto di esigenze cautelari, sì da poter ritenere le persistenti
originarie esigenze salvaguardate con la detenzione domiciliare in Peschiera del Garda, a nulla
rilevando la mera lontananza dal luogo dei reati, permanendo immutato — hanno correttamente
osservato da ultimo i giudici della libertà — il pericolo di inquinamento probatorio, potendo
agevolmente lo Spanò, dalla detenzione domiciliare, tentare di influire, per alleggerire la propria
posizione processuale, sui soggetti da esaminare in dibattimento ed ostacolare altresì l’accertamento
dei fatti, atteso < come lo Spanò sia fortemente inserito nelle dinamiche agevolatrici della cosca compiuto dal g.i.p. nel ritenere la idoneità della misura gradata degli arresti domiciliari, non avendo mafiosa e che la detenzione domiciliare di per se stessa appare inidonea ed insufficiente ad evitare che lo stesso possa concretamente non solo reiterare condotte criminose, ma soprattutto inquinare l'acquisizione delle prove, come già fatto in passato>, avendo già dato dimostrazione di poter
‘influire’ sulla formazione di documenti pubblici falsi onde < agevolare la realizzazione degli interessi criminosi della potente consorteria mafiosa criminale dei Bellocco >.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

3

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda la cancelleria per gli adempimenti esecutivi.

Roma, 17 luglio 2014

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