Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35119 del 06/06/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 35119 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARKU PAULIN ALIAS PAOLO N. IL 16/02/1978
avverso la sentenza n. 5332/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
13/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona delDott. VI
che ha concluso per

AP

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

(fl
,

A

*LP

QAÌìit,G:

v\k,e1,, l(R

iut

c

m-4

pip§i/W-

Data Udienza: 06/06/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 23/12/2004, emessa nella
contumacia dell’imputato, già dichiarato latitante con provvedimento del
G.I.P. di quella città del 27/6/2003, condannò, per quel che qui rileva, Marku
Paulin, giudicato colpevole dei reati di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. n.
309/1990, alla pena stimata di giustizia.

confermò la statuizione di primo grado.

3. Divenuta irrevocabile quest’ultima sentenza il 29/12/2005, Il
Marku, in data 2/8/2011, venne ratto in arresto.

4. Con ordinanza del 20/10/2011 la Corte d’appello di Milano rigettò
istanza di rimessione in termini per l’impugnazione avanzata dal condannato.
La detta ordinanza venne annullata dalla Corte suprema di cassazione con
sentenza del 6/6/2012. La Corte d’appello ambrosiana, quale giudice del
rinvio, con provvedimento del 20/7/2012 rimise in termini per l’impugnazione
il Marku, revocando l’irrevocabilità della sentenza di merito e sospendendo
l’esecuzione nei confronti dell’imputato.

5. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 13/12/2012,
confermò la sentenza del Tribunale del 23/12/2004.

6.

Avverso quest’ultima sentenza oggi l’imputato ricorre

prospettando quattro motivi di censura.

6.1. Con il primo motivo il Marku denunzia violazione degli artt.
627, 178, lett. c), 179, cod. proc. pen. Assume il ricorrente che la pronuncia
della Cassazione del 6/6/2012 aveva comportato la invalidità (implicita) del
decreto di latitanza, fondato sull’erroneo presupposto della conoscenza da
parte dell’indagato del processo penale a suo carico.

6.2. Con il successivo motivo viene denunziata l’erronea
applicazione degli artt. 420bis, 420quater, comma 4, 484, comma 2, cod.
proc. pen. Con l’appello era stata eccepita la nullità del giudizio di primo
grado, non avendo avuto l’imputato effettiva conoscenza di esso. La Corte
territoriale aveva errato nel ritenere applicabili al latitante le norme sulla
contumacia, stante che la condizione di latitanza non implica necessariamente
1

2. La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 16/11/2005,

quella di contumace (basti pensare alla situazione nella quale, alla prima fase,
nella quale l’imputato è mosso dal desiderio di sottrarsi la giudizio, ne segua
altra nella quale gli è impedito per ragioni oggettive di partecipare al
processo); né la mera circostanza che l’imputato avesse mutato le proprie
generalità equivale a provata conoscenza del processo a suo carico.

6.3. Con il terzo motivo il Marku si duole della violazione degli artt.
175 e 604 n. 4, cod. proc. pen. Ove le norme venissero interpretate nel senso

6 della CEDU, stante che l’art. 175, cod. proc. pen., consentirebbe la
rimessione, ma non garantirebbe al contumace rimesso in termini la
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, né gli assicurerebbe il diritto alla
regressione procedimentale. Poiché l’interpretazione conforme al diritto
comunitario spetta al giudice nazionale comune, secondo il ricorrente, non
resta che interpretare la norma nel senso auspicato.

6.4. Con l’ultimo motivo il ricorrente rassegna l’eccezione
d’illegittimità costituzionale, nel caso in cui l’interpretazione divisata in sede di
legittimità fosse diversa da quella proposta. Secondo la dedotta eccezione il
comma 2 dell’art. 175, cod. proc. pen., così letto, verserebbe in contrasto con
gli artt. 24, comma 2, 111 e 3 della Carta costituzionale, nonché con il
precitato art. 6 della CEDU.

CONSIDERATO IN DIRITTO
7. Il primo motivo è infondato.
Al contrario di quel che mostra di ritenere il ricorrente questa Corte con la
sentenza n. 22332 del 6/6/2012 emessa dalla VI Sezione, lungi dall’aver
espresso giudizio di invalidità del decreto di latitanza, si è limitata ad
affermare il principio, peraltro già consolidato (cfr. nello stesso senso Cass.,
V, n. 11749 del 21/10/1992; Cass., Sez. III, n. 1805/011 dell’1/12/2010),
che la dichiarazione in parola non impedisce di affermare con certezza la
volontà dell’imputato di disertare il processo restando contumace, con la
conseguenza che,ove ne sussistano i presupposti, costui può essere rimesso
in termini.

8. Il secondo motivo è anch’esso privo di fondamento.
Fermo restando che la rimessione in termini non implica, siccome
vorrebbe il ricorrente, alcuna necessaria, seppure implicita, declaratoria di
nullità di atti processuali, sarebbe stato onere dell’imputato restituito in

2

fatto proprio dalla Corte di Milano risulterebbe stridente il contrasto con l’art.

termini per l’impugnazione chiedere nel giudizio d’appello la rinnovazione
dell’istruttoria (da ultimo, Cass., Sez. III, n. 1805/011 dell’1/12/2010). Poiché
il predetto non ha allegato di avere avanzato una tale richiesta, rimasta
ingiustamente disattesa, la doglianza oggi esposta non può trovare il conforto
di questa Corte.

9. Proprio per quanto sopra esposto risulta destituita di giuridico
fondamento la dedotta violazione dell’art. 6 della CEDU: esattamente- al

di averne interesse, avanzando precipua richiesta, è consentita la
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
L’affermazione del principio di cui sopra rende manifestamente infondata
l’eccezione d’incostituzionalità prospettata con l’ultimo motivo.

10. All’epilogo consegue la condanna del Marku al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il 6/6/2013.

contrario dell’asserto impugnatorio, all’imputato rimesso in termini che mostri

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA