Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35117 del 06/06/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35117 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SALAMONE FILIPPO N. IL 02,103/1971
SALAMONE ELEONORA N. IL 03/06/1988
LA BARBERA CASTRENZE N. IL 11/05/1966
avverso la sentenza n. 976/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
19/07/2002
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/06/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 1 \1)
che ha concluso per
\

(9

Udito, per la

civile, l’Avv

Uditi difenior Avv.

Uh,3

Data Udienza: 06/06/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Il GUP del Tribunale di Agrigento, con sentenza del 27/9/2011,
giudicò Salamone Filippo, Salamone Eleonora e La Barbera Castrenze
colpevoli dei reati di cui, rispettivamente, ai capi: a) Salamone Filippo, 17),
artt. 81, 110, cod. pen. e 73, d.P.R. n. 309/1990; 19), artt. 110, 628, commi
5 e 3, n. 1, cod. pen.; 22), artt. 110, 624bis e 625 n. 2, cod. pen.; 24),
624bis, 625 n. 2, cod. pen.; 26), 110, 624bis e 625 n. 2, cod. pen.; b)

Castrenze, 19); 20), artt. 110, 56, 628, commi 1 e 3, cod. pen.; 21), artt.
110, 624bis, 625 n. 2, cod. pen. All’affermazione di colpevolezza seguì la
condanna dei detti imputati alla pena stimata di giustizia per ciascuno di loro,
previa concessione delle attenuanti generiche a tutti (equivalenti per
Salamone Filippo, prevalenti per La Barbera e senza necessità di
comparazione per Salmone Eleonora) ed effettuata la riduzione per il rito
abbreviato.

1.1. La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 19/7/2012, in
parziale accoglimento dell’impugnazione proposta dagli imputati, assolti
Salamone Filippo e La Barbera Castrenze per non avere commesso il fatto
dall’imputazione di cui al capo 19), ridusse la pena ai detti due imputati,
confermando nel resto.

2. Avverso quest’ultima determinazione, con unico atto, i tre
imputati ricorrono per cassazione.

3. Con il primo motivo i ricorrenti adducono l’inutilizzabilità degli
esiti delle intercettazioni telefoniche ed ambientali per mancanza di
motivazione nei rispettivi decreti autorizzativi, i quali si erano limitati ad un
mero tralaticio richiamo alle richieste.

3.1. Con il secondo motivo vengono denunziati violazione di legge e
vizio motivazionale in ordine al capo 17): le intercettazioni attraverso le quali
si era inteso dimostrare gli acquisti di stupefacente da tale Lauricella Luca
Giacomo e successiva rivendita a tali Infantino Gianluca, Lillo, Mariello ed
altri, non avevano affatto significato univoco e, in ogni caso, su di esse non
poteva fondarsi pronuncia di condanna, mancando i riscontri (specie
sequestri).

1

Salamone Eleonora, 17); 27), artt. 110, 455 e 453, cod. pen.; c) La Barbera

3.2. Con il successivo motivo i ricorrenti assumono che la
negazione delle attenuanti generiche aveva implicato violazione di legge e
grave vizio motivazionale: tenuto conto del fatto esiguo l’invocata attenuante
avrebbe dovuto essere concessa nella sua massima estensione e prevalente
sulla recidiva, contenendosi nel minimo la pena e gli aumenti per la
continuazione. La recidiva reiterata specifica infraquinquennale contestata al
Salamone andava disapplicata, stante la modesta gravità dei fatti e la

3.3. Con il quarto motivo vengono dedotti gli stessi vizi in relazione
al contestato furto all’interno del deposito di pesce (fatto del 24/4/2008): la
interpretazione delle intercettazioni non era univoca e, comunque, non si era
dato corso a riscontro di sorta.

3.4. Con i motivi dal 5 al 9 i ricorrenti deducono i medesimi vizi in
relazione: – all’omessa applicazione dell’attenuante della speciale tenuità del
danno, che avrebbe dovuto essere concessa tenuto conto del modesto valore
della merce sottratta; – al delitto di spaccio di banconote false, in ordine al
quale non era rimasta acquisita la prova del dolo; – al tentativo di rapina di
cui al capo 20), stante che le risultanze delle intercettazioni, prive di riscontri,
non potevano dirsi sufficienti a sostenere la pronunzia; – alla circostanza che
le risultanze istruttorie avrebbero dovuto, in ogni caso, condurre a sussumere
i fatti di cui al predetto capo 20) nella fattispecie del reato impossibile di cui
all’art. 49, cod. pen. e che, comunque, senza motivazione, era stata negata la
concessione delle attenuanti generiche; – infine, al reato di furto all’interno di
macelleria (capo 21) l’accusa si fondava esclusivamente sulle dichiarazioni
confessorie di Meli Calogero, ritenuto credibile, nonostante l’assenza di ogni
riscontro.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso deve essere disatteso in quanto nel suo insieme volto
ad ottenere riesame nel merito della decisione, ampiamente e coerentemente
motivata.
Ovviamente, in questa sede non è consentito sostituire la motivazione del
giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento alternativo
apparisse di una qualche plausibilità.
Sull’argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta
dalla sentenza n.15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente
chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il

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risalenza e aspecificità dei precedenti.

nuovo testo dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., come modificato dalla I.
20 febbraio 2006 n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo”,
non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di
legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In
questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di
procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via

riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il
cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione
giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal
procedere a un’inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle
prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde
verificare se il relativo contenuto sia stato o no “veicolato”, senza
travisamenti, all’interno della decisione.

4.1. Il primo motivo non supera la soglia dell’ammissibilità, avendo i
ricorrenti omesso di confrontarsi con la motivazione della Corte territoriale con
la quale è stata disattesa la medesima censura, riproposta in questa sede.
Invero alle pagg. 5 e 6, con approfondimento adeguato e ricchezza di
argomenti, la Corte d’appello ha chiarito che la motivazione dei decreti
autorizzativi di captazioni ambientali e telefoniche ben può consistere in un
consapevole richiamo per relationem alle ragioni addotte nella richiesta dal
P.M. e, ancor prima, alle risultanze investigative poste a fondamento. Atti,
questi, proprio in quanto evocati, ben conoscibili dall’interessato. La decisione,
inoltre, richiama puntualmente le statuizioni rese in sede di legittimità
correttamente interpretate in sede di merito: La motivazione “per relationem”
di un tale provvedimento giudiziale è da considerare legittima quando: 1)faccia riferimento, recettizio o di semplice rinvio, a un legittimo atto del
procedimento, la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di
giustificazione propria del provvedimento di destinazione; 2)- fornisca la
dimostrazione che il giudice ha preso cognizione del contenuto sostanziale
delle ragioni del provvedimento di riferimento e le abbia meditate e ritenute
coerenti con la sua decisione; 3)- l’atto di riferimento, quando non venga
allegato o trascritto nel provvedimento da motivare, sia conosciuto
dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al momento in cui si renda
attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica ed, eventualmente, di
gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo della valutazione o

3

esclusiva al giudice del merito. Il “novum” normativo, invece, rappresenta il

dell’impugnazione (S.U., n. 17 del 21/6/2000; ma già, in precedenza, S.U.
26/1/2003, n. 919/04).
Infine, non può sfuggire che così come sottoposta la questione non risulta
autosufficiente, non essendo stato in alcun modo specificato quali dei
provvedimenti autorizzativi sarebbero stati affetti dal vizio genericamente
denunziato e per quali ragioni la motivazione debba considerarsi
«meramente apparente>>.

diretto ad ottenere un vaglio probatorio diverso da quello motivatamente
offerto dai giudici di merito, oltre ad assumere erroneamente pretese
violazioni di legge.
Anche in questo caso i ricorrenti omettono di confrontarsi con la
motivazione della sentenza impugnata (Pagg. 6 e ss.), la quale ha
analiticamente preso in rassegna gli elementi di prova a carico e, in special
modo, il contenuto delle conversazioni captate, delle quali ha cura di fornire il
significato dissimulato, in correlazione con le altre fonti di prova, così
adempiendo ad una funzione che è di esclusiva spettanza del giudice di
merito, che non può essere censurata in sede di legittimità, non versandosi in
presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice
di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la
difformità risulti decisiva ed incontestabile (cfr., da ultimo, Cass., VI,
8/3/2012, n.11289). Né, è bene soggiungere, il ricorrente fornisce in questa
sede specifiche e plausibili chiavi di lettura alternative.
Va poi soggiunto che le risultanze dell’attività di captazione non costituiscono
narrazione la quale va riscontrata, bensì accertamento probatorio in sé idoneo
a sostenere l’accusa, ove intimamente coerente e persuasivo, cioè ove
integrante indizi gravi, precisi e concordanti (cfr., da ultimo, Cass., Sez. VI, n.
3882 del 4/11/2011; ma già, Cass. n. 22391/2003, n. 21726/2004, n.
29350/2006).

4.3. Il terzo motivo, nella parte in cui non è affetto da inammissibilità,
risulta certamente infondato.
In primo luogo non può non osservarsi che le attenuanti generiche sono state
concesse a tutti gli imputati. Le ragioni per le quali, di poi, le stesse sono
state giudicate equivalenti rispetto alla recidiva qualificata del Salamone, e,
ancor prima, del perché la recidiva in discorso non è stata esclusa, la stima
della pena e quella degli aumenti per la continuazione, costituiscono
valutazioni in fatto adeguatamente svolte dalla sentenza gravata (pag. 11) e,
comunque, contestate con argomenti vacui e generici.
4

4.2. Il secondo motivo, in larga parte generico, è infondato, in quanto

4.4. Il quarto motivo risulta inammissibile per le stesse ragioni svolte
sub § 4.1.: emblematico ed eloquente il contenuto delle captazioni riportato
dalla sentenza d’appello a pag. 10 (nel colloquio del 27/4/2008, alle ore
17,41, il Salamone parla espressamente del furto di quattro scatoli di
gamberoni, che aveva in parte consumato per la propria alimentazione: «15
giorni c’ho mangiato>>).

Su tutte le questioni sottoposte all’esame di questa Corte, piuttosto
genericamente, la Corte territoriale ha fornito motivazione in questa sede non
censurabile.
Per l’esclusione dell’invocata attenuante della speciale tenuità del danno si
veda pag. 10 in fondo; in ordine alla sussistenza del dolo a riguardo al delitto
di spaccio di banconote false si veda pag. 12; in ordine al tentativo di rapina
di cui al capo 20) la Corte territoriale ha efficacemente chiarito che sulla base
delle intercettazioni ambientali risultava provato il delitto in parola (pagg. 14
e 15), incorrendo, peraltro, i ricorrenti, nel solito errore di considerare l’esito
delle captazioni elemento di prova imperfetto, necessitante di conferme
ulteriori. Quanto alle attenuanti generiche, nuovamente invocate, già s’è
detto. Infine, il furto in macelleria (capo 21), come puntualmente ricordato
dalla Corte palermitana, è stato addebitato a La Barbera Castrenze, in
concorso con altri, in quanto la chiamata in correità operata da I coimputato
Meli ha trovato pieno riscontro nelle intercettazioni ambientali captate
all’interno dell’autovettura Fiat 500 in uso a Salamone Filippo, in data
13/4/2008 e, anche in questo, con pertinentemente richiamate dalla Corte
d’appello (pagg. 13 e 14).

5. All’epilogo consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso in Roma il 6/6/2013.

4.5. L’ultimo motivo è anch’esso privo di fondamento.

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