Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35116 del 13/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35116 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CASSANO CIRO N. IL 12/10/1969
GREGORIO VITO N. IL 04/08/1967
avverso l’ordinanza n. 6/2013 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
07/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/06/2014

•4

Fatto e diritto
Con atto depositato il 27 febbraio 2013, hanno proposto ricorso per cassazione Cassano Ciro e
Gregorio Vito avverso l’ordinanza depositata 1’11 febbraio 2013 , con la quale la Corte d’appello
di Venezia ha dichiarato inammissibile l’appello proposto contro la sentenza di primo grado, di
condanna in ordine al reato di furto commesso il 15 novembre 2007.

Deducono i ricorrenti la violazione di legge ed il vizio di motivazione.
Non erano generici i motivi di appello, posto che con essi era stata devoluta al giudice di
secondo grado la questione della inesatta identificazione del Gregorio, quale responsabile del
fatto ed inoltre era stata criticata la mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche, che avrebbero dovuto bilanciare la contestata recidiva.
Era stato anche richiesti il riconoscimento della continuazione tra la condanna inflitta in primo
grado ed altra inflitta dal Tribunale di Lodi nella stessa epoca.
Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto accogliersi i ricorsi.
I ricorsi sono inammissibili.
La Corte di appello ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui è’ inammissibile
l’appello che non indichi con chiarezza e precisione gli elementi fondanti le censure dedotte.
Nella specie , se è vero che la difesa aveva richiesto, col primo motivo di appello, la
assoluzione degli imputati per la pretesa esistenza di dubbi sulla responsabilità citando , senza
alcun dettaglio,
l’esito asseritamente incerto della perizia in punto di individuazione dei
prevenuti, ed aveva altresì chiesto, col secondo motivo, altrettanto genericamente ed
apoditticamente, di mitigare il trattamento sanzionatorio eccessivo, anche mediante la
concessione delle attenuanti generiche, è anche vero che ciò ha fatto – come esattamente
rilevato dalla Corte adita- con argomenti del tutto aspecifici e incapaci di superare la soglia di
ammissibilità prevista dall’art. 581 cpp.
I giudici dell’appello hanno infatti giustamente evocato il costante orientamento
giurisprudenziale secondo cui il requisito della specificità dei motivi di appello è rispettato
quando l’atto di impugnazione non solo individui il punto che intende devolvere alla cognizione
del giudice del gravame, ma anche lo enuclei con riferimento alla motivazione della sentenza
impugnata, e specifichi tanto i motivi di dissenso dalla decisione appellata che l’oggetto della
diversa deliberazione sollecitata presso il giudice “ad quem” (Sez. 2, Sentenza n. 48422 del
05/11/2013 Ud. (dep. 04/12/2013 ) Rv. 257506).
Diversamente, se l’appello potesse risolversi- come nel caso di specie è accaduto- nella mera
reiterazione, per iscritto, della discussione svolta oralmente dinanzi al giudice di primo grado,
non potrebbe trovare applicazione il principio della devoluzione che invece vincola la parte al
confronto con il ragionamento probatorio formulato dal giudice nella sentenza , sicchè è
imprescindibile la individuazione, nell’atto di appello, proprio dei punti e dei passaggi
argomentativi che si intendono censurare, unitamente alle ragioni di fatti e di diritto che
valgono a sostenere, nella prospettiva dell’impugnante, lo scostamento, richiesto al giudice di
secondo grado, rispetto alla decisione assunta dal primo.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna di ciascun ricorrente al
versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare
in euro 1000.

La Corte d’appello aveva osservato, nel provvedimento impugnato, che i motivi di
impugnazione, attinenti al punto della responsabilità e del trattamento sanzionatorio, erano
stati articolati con formule di stile e senza nessun aggancio alle circostanze di fatto poste a
fondamento delle doglianze.

PQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed a versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.
Così deciso in Roma il 13 giugno 2014

il Cons. est.

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