Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35089 del 21/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35089 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Gori Levriero, nata a Rionero in Vulture 1’08/02/1938

avverso la sentenza del 19/02/2013 della Corte d’Appello di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Renato Archidiacono, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale
di Latina dell’11/07/2007, veniva confermata l’affermazione di responsabilità di
Levriero Gori per il reato di cui all’art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267,
1

< 2 Data Udienza: 21/05/2014 commesso quale amministratore di fatto della Plurima Flora Latina s.r.I., dichiarata fallita in Latina il 17/01/2002, in concorso con l'amministratore di diritto Diego Gori, sottraendone le scritture contabili a scopo di profitto o di pregiudizio per i creditori. L'imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati. 1. Sulla ritenuta qualifica di amministratore di fatto, il ricorrente deduce violazione di legge nell'utilizzazione di dichiarazioni spontanee del Gori riportate nel verbale di constatazione della Guardia di Finanza, nonostante la validità dell'imputato, ai sensi dell'art. 220 disp. att. cod. proc. pen., e comunque limitata alla rappresentazione documentale di fatti contabili ed amministrativi, e le dichiarazioni di cui sopra fossero in ogni caso sottoposte al regime di inutilizzabilità di cui agli artt. 62 e 63 cod. proc. pen.. Lamenta altresì mancanza di motivazione nella generica riproposizione della vicenda processuale e nella carente indicazione di elementi specificamente dimostrativi che il Gori, mero socio della fallita, esercitasse in modo continuativo e significativo poteri gestionali, e illogicità del richiamo a tal fine alle interessate dichiarazioni rese dall'amministratore di diritto al curatore ed all'insufficiente riferimento del teste Varone a rapporti dell'imputato con fornitori ed alla delega ad operare sui conti correnti della società. Deduce infine violazione di legge nel riconoscimento della qualifica in esame pur nell'accertata presenza di un amministratore di diritto non estraneo alla gestione della società. 2. Sulla qualificazione giuridica del fatto quale bancarotta fraudolenta, il ricorrente deduce illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del fine di pregiudizio per i creditori rispetto alle dichiarazioni del teste Varone, il quale riferiva che nell'anno 2000 veniva verificata la presenza delle scritture contabili presso la sede della società, ed alla sostanziale inattività di quest'ultima negli ultimi tre anni. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. I motivi proposti sulla ritenuta qualifica di amministratore di fatto dell'imputato sono infondati. E' in primo luogo infondata l'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni spontanee dell'imputato, riportate nel verbale di constatazione della Guardia di Finanza. Detto verbale, in quanto atto amministrativo extraprocessuale, costituisce prova documentale (Sez. 3, n. 6881 del 18/11/2008 (18/02/2009), Ceragioli, Rv. 242523) con riguardo anche a dichiarazioni nello stesso riportate; probatoria dello stesso fosse esclusa dall'emergere di indizi a carico tanto escludendo la dedotta applicabilità a queste ultime della disciplina di cui agli artt. 62 e 63 cod. proc. pen., espressamente riferita a dichiarazioni rese nel corso del procedimento (Sez. 6, n. 6085 del 09/12/2003 (16/02/20049, Meda, Rv. 227599; Sez. 5, n. 32906 del 31/05/2007, Capriati, Rv. 237117; Sez. 1, n. 5636 del 22/01/2008, Nunziata, Rv. 238932; Sez. 2, n. 46607 del 19/11/2009, Sanza, Rv. 246563). Il limite di utilizzabilità di tale dichiarazioni, come di tutte le altre parti dei documenti redatti nel corso di attività ispettive o di vigilanza, è posto dall'art. 220 disp. att. cod. proc. pen. nella necessità di adottare le di indizi di reato nei confronti del dichiarante, in assenza delle quali la relativa documentazione è inutilizzabile; e sul punto il ricorrente si limita ad una generica affermazione di sussistenza di siffatti indizi già al momento in cui le dichiarazioni dell'imputato venivano raccolte, a fronte di una precisa e contraria conclusione della Corte territoriale, motivata con l'essere l'audizione del Gori avvenuta il 19/10/1999, giorno immediatamente successivo all'apertura della verifica fiscale. Tanto escludendo di per sè la fondatezza della censura di carenza motivazionale sull'indicazione di elementi rappresentativi della posizione di amministratore di fatto dell'imputato, quest'ultima era peraltro accertata nella sentenza impugnata anche in base ad ulteriori dati costituiti dalle dichiarazioni rese al curatore dall'amministratore di diritto Diego Gori, per le quali l'imputato, cugino di questi, si occupava della gestione della società; da quanto riferito dal verbalizzante Varone sui rapporti intrattenuti unicamente con l'imputato da clienti e fornitori della fallita e sulla riferibilità a Levriero Gori di documentazione extracontabile relativa ad acquisti e vendite in assenza di fatturazione; e dalla domiciliazione presso la stessa sede della Plurima Flora Latina di altre imprese, fra le quali una ditta individuale dell'imputato. Considerazioni alle quali il ricorrente oppone rilievi sul carattere interessato delle dichiarazioni di Diego Gori, superato dai riscontri individuati dai giudici di merito negli altri elementi segnalati; sulla mancanza di documentazione riferibile all'amministrazione di fatto dell'imputato, irrilevante se riferita a documentazione ufficiale, per definizione insussistente con riguardo ad una gestione di fatto, ed oggetto di una censura generica ove riferita a documentazione diversa, a fronte della precisa indicazione dei giudici di merito sull'esistenza di tale documentazione; e sulla domiciliazione presso la sede della fallita anche di società gestite da Diego Gori, anch'essa priva di decisività in quanto non incompatibile con il complesso delle altre risultanze. E' infine manifestamente infondata la censura di violazione di legge nella compresenza della ritenuta posizione di amministratore di fatto dell'imputato e dell'esistenza di un amministratore di diritto nella persona di Diego Gori. Come 3 garanzie difensive per le attività poste in essere successivamente all'emersione rammentato nella sentenza impugnata, che richiama principi costantemente affermati da questa Corte, l'amministratore di fatto è gravato di tutti i doveri incombenti sull'amministratore della società, con la connessa responsabilità per i fatti illeciti commessi nel corso della sua gestione (Sez. 5, n. 7203 dell'11/01/2008, Salamida, Rv. 239040; Sez. 5, n. 15065 del 02/03/2011, Guadagnoli, Rv. 250094; Sez. 5, n. 39593 del 20/05/2011, Assello, Rv. 250844); ed è irrilevante la presenza di un amministratore di diritto, con il quale l'amministratore di fatto può senz'altro concorrere (Sez. 5, n. 8695 del Procacci, Rv. 233758; Sez. 5, n. 11938 del 09/02/2010, Mortillaro, Rv. 246897). 2. Anche il motivo proposto sulla qualificazione giuridica del fatto quale bancarotta fraudolenta è infondato. Il rilievo del ricorrente sull'esistenza delle scritture contabili della fallita fino al giugno del 2000 è inconferente rispetto all'argomentazione della sentenza impugnata, che proprio da tale dato e dall'inesistenza della contabilità per il periodo successivo desumeva la dolosa sottrazione dei documenti. Ne è ravvisabile il dedotto contrasto della ritenuta qualificazione del fatto con l'asserita inattività della società negli ultimi tre anni; la finalità di pregiudizio per i creditori era infatti coerentemente motivata dalla Corte territoriale con la mancanza di attivo a fronte di insinuazioni al passivo per crediti superiori ad C. 200.000, della cui genesi era impossibile la ricostruzione, il che dava fondamento alla conclusione dei giudici di merito per la quale la sottrazione della contabilità era motivata dall'intento di impedire l'accertamento delle ragioni di incapienza della fallita rispetto alle pretese creditorie. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P. Q. M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 21/05/2014 Il Consigliere estensore ente 18/02/2002, Coiante, Rv. 220930; Sez. 5, n. 853 del 12/12/2005 (12/01/2006),

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