Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35088 del 21/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35088 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SIRACUSA CLAUDIO EDUARDO N. IL 03/10/1964
avverso la sentenza n. 884/2009 CORTE APPELLO di GENOVA, del
12/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO

,

Udito, per la arte civile, l’Avv
Uditi difefisor Avv.

e

Data Udienza: 21/05/2014

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. G. Mazzotta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza deliberata in data 12/03/2013, la Corte di appello di
Genova ha confermato la sentenza del 04/12/2008 con la quale il Tribunale di
Savona aveva dichiarato Claudio Eduardo Siracusa colpevole dei reati di lesioni

l’imputato alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte
civile: era infatti emerso che nel corso di una partita di calcio alla quale
l’imputato partecipava come giocatore, lo stesso, espulso dall’arbitro Pescio, lo
aggrediva con una testata sulla fronte rivolgendogli al contempo frasi minacciose
e ingiuriose. La Corte di merito, richiamate le dichiarazioni della persona offesa e
il riscontro alle lesioni offerto dal referto medico, osserva che la circostanza che
alcuni dei presenti non abbiano visto l’accaduto non sconfessa quanto riferito da
Pescio, non potendosi escludere una loro svista o una limitata presenza alle
vicende di causa. Non sussistono gli estremi della provocazione in difetto di fatti
ingiusti posti in essere dalla persona offesa, mentre la pena irrogata è equa e
proporzionata alla gravità dei fatti e alla personalità dell’imputato come
desumibile anche dai motivi a delinquere, sicché non può essere riconosciuta la
prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle contestate aggravanti.

2. Avverso l’indicata sentenza ha proposto personalmente ricorso per
cassazione Claudio Eduardo Siracusa, articolando tre motivi di seguito enunciati
nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione della legge penale, vizio di motivazione ed erronea
valutazione della prova circa la responsabilità dell’imputato. La pronuncia è
basata pressoché unicamente sulle dichiarazioni della persona offesa, mentre i
giudici di merito hanno omesso di considerare che dal confronto con le
deposizioni di sei testimoni escussi in primo grado emergeva la contraddittorietà
tra le prime e le seconde: in particolare i testi Fera (allenatore della squadra),
Albini e Delfino (compagni di squadra dell’imputato) hanno riferito che l’imputato
aveva tentato di colpire l’arbitro senza riuscirvi e che il viso di quest’ultimo non
risultava tumefatto o sanguinante.
2.2. Mancanza della condizione di procedibilità per i reati di cui agli artt. 594
e 612 cod. pen. La querela proposta dalla persona offesa fa riferimento solo alle
lesioni personali, sicché gli altri reati non erano perseguibili per carenza di
condizione di procedibilità.

2

aggravate, minacce e ingiuria in danno di Roberto Pescio, condannando

2.3. Violazione e falsa applicazione della legge circa la determinazione
dell’entità della pena. Tutti i testi della difesa hanno dato atto di un
comportamento arrogante e provocatorio con il quale Pescio, nella veste di
arbitro, si è rapportato all’imputato, arrivando non solo ad espellerlo, ma a
sbeffeggiarlo sventolandogli sul volto il cartellino rosso per alcune volte per
istigarlo alla violenza. Doveva pertanto essere riconosciuta l’esimente di cui
all’art. 599, secondo comma, cod. pen. e la prevalenza della circostanze

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile perché generico. Lungi dall’offrire un quadro
esaustivo delle testimonianze sulle quali fa leva la critica alla decisione
impugnata, il ricorso si limita a segnalarle, in modo del tutto frammentario, così
rimettendo, in buona sostanza, al giudice di legittimità una inammissibile
rivalutazione generale e complessiva del materiale probatorio esaminato dai
giudici di merito: il ricorso si è quindi sottratto all’onere di completa e specifica
individuazione degli atti processuali che intende far valere, non essendo
sufficiente, per l’apprezzamento del vizio dedotto, la citazione di alcuni brani dei
medesimi atti (Sez. 6, n. 9923 del 05/12/2011 – dep. 14/03/2012, S., Rv.
252349), né la valenza complessiva ad essi attribuita dal ricorrente. Nel caso di
specie, dunque, deve ribadirsi che è inammissibile il ricorso per cassazione che,
offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti
quest’ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi,
anziché al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e
sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita (Sez. 5, n.
44992 del 09/10/2012 – dep. 16/11/2012, P.M. in proc. Aprovitola, Rv. 253774).
Il secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto, dopo aver
descritto compiutamente le condotte ascritte all’imputato (comprese le
espressioni ricondotte alle imputazioni di ingiuria e minaccia), la querela fa
riferimento non solo al reato ex artt. 582 e 583 cod. pen., ma anche ai “reati
meglio visti e ritenuti dall’autorità procedente”.
Il terzo motivo – incentrato sulle dichiarazioni dei testi della difesa – è
inficiato dalla medesima ragione di inammissibilità individuata a proposito del
primo motivo.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma,
che si stima equa, di euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

3

attenuanti generiche sulle aggravanti contestate.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 21/05/2014

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