Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35087 del 21/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35087 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Panebianco Francesca, nata a Palagonia il 09/01/1959

avverso la sentenza del 23/11/2012 del Tribunale di Caltagirone, Sezione
distaccata di Grammichele

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata sulla scriminante di cui all’art. 599, comma secondo, cod. proc. pen.;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Giudice di
pace di Mineo del 18/11/2010, con la quale Francesca Panebianco era ritenuta
responsabile del reato di cui all’art. 594 cod. pen., commesso in Palagonia il
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Data Udienza: 21/05/2014

30/08/2006 in danno di Francesca Ragusa, e condannata alla pena di C. 200 di
multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
L’imputata ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sulla sussistenza del fatto contestato, la ricorrente deduce illogicità della
motivazione nella mancanza di un’adeguata verifica dell’attendibilità delle
dichiarazioni della persona offesa, con riguardo a fatti maturatisi all’interno di un
degradato contesto familiare, e contraddittorietà del riferimento a riscontri
provenienti dalle dichiarazioni delle testi Sipala e Fagone e dell’imputata laddove

unicamente i luoghi in cui si erano svolti i fatti e le persone agli stessi presenti, e
che la Fagone e l’imputata escludevano il verificarsi della condotta ingiuriosa.
2. Sulla ravvisabilità della scriminante della provocazione, la ricorrente
deduce mancanza di motivazione in ordine al motivo di appello specificamente
proposto sul punto, nel quale il fatto ingiusto della persona offesa era individuato
nell’aggressione verbale e nel tentativo di aggressione fisica in danno della
stessa e nelle sopraffazioni subita dalla famiglia Sipala, della quale la Panebianco
faceva parte, ad opera dei Ragusa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi proposti sulla sussistenza del fatto contestato sono infondati.
Posto che l’affermazione di responsabilità può legittimamente essere fondata
sulle sole dichiarazioni della persona offesa, in quanto sottoposte ad una
motivata e rigorosa verifica della credibilità soggettiva del dichiarante e
dell’attendibilità intrinseca del suo racconto (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012,
Bell’Arte, Rv. 253214), e che dette dichiarazioni non necessitano pertanto di
riscontri estrinseci, a meno che dalla menzionata verifica non emergano dubbi o
aspetti critici sulla loro autonoma attendibilità (Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003,
Assenza, Rv. 225232; Sez. 6, n. 33162 del 03/06/2004, Patella, Rv. 229755;
Sez. 1, n. 29372 del 24/06/2010, Stefanini, Rv. 248016), la sentenza impugnata
dava atto del compimento di tale verifica e dell’esito positivo della stessa, ove vi
si osservava che il racconto della Ragusa era coerente e descrittivo dei fatti con
chiarezza e precisione, e che la persona offesa non era apparsa animata da
rancore; conclusioni, queste, alle quali la ricorrente oppone solo una diversa
valutazione di merito sulle risultanze processuali, fondata sul contesto familiare
nel quale si collocava la vicenda, che non evidenzia il dedotto vizio di illogicità.
Il Tribunale faceva tuttavia riferimento anche a riscontri individuati nelle
dichiarazioni delle testi Sipale e Fagone e della stessa imputata. Il rilievo critico
della ricorrente per il quale tali elementi riguarderebbero unicamente la
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nella stessa sentenza impugnata si dava atto che le testimoni confermavano

conferma del luogo di svolgimento dei fatti e delle persone presenti agli stessi,
circostanze alle quali veniva peraltro attribuita non illogicamente efficacia di
riscontro alle dichiarazioni della persona offesa, si attaglia in realtà unicamente a
quanto esposto nella sentenza impugnata in ordine alle dichiarazioni
dell’imputata e della Fagone; l’ulteriore richiamo alle dichiarazioni della Sipala
deve essere infatti integrato con quanto riportato nella sentenza di primo grado
sul contenuto delle stesse, da cui risulta la diretta conferma della teste in merito
alla condotta ingiuriosa, descritta nell’aver l’imputata rivolto alla Ragusa le

motivazione è pertanto insussistente.

2. Il motivo proposto sulla ravvisabilità della scriminante della provocazione
è inammissibile.
Il dedotto vizio di carenza motivazionale sul punto si fonda invero su un
generico richiamo ad un’aggressione verbale e ad una tentata aggressione fisica
poste in essere dalla persona offesa ed a sopraffazioni che la famiglia
dell’imputata avrebbe subito da quella della Ragusa; circostanze delle quali, a
fronte dell’accertamento della condotta ingiuriosa contestata, non vengono
meglio specificate lq consistenza ed il rapporto con la condotta stessa.
Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 21/05/2014

IDEPOINTATA IN CANCELLERIA

parole «buttana» e «lurda». Anche il lamentato vizio di contraddittorietà della

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