Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35077 del 18/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35077 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
Naselli Antonello, nato a Nicosia il 14/02/1972
avverso la sentenza emessa il 09/04/2013 dalla Corte di appello di Caltanissetta
visti gli atti, la sentenza

ugnata ed il ricorso;

udita la relazionøTia dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Enrico Delehaye, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso

RITENUTO IN FATTO
Il difensore di Antonello Naselli ricorre avverso la pronuncia indicata in
epigrafe, recante la conferma della sentenza emessa nei confronti del suo
assistito dal Tribunale di Nicosia, in data 23/11/2010. L’imputato risulta essere
stato condannato a pena ritenuta di giustizia per furto di energia elettrica, in
ipotesi realizzato attraverso l’allacciamento ad un cavo installato presso un
complesso di abitazioni destinate a case popolari, intestate al comune di Nicosia.

Data Udienza: 18/04/2014

Con l’odierno ricorso, la difesa lamenta inosservanza ed erronea applicazione
dell’art. 624 cod. pen., atteso che – secondo la ricostruzione della vicenda
operata dai giudici di merito – il cavo utilizzato dal Naselli era in realtà allacciato
ad un quadro utilizzato da una ditta che aveva in corso lavori di ristrutturazione
presso l’immobile di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari, ed era detto
quadro a risultare a sua volta collegato ad un contatore del comune:

ergo,

dovrebbe intendersi del tutto indimostrata la consapevolezza da parte
dell’imputato che quel quadro fosse abusivamente allacciato ad un’utenza

Nell’interesse del ricorrente si deduce quindi contraddittorietà e carenza
della motivazione della sentenza impugnata, sotto vari profili. I giudici di
appello non avrebbero tenuto conto di una pluralità di elementi favorevoli al
ricorrente, aventi carattere di decisività; in particolare, non sarebbe stato
riconosciuto rilievo decisivo alla circostanza – accertata su base testimoniale che il Naselli aveva chiesto ed ottenuto dal responsabile del cantiere la
preventiva autorizzazione all’allaccio. Al contrario, la Corte avrebbe
apoditticamente affermato che l’imputato “non poteva non sapere” che l’allaccio
già realizzato dalla ditta fosse abusivo, senza considerare che, ove egli ne fosse
stato davvero consapevole, non avrebbe avuto alcuna necessità di chiedere
autorizzazioni di sorta a chicchessia. Infine, viene rappresentato che la
captazione di energia mediante l’impiego di cavi esterni non può comportare la
ravvisabilità dell’aggravante prevista dall’art. 625, n. 2, cod. pen., atteso che
nella fattispecie concreta non risulta fosse stato predisposto alcun accorgimento
volto ad occultare l’allaccio: ne deriverebbe la derubricazione dell’addebito in
furto semplice, con conseguente declaratoria di non procedibilità per mancanza
di querela.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non può trovare accoglimento.
Quanto alla presunta buona fede del Naselli, già nella sentenza di primo
grado viene chiarito che, sul piano logico, la tesi che l’imputato non fosse
consapevole dell’abusività dell’allaccio già realizzato dall’impresa edile doveva
intendersi inverosimile: infatti, secondo i testimoni che avevano riferito della
richiesta del Naselli al titolare della ditta in questione, per allacciarsi al quadro ivi
allestito, il prevenuto aveva giustificato quell’iniziativa adducendo di avere subito
la riduzione della fornitura di energia elettrica per motivi economici; a quel
punto, è evidente che egli avesse chiesto la “cortesia” di allacciarsi a sua volta
alla rete del comune confidando di non dover pagare alcunché, altrimenti non si

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intestata all’amministrazione.

spiegherebbe quale vantaggio egli avrebbe inteso perseguire rivolgendosi
all’impresa (cui, in caso di allaccio lecito, avrebbe dovuto certamente rimborsare
i costi derivanti dall’utilizzo dell’energia) piuttosto che all’ente preposto alla
somministrazione. Nel contempo, egli non poteva certo allacciarsi a sua volta al
quadro allestito dall’impresa edile senza che il personale della medesima se ne
rendesse conto, ed è per tale ragione che chiese al titolare il permesso di farlo.
In ordine all’aggravante contestata, deve ricordarsi che secondo la
giurisprudenza di questa Corte «costituisce mezzo fraudolento e, pertanto,

l’allacciamento abusivo alla rete esterna dell’Enel mediante due “cavi volanti” per
la sottrazione dell’energia elettrica» (Cass., Sez. IV, n. 47834 del 20/10/2011,
Favasuli, Rv 252458); la circostanza in parola risulta peraltro evocata anche
sotto il diverso profilo della necessaria sussistenza di una pur minima violenza
sulle cose «quando la sottrazione dell’energia avviene mediante l’allacciamento
diretto alla rete di distribuzione, in quanto tale attività comporta il necessario
danneggiamento, seppure marginale, per distacco dei fili conduttori» (Cass.,
Sez. IV, n. 23660 del 23/11/2012, Camerino, Rv 256190).
2. Il rigetto del ricorso comporta la condanna dell’imputato al pagamento
delle spese del presente giudizio di legittimità.

P. Q. M.
Rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 18/04/2014.

integra l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 2 cod. pen.,

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